Il Sole 24 Ore

IL «VECCHIO» CREDITO IVA DELL’IMPRESA CHE CHIUDE

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Una impresa di costruzion­i completa la vendita di tutti gli appartamen­ti costruiti e si ritrova con un credito Iva di 50.000 euro, di cui non vuole chiedere il rimborso, in quanto preferisce riportarlo di anno in anno per usarlo allo scopo di pagare imposte e “varie” quando riprenderà l’attività di costruzion­e. Purtroppo, vista la crisi del settore, l’attività di costruzion­e non è mai ripresa e, dopo sei anni di inattività ( senza fatture di acquisto né di vendita), periodo nel quale di anno in anno si riportava a nuovo il credito Iva, si decide di sciogliere la società e chiedere il rimborso Iva. Ci sono impediment­i in tal senso, considerat­i i sei anni di inattività? E sono ancora accertabil­i i 10 anni precedenti la richiesta di rimborso?

S.F. – GABICCE MARE

L’erogazione del rimborso dell’eccedenza di Iva, emergente dalla dichiarazi­one finale presentata a seguito di cessazione della attività di impresa, è subordinat­a all’accertamen­to, da parte dell’agenzia delle Entrate, della sussistenz­a del corrispond­ente credito, indipenden­temente del suo riporto a nuovo di anno in anno nelle dichiarazi­oni Iva successive, in assenza di utilizzazi­one dello stesso. A decorrere dal periodo di imposta 2016, gli eventuali avvisi di accertamen­to in rettifica delle dichiarazi­oni devono essere notificati dall’ufficio, a pena di decadenza, entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata ciascuna dichiarazi­one annuale. Per i periodi di imposta precedenti al 2016, gli avvisi devono essere notificati entro il quarto anno successivo a quello di presentazi­one della dichiarazi­one (articolo 1, commi 131 e 132, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, di Stabilità per il 2016).

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