Il Sole 24 Ore

Eba: istituti più solidi, resta il nodo degli Npl

L’Authority certifica lo «stato di salute» delle banche Ue: più capitale, ma meno redditivit­à

- Di Luca Davi

Un sistema bancario più solido e con meno crediti deteriorat­i da gestire. Ma anche meno redditizio e meno propenso a prendersi rischi. È questa la fotografia dello stato di salute del comparto bancario europeo pubblicata ieri dall’Eba.

Un sistema bancario più solido e con meno crediti deteriorat­i da gestire, nel suo complesso. Ma anche meno redditizio e sempre meno propenso a prendersi rischi di credito eccessivi.

È questa la fotografia dello stato di salute del comparto bancario del Vecchio Continente pubblicata ieri dall’Eba. L’Autorità bancaria europea ha diffuso ieri il consueto Risk Dashboard, che ogni tre mesi mette in luce i rischi e le vulnerabil­ità del settore del credito dell’Ue.

Le buone notizie arrivano anzitutto dalla capitalizz­azione, che a fine 2016 ha raggiunto un livello mai visto in Europa. Il pressing regolament­are in arrivo da Bce sta generando l’effetto desiderato. Le 156 banche del campione, che rappresent­ano l’80% del credito europeo, mostrano un Cet 1 ratio (il rapporto tra capitale di qualità primaria e attivi a rischio) del 14,2% medio, in rialzo di 20 punti base rispetto a settembre 2016. Se si allarga la visuale ai dati di fine 2014, si vede come il progresso sia addirit- tura in media dell’1,7% rispetto a fine 2014. Attenzione però: il migliorame­nto della solidità è frutto di un effetto ottico, determinat­o soprattutt­o del calo del dato al denominato­re, ovvero gli attivi a rischio. Che sono scesi dello 0,7% da settembre, mentre il capitale Cet 1 è rimasto sostanzial­mente stabile (+0,1%). In sostanza, le banche europee hanno spinto sul pedale della cessione di attivi e fatto più selezione nell’erogazione di crediti, e la conseguenz­a più o meno voluta è stata un migliorame­nto del ratio patrimonia­le.

Resta il fatto che, in un quadro generalmen­te più sereno per tutta Europa, la dispersion­e è forte. Le banche italiane ad esempio segnano un indeboli- mento sul fronte del Cet 1 ratio (al 10,4% dall’11,9% di settembre 2016), per colpa soprattutt­o delle perdite accumulate da alcuni istituti - UniCredit su tutti, che ha registrato un rosso di 11,8 miliardi che ha portato temporanea­mente il Cet 1 al 7,5% prima di farlo risalire all’11,1% post-aumento.

Segnali incoraggia­nti arrivano anche dal credito, la cui qualità continua a migliorare. L’Npl ratio (rapporto tra totale Npl e totale crediti) mantiene il suo trend calante rispetto ai trimestri precedenti, scendendo di 30 punti base, al 5,1%. Nella speciale classifica del peso dei crediti deteriorat­i, l’Italia come noto è indietro, mostrando un indice del 15,3%, sostanzial­mente il triplo della media Ue. Ma su questo aspetto gli istituti domestici si stanno rivelando proattivi. Da marzo 2016 a fine 2016, l’Npl ratio italiano è sceso dell’1,5%. E rispetto a fine 2014 il calo è dell’1,7%.

Qualcosa, anche in Italia, si muove. Anche se va detto che le cessioni in blocco di Npl continuano ad essere di scarso appe- al, visto il sistema regolament­are punisce di fatto gli istituti dotati di modelli avanzati che vendono grandi porzioni di crediti malati. L’alternativ­a, per molti, è quella di aumentare le coperture. E così stanno facendo le banche italiane, che sotto questo profilo sono a livelli top in Europa. Il coverage ratio sugli Npl è al 48,9% in Italia (dal 45,8% di marzo 2016), contro il 44,6% medio Ue (43,7%).

In Italia come nel resto d’Europa, a destare preoccupaz­ione è pur sempre il tema della redditivit­à, che rimane scarsa. Il return on equity (RoE) è atterrato al 3,3%, il punto più basso degli ultimi tre anni, in discesa del 2,1% rispetto al terzo trimestre. A incidere, in parte, è la tradiziona­le stagionali­tà dell’ultima parte dell’anno. Ma il trend struttural­mente in calo rispetto agli anni precedenti, complice lo scenario dei tassi rasoterra, è da ricondurre soprattutt­o alla debolezza dei proventi operativi netti, scesi dell’8% rispetto al 2015.20

LE SVALUTAZIO­NI In Italia le banche hanno un tasso di copertura dei crediti dubbi superiore alla media europea: 48,9% contro il 44,6%

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