Per le case libertà di revoca a concessionari e officine
lano ha riaperto il mai sopito dibattito sulla legittimità dell’esercizio, da parte delle case, del recesso dal contratto di concessione. I giudici hanno integralmente respinto le censure con cui il concessionario eccepiva la violazione, da parte della casa, degli obblighi di correttezza e buona fede, secondo taluni interpreti attenuando l’impatto della celebre sentenza Renault (Cassazione, n. 20106 del 18 settembre 2009), che aveva ribadito la necessità che il diritto di recesso andasse esercitato con modalità tali da tutelare gli interessi della parte debole.
In realtà, nessun cambio di rotta. Il Tribunale ribadisce che la buona fede non è un passpartout che consenta sempre e comunque al concessionario di prolungare in eterno il rapporto o sterilizzare gli effetti del recesso della casa (come del resto chiarito dalla stessa Cassazione, con la sentenza “Volkswagen”, la n. 20688/2016).
Anche in questa circostanza non vi sono automatismi. Il diritto antitrust non sancisce alcun diritto del concessionario alla permanenza nella rete contro la volontà della casa solo perché il recesso incide in negativo sulla posizione del dealer.
Ma la buona fede può operare a correttivo se il concessionario dimostra che il recesso della casa, per le modalità di svolgimento del rapporto, è contrario a canoni di correttezza ed equilibrio. Per esempio quando la decisione di terminare il rapporto, pur con congruo preavviso, segua richieste al concessionario di significativi investimenti, magari di lungo periodo, non ancora ammortizzati.