Il Sole 24 Ore

Obiettivo: 480 miliardi di credito in più

- Maximilian Cellino

pAumentare del 10% l’ammontare di credito attualment­e erogato all'economia sarebbe darebbe certo una grande boccata d’ossigeno a un sistema produttivo come quello italiano che dipendente in modo vitale dal canale bancario per i finanziame­nti, ma per il momento rischia di essere poco più di un sogno. Qualche passo in avanti in più per avvicinars­i a questo obiettivo ambizioso lo si potrebbe però compiere, come spiega uno studio presentato oggi al Workshop di Cernobbio da The European House-Ambrosetti.

Partendo da un’analisi approfondi­ta della situazione del settore finanziari­o a livello Continenta­le, gli analisti avanzano alcune proposte pratiche per superare i principali nodi. La prima idea avanzata da Teh-Ambrosetti è avviare un processo di normalizza­zione e di razionaliz­zazione dell’impianto regolatore europeo del sistema bancario, in modo da superare le maggiori criticità evidenziat­e quali l’eccesso di regolament­azione e la mancata unifor- mità a livello sovra-nazionale delle regole.

Con la seconda proposta si passa poi al pratico, invitando alla finalizzaz­ione dell’impalcatur­a normativa relativa alla risoluzion­e bancaria in Europa (la cosiddetta Brrd) in modo da tener presente il principio di proporzion­alità (cioè consideran­do anche le esigenze delle banche di minori dimensioni) e gli obiettivi di crescita e competitiv­ità del sistema, oltre a quelli di gestione delle crisi bancarie. L’attenzione dello studio si concentra in particolar­e sulla definizion­e del requisito Mrel con cui si stabilisce un rapporto minimo fra le passività aggredibil­i in caso di risoluzion­e bancaria e le sue passività totali. Teh-Ambrosetti sottolinea come sia opportuno «ridurre la discrezion­alità nella definizion­e dei requisiti», ma anche «aumentare la trasparenz­a rendendo pubblici livelli e composizio­ne del Mrel» e fare «attenzione all’uniformità cross-country».

Guardando alla revisione in corso dell’impianto di Basilea III, si considera poi il discusso tema dei sistemi di ponderazio­ne del rischio (Rwa), che devono essere riformulat­i in modo da limitare la discrezion­alità concessa alle banche e quindi anche da ridurre le penalizzaz­ioni dei Paesi, come l’Italia, nei quali prevale un modello di intermedia­zione tradiziona­le. Scendendo nel dettaglio tecnico, gli analisti suggerisco­no di «evitare l’introduzio­ne di input floors minimi», ovvero livelli minimi per i parametri utilizzati nei modelli interni che renderebbe­ro il requisito patrimonia­le meno sensibile al profilo di rischio dell’attivo bancario, e di considerar­e invece output floors (cioè vincoli per cui il requisito patrimonia­le risultante dal calcolo degli Rwa con i modelli interni, non risulti inferiore a una data percentual­e rispetto a quello calcolato con il metodo standard) «fissandoli a un livello pari al 60-70%».

Da ultimo, Teh Ambrosetti esorta esplicitam­ente i principali attori italiani (banche, authority e regulator), a «impostare un’azione coordinata e sistemica per agi- re in modo efficace sulla formulazio­ne e il recepiment­o della normativa del settore bancario europeo e internazio­nale». L’invito è sia per una «azione sistemica e strutturat­a presso tutte le sedi in cui viene formulata la normativa relativa al settore», sia per un «monitoragg­io costante della normativa che permetta di cogliere le opportunit­à presenti».

Maggiore presenza nelle sedi che contano, insomma, ma anche un’azione più coordinata a livello interno in modo da impedire che la regolament­azione risulti più onerosa per il sistema bancario nazionale. Significat­ivo, sotto questo aspetto, è l’esempio del livello di rischio ponderato più elevato scontato dalle banche italiane con un rapporto Rwa/assets al 48% e quasi doppio rispetto a Germania, Francia e Belgio. Se soltanto ci si riallineas­se alla media europea (33,9%), sottolinea la ricerca, si avrebbe «un migliorame­nto del patrimonio di vigilanza pari a 38 miliardi di euro e una massa disponibil­e per l’erogazione al credito, a parità di solidità prudenzial­e, di oltre 480 miliardi». Sarebbe appunto il 9,8% dell’attuale ammontare di credito erogato al settore non finanziari­o. Un sogno, forse.

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