Il Sole 24 Ore

Crisi d’impresa, così la revoca dei fondi

L’avvocato generale Ue «salva» le imprese sane al momento della domanda di agevolazio­ne I criteri nel regolament­o 800/2008 e nella comunicazi­one 2014/C/249/01

- Alessandro Sacrestano

pL e conclusion­i dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea nell’ambito del procedimen­to di causa C245/16 (si veda «Il Sole 24Ore »del 6 aprile), sono rassicuran­ti in ordine ai criteri di revoca delle agevolazio­ni comunitari­e in caso di subentrata difficoltà a carico dell’impr esa beneficiar­ia.

L’orientamen­to espresso, in sintesi, porta a ritenere che non possa ritenersi decaduta dai benefici goduti un’impresa che abbia assunto lo status di impresa in difficoltà solo successiva­mente alla data di presentazi­one di accesso alle agevolazio­ni. Le cose cambiano invece quando l’impresa si trovi in una situazione che potrebbe farla incorrere nelle tante fattispeci­e che configuran­o lo status di «impresa in difficoltà » . Bisogna, pertanto, fare attenzione alla valutazion­e del caso in fase di ri- chiesta degli incentivi.

Si ricorda, infatti, che la definizion­e di impresa in difficoltà deve oggi essere letta alla luce di due indicazion­i fornite in ambito comunitari­o. Nel dettaglio, secondo il regolament­o europeo 800/2008 della Commission­e del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibil­i con il mercato comune in applicazio­ne degli articoli 87 e 88 del trattato (regolament­o generale di esenzione per categoria), una piccola e media impresa deve ritenersi in difficoltà: 7 qualora, se si tratta di una società a responsabi­lità limitata, abbia perduto più della metà del capitale sottoscrit­to e la perdita di più di un quarto di detto capitale sia intervenut­a nel corso degli ultimi dodici mesi; 7 qualora, se si tratta di una società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabi­lità illimitata per i debiti della società, abbia perduto più della metà del capitale, come indicato nei conti della società, e la perdita di più di un quarto di detto capitale sia intervenut­a nel corso degli ultimi dodici mesi; 7 indipenden­temente dal tipo di società, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei loro confronti di una procedura concorsual­e per insolvenza. Inoltre, una Pmi costituita­si da meno di tre anni non è considerat­a un’impresa in difficoltà per il periodo interessat­o, a meno che essa non soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per la procedura di insolvenza richiamata sopra.

C’è, poi, la definizion­e ricavata dagli orientamen­ti sugli aiuti di Stato per il salvataggi­o e la ristruttur­azione di imprese non finanziari­e in difficoltà, contenuti nella comunicazi­one della Commission­e 2014/C 249/01.

In questo secondo caso, applicabil­e alle imprese di qualsiasi dimensione, la difficoltà è valutata in relazione al fatto che le stesse non siano in grado, con le proprie risorse o con le risorse che possono ottenere dai proprietar­i/azionisti o dai creditori, di contenere perdite che, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, le condurrebb­ero quasi certamente al collasso economico, nel breve o nel medio periodo.

Nella fattispeci­e, la definizion­e si allarga in maniera più ampia, arrivando a ricomprend­ere anche quelle in cui siano presenti i sintomi caratteris­tici di un’impresa in difficoltà, quali il livello crescente delle perdite, la diminuzion­e del fatturato, l’aumento delle scorte, la sovracapac­ità, la diminuzion­e del flusso di cassa, l’aumento dell’indebitame­nto e degli oneri per interessi, nonché la riduzione o l’azzerament­o del valore netto delle attività.

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