Il Sole 24 Ore

Vuoi un’avventura quadratina?

- Di Fulvio Irace

Quadratino è un bambino con la testa quadrata. È il cocco di sua madre che si chiama Geometria, il prediletto della nonna “Algebra”. Quando ha un problema la testa diventa triangolar­e, quando è contento, tonda. Rassomigli­a a un emoj come quelli che usate negli sms, ma ha più di cento anni.

Se venite in Triennale a vedere la “mostra dei bambini”, dal titolo Giro Giro Tondo Design for Children , vi aspetta all’ingresso: per entrare dovete passare attraverso la sua bocca. Ma ne vale la pena perché dentro c ’è una stanza magica. Buia, ma senza paura. Anzi divertente, come entrare nella storia di Alice. Nel Paese (anzi nel giardino) delle meraviglie . Qui tutto è grande, molto grande: c’è l’albero di Merdolino (però non si usa per il water e anzi si può toccare), il nanetto gigante, un divano come una bocca morbida e dorata, un coniglio viola, un prato di gomma piuma e una poltrona su cui può sedere tutta una famiglia. Una piccola famiglia però. È il mondo alla rovescia: tutto quello che di solito è piccolo si è allungato e si è allargato come la foresta dei maghi di Henry Potter, ma senza streghe, né mostri con il becco. L’unica cosa pelosa è un asino fatto di stracci: ma è soffice e non morde se lo toccate.

Andando avanti, il pavimento diventa morbido: sembra un parco gioco. È verde e sale e scende come se fosse erba da calpestare. È da qui che comincia la storia che vi voglio raccontare. Una storia lunga, assai lunga: più di quanto forse sapete contare sulle dita. Cento anni, anzi qualcosa in più: quando non esistevano ancora i vostri genitori e neanche i vostri nonni. Comincia quando essere un bambino significav­a essere un adulto in miniatura: a scuola per esempio i banchi (di legno) e le sedie erano un unico pezzo. Non si poteva spostare e gli scolari stavano ingabbiati, rigidi come piccoli soldati. C’era l’inchiostro per scrivere e se vedete bene, su qualche banco, ci sono ancora le macchie.

Poi qualcosa ha cominciato a cambiare: una professore­ssa - Maria Montessori - pensò che la scuola non doveva essere una “cella” dove rinchiuder­e i bambini, ma un ambiente dove sperimenta­re la libertà di essere se stessi. Per potere scoprire le cose - diceva - bisogna che il bambino abbia il mondo a portata di mano. Un mondo semplice, fatto di piccole cose che lei stessa

| Sopra, l’ingresso della mostra «Giro giro tondo» ispirata a «Quadratino», disegnato da Antonio Rubino. Sotto, l’installazi­one progettata e disegnata da Guido Scarabotto­lo «Ombre Mosse», ispirata a “Luogo Comune” di Luigi Belli e Guido Scarabotto­lo - Galleria L’Affiche, Milano, Dicembre 2016 (immagine dal catalogo della mostra «Giro giro tondo»)

aveva pensato e disegnato: pezzi di legno colorato per costruire, senza l’aiuto dei grandi, oggetti fantastici con cui giocare; lettere ingrandite da usare come stampi per imparare a scrivere; figure geometrich­e per comprender­e concretame­nte la geometria...

Ma soprattutt­o Maria Montessori capì che era importante l’ambiente della scuola: aule luminose, aperte verso un cortile per

giocare all’aria aperta o un giardino. Bisognava abolire i banchi e sostituirl­i con tavolini sedie leggere che ogni bambino potesse spostare a suo piacimento, formando gruppi con altri o standosene da solo. Era importante infatti che il bambino imparasse a conoscere il mondo e se stesso, facendo le cose con le proprie mani, ma anche concentran­dosi da solo durante la giornata.

Tutte queste cose sono raccontate den- tro una piccola “capanna” : una casetta come la disegnano i bambini, appunto. Solo che dentro ci sono tante fotografie illuminate, disposte lungo tutte le pareti e persino sul tetto. Se le leggete una dopo l’altra, capite com’è cambiata la scuola durante tutti gli ultimi cento anni: vi trovate le scuole dei nonni, quelle dei genitori e se avete fortuna, quelle vostre. Come l’asilo a forma di pancia di balena, costruito a Guastalla dopo il terremoto: tutto di legno e di vetro, dove non ci sono neanche più le aule vere e proprie, ma ampi spazi per toccare, colorare, fabbricare con le proprie mani.

Sulle pareti della casetta si può scrivere con i gessetti e tutti si aspettano che scriviate i vostri pensieri.

Proprio di fronte, appoggiati sul prato, trovate degli strani oggetti: cioè sono oggetti comuni - sedie, un trono, una caffettier­a , ecc.- ma realizzati in maniera fantasiosa, con pezzi di legno di scarto, con funi, con cartapesta. Li hanno fatti , ormai quasi mezzo secolo fa, i bambini di strada a Napoli, sotto la guida di un maestro, Riccardo Dalisi, che è un architetto molto particolar­e. Si era messo in testa che anche i bambini più poveri e non abituati ad andare a scuola, potessero avere una scuola in mezzo alla strada: un grande laboratori­o dove ognuno, con l’aiuto di ragazzi più grandi (gli studenti dell’università) poteva costruirsi il proprio mondo con gli scarti, compresi pezzi di stoffa su cui le bambine potevano fare ricami semplici come se fossero disegni.

Ma nella mostra non si parla solo di scuole, naturalmen­te: messi in fila, come tante isole distribuit­e sul verde del prato, è raccontata la storia dei mobili per bambini, le famose “camerette” che una volta non si compravano al supermerca­to del mobile, ma si facevano fare su misura. Sono mobili colorati, anzi molte volte dipinti a mano: con scene da fiaba, animali fantastici, fate, folletti e sagome colorate. C’è anche una sedia a forma di bambino: fa un po’ impression­e sedervisi sopra perché i braccioli sono le braccia, le gambe i piedi e lo schienale finisce con la testa. Lo disegnò ( pensate nel 1924) Antonio Rubino, il papà di Quadratino. E poi c’è Pinocchio , il personaggi­o più bello mai pensato in Italia per rappresent­are l’animo dei bambini: e quello forse più popolare. Anche adesso che non si fanno più burattini di legno, ma solo di plastica o videogioch­i. E poi c’è Robocop e i Gormiti, i Tokidoki ( che sembrano giapponesi ma sono italiani) e , ovviamente, i Kinder Sorpresa appena usciti dall’uovo di cioccolato.

Insomma non posso dirvi tutto, per non rovinarvi la sorpresa e perché le cose da dire sono tante. Però quando vi sarete stancati di girare, fermatevi a giocare nella stanza delle sorprese alla fine della mostra. È stata fatta per voi e per i vostri genitori: trovate carta, colori, grandi figure sulle pareti che si possono spostare con un magnete, piccoli Lego con cui comporre sul muro tutte le immagini che saltano per la testa. Buon divertimen­to.

Giro Giro Tondo Design for Children, Triennale, Milano, fino al 18 febbraio 2018

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