Trittico comico, mistico e pop
Con «The Concert», «Annunciation» e « Cacti » il Teatro dell’Opera di Roma rilancia il balletto in versione triple-bill
Si sta smontando poco a poco l’idea che i trittici di balletto siano meno appetibili delle serate a titolo unico, magari di tradizione. L’ultimo triplebill romano - con The Concert, Annonciation e Cacti - è stato una scommessa vinta dal Teatro dell’Opera, ma bisogna insistere. Certi grandi coreografi sono ormai sconosciuti: perciò riportare da noi Jerome Robbins ( noto, purtroppo, solo per West Side Story) è un bel fiore all'occhiello per la direttrice Eleonora Abbagnato, già pronta a sognare/annunciare i suoi Glass Pieces per la stagione futura e con la sua determinazione le auguriamo di riuscirci.
Insolitamente comico, The Concert mette in scena una sussiegosa pianista che impiega cent’anni a raggiungere il suo strumento in scena; osa spolverarlo con un fazzoletto, sollevando povere, e infine si affida al suo Dio con una preghiera plateale prima di muovere i tasti su Chopin…Per il pubblico del 1956 - l’anno del debutto a New York – fu uno shock. Il disinibito Robbins aveva osato stropicciare il grande Polacco nei brani da Les Sylphides, e nel bel Walzer in mi minore. Ora gli astanti teatrali arrivano felici con sedie di legno in tute uguali, azzurrine, sovrastate da cravatte, cappelli da sciantosa, cuffiette, rigidi pennacchi. Le gag si sprecano, tra moglie e marito, e le baruffe insidiano le citazioni accademiche sulle punte, dove la brutta con occhiali va sempre a rilento, sbaglia, s’azzuffa, rompe ogni geometria. Poi arriva la pioggia e il palcoscenico è una girandola di ombrelli; infine sopraggiungono farfalle e farfalloni amorosi e alla pianista non resta che alzarsi e cercare di acchiappare questi e quelle con un immenso retino.
Altra atmosfera, - mistica, concentrata nei silenzi che catturano quasi più dei graffianti suoni elettronici di Stéfane Roy ( Crystal Music) e Antonio Vivaldi ( Magnificat) - nel duetto femminile Annonciation, cult– ballet (1995) del celebre coreografo francese Angelin Preljocaj in cui si cimentano la stessa Abbagnato (l’Angelo) e la prima ballerina Rebecca Bianchi (Maria). La futura Vergine, qui in minigonna chiara, viene sorpresa mentre siede sopra un anonimo muretto, intenta - lo si deduce dai suoi movimenti ma anche dai rumori sovrapposti alla densa quanto frammentaria colonna sonora -, a seguire giochi e razzolare di invisibili bambini. L’arrivo dell’Angelo, in corta tunica blu, è preceduto da una tempesta di rumori stridenti: quando scemano ha inizio un passo a
due plastico-scultoreo nel quale affiorano tutte le caratteristiche migliori della danza di Preljocaj, tra cui quella semplicità sensuale con cui viene traslato l’evento miracoloso e divino che sta a fondamento di una religione.
Annunciation rimanda al film Je vous salue Marie di Jean-Luc Godard, ma nella velocità e nella dinamica del movimento passa in rassegna molte delle annunciazioni pittoriche (e rinascimentali) più famose. Pur scartando enfasi e retorica, gesti posati e “antichi” , resuscitano azioni esplicite come quando la Vergine resta in grembo all’Angelo con la testa reclinata in una deposizione già presaga del futuro, o quando l’Angelo bacia la Vergine sul collo prima di scomparire in un turbine di nuovi stridori. Grazie a un piglio diretto e concreto, il co- reografo di Aix-en-Provence riesce ad armonizzare eleganza e turbamento, inquietudine ed estasi. Al di là dell’agiografia ciò che capita alla sua Maria è un evento sconvolgente, è l’annuncio di una vita nuova e l’Angelo - cui Abbagnato dà movimenti e gesti perfetti, quasi si fosse alla prima esecuzione del balletto - è colui, in questo caso colei, che la rende possibile.
Il trittico chiude con Cacti un pezzo di nuovo ilare, pop e pure surreale. Sedici ballerini sono oggetti d’arte su piedistallo e soggetti frastornanti: seguendo l’estro del giovane Aleksander Ekman, coreografo svedese sotto i riflettori da quando ha creato un Lago dei cigni zuppo d’acqua, dovrebbero sbeffeggiare la critica d’arte o forse certa arte che non si sa cosa sia. Perciò seguono la musica colta di un quartetto dal vivo che va e viene suonando Haydn, Beethoven, Schubert per distruggerli battendo mani e legno o chiacchierando incessantemente. Il divertente dialogo tra due partner allacciati in un passo a due richiama alla mente un magnifico balletto di Hans van Manen in cui i pensieri sfogati a voce corrono in senso contrario alla danza. Qui c’è invece sintonia tra parole e movimento e nell’insieme danza energica, più chiassosa che inventiva. I cactus portati in scena per far colpo pungono poco. Ma il Balletto dell’Opera lievita in tutto il trittico: cresciuto, espressivo.
Robbins, Preljocaj/Ekman/Balletto dell’Opera di Roma in scena al Teatro La Fenice 10-14 maggio
«Annunciation» rimanda al film «Je vous salue Marie», ma nella dinamica del movimento passa in rassegna molte delle più note annunciazioni pittoriche