Fisco, parte la caccia agli sconti
La mappa di deduzioni e detrazioni in vista delle prossime scadenze per le dichiarazioni dei redditi Negli ultimi cinque anni istituiti, corretti o prorogati due bonus ogni mese
Sono 128 le modifiche agli sconti Irpef varate dalla manovra salva-Italia a oggi. Il dato include anche l’istituzione di nuovi sconti e le proroghe di quelli già esistenti e corrisponde - in media - a due interventi al mese. Intanto, mentre si avvicina l’apertura della stagione della dichiarazione dei redditi precompilata, domani è atteso il varo della manovra correttiva e del Def, che nell’ambito del piano nazionale delle riforme prevede tra l’altro il riassetto delle agevolazione.
pMentre il riordino delle agevolazioni fiscali resta sullo sfondo della manovra correttiva e del Documento di economia e finanza (Def), continuano i ritocchi al già ingarbugliato sistema dei bonus.
Solo guardando le misure per le famiglie che hanno diretta evidenza nella dichiarazione dei redditi, nell’ultimo anno ci sono stati 40 interventi (tra nuove agevolazioni, proroghe e modifiche). Dalla manovra salva-Italia di fine 2011 a oggi, il totale delle correzioni arriva a 128. In media, è come se il Governo e il Parlamento fossero intervenuti due volte al mese per rimettere mano alla normativa, ma la frequenza dei ritocchi nell’ultimo anno supera la soglia di tre al mese.
Prevalgono le modifiche
Il grosso delle correzioni, negli ultimi 12 mesi, si concentra tra decreto fiscale, legge di Bilancio e Milleproroghe, ma anche le leggi sulle unioni civili e il “Dopo di noi” hanno avuto qualche riflesso sui bonus, ad esempio parificando ai coniugi i componenti delle “nuove famiglie” e alzando a 750 euro già dal 2016 i premi detraibili sulle assicurazioni vita a tutela delle persone con disabilità grave.
Di per sé, un cambiamento non è per forza negativo. Anzi, alcune correzioni sono benvenute tra i contribuenti, come quella che ha chiarito che chi dimentica il modello Rli alla proroga del contratto non decade dalla cedolare. È altrettanto vero, però, che ogni variazione aumenta il tasso di complessità del sistema, richiede norme attuative e ha un costo per l’Erario.
Dal 2011, le modifiche di misure già esistenti pesano per il 60% degli interventi varati dal salva-Italia in poi, mentre le proroghe e l’in- troduzione di nuove agevolazioni si dividono il resto in parti più o meno uguali.
Non tutte le modifiche hanno lo stesso peso. In alcuni casi si tratta di riscritture quasi integrali, come per il restyling del sismabonus riservato alla messa in sicurezza degli edifici nelle zone sismiche 1, 2 e 3. In altri casi, invece, la legge è intervenuta a cambiare una cifra o un paio di parole, come per la detrazione sulle spese scolastiche, applicabile su una spesa via via crescente (400 euro nell’anno d’imposta 2015, 564 nel 2016 e così via).
I tentativi di riordino
Guardando il fenomeno in prospettiva, si vede bene che la politica - negli anni dell’austerità - si è spesso affidata ai bonus (moltiplicati, rinnovati, modificati) per utilizzarli come leva di intervento fiscale o economico, o anche solo per dare un segnale di attenzione a certi settori o categorie.
La stessa austerità, però, ha trasformato le agevolazioni in un bacino da cui attingere risorse per le casse pubbliche. Si spiegano anche così i propositi di riordino delle tax expenditures, più volte annunciati dal 2011 e sempre rinviati, anche per la difficoltà di decidere dove, quanto e come tagliare.
Anche per questo, la manovra correttiva attesa al varo per domani dovrebbe contenere soltanto alcuni interventi settoriali su agevolazioni non più ritenute efficaci, mentre un riassetto ad ampio raggio delle tax expenditures sarà indicato come obiettivo nel Def e nel Piano nazionale delle riforme, facendo salve peraltro le misure più sensibili.
L’impatto sui contribuenti
A parziale scusante delle indecisioni degli ultimi anni, va detto che non è facile far quadrare il cerchio di un riordino delle agevolazioni per le famiglie.
Nell’anno d’imposta 2015, il totale delle detrazioni Irpef è stato intorno ai 66 miliardi di euro. Quasi l’85% di questo importo è costituito dalle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e pensioni (42,6 miliardi) e per i carichi di famiglia (12,8). Siccome il valore di questi bonus decresce all’aumentare del reddito, ridurli vorrebbe dire colpire soprattutto le fasce della popolazione che non se la passano meglio. Oltretutto, la legge di Bilancio 2017 ha appena uniformato la no tax area per i pensionati under 75.
Inoltre, la situazione economica sconsiglia di intervenire sulle detrazioni relative a voci di spesa che alimentano la domanda. È il caso di quelle per le ristrutturazioni, il risparmio energetico e gli arredi.
Alla fine restano gli sconti fiscali del 19% su una quindicina di principali tipologie di spese. Nel complesso valgono 5,4 miliardi. Significa che ridurre il bonus di un punto percentuale fa aumentare il gettito di circa 280 milioni, se si applica il taglio in modo indiscriminato. Ma è chiaro che, così facendo, sarebbero colpite soprattutto le classi di reddito medio-basse. Per i contribuenti con oltre 75mila euro di reddito, invece, un punto in meno comporta un sacrificio di 20 milioni, mentre un azzeramento varrebbe 380 milioni. Cifra che non pare risolutiva.