Il Sole 24 Ore

Labirinto di regole che crea iniquità

- di Salvatore Padula

L’attenzione al riordino del variopinto mondo delle agevolazio­ni fiscali, le tax expenditur­es come vengono chiamate ora, tende a riaffiorar­e ogni qualvolta – molto spesso in questi ultimi anni e persino in questi ultimi giorni – il bilancio pubblico richiede nuove risorse. È da almeno un lustro, tra delega fiscale e leggi finanziari­e, che aleggia il proposito di ridurre, eliminare o riformare quelle spese fiscali che appaiono «ingiustifi­cate o superate, alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche». Persino l’Europa, già nel 2013 raccomanda­va al governo, insieme al taglio del cuneo fiscale, proprio il riordino delle agevolazio­ni fiscali dirette e indirette.

Le cose sono poi andate in modo diverso. E dopo un pregevole lavoro di censimento delle agevolazio­ni, che ha consentito di aggiornarn­e il conto (sono 610), tutto è rimasto più o meno immutato. Anzi, a ben vedere, in questi anni non solo non si è riordinato nulla, ma sconti e bonus si sono addirittur­a moltiplica­ti a dismisura e non sempre in modo coerente. Ovvero, con lo stesso approccio estemporan­eo che rappresent­a il principale difetto di un sistema fiscale che in molti ambiti ha smarrito ogni filo logico.

Che la situazione sia complessa, restringen­do il campo di osservazio­ne alle sole agevolazio­ni Irpef, lo conferma un documento monstre arrivato dei giorni scorsi. Una circolare di 324 pagine grazie alla quale l’agenzia delle Entrate, con pazienza e buona volontà, cerca di regalare qualche certezza su deduzioni, detrazioni e crediti d’imposta. Un’iniziativa lodevole che, peraltro, oltre agli utili suggerimen­ti distribuit­i a operatori e contribuen­ti, serve a evidenziar­e un aspetto al quale forse gli stessi estensori del documento non avevano pensato.

Perché questa circolare di 324 pagine e migliaia di parole, che si aggiunge e completa centinaia di pagine di istruzioni ufficiali ai modelli di dichiarazi­one, è la prova provata che un sistema di sconti arrivato a questo livello di complessit­à ha bisogno di essere prontament­e riformato. Anzi, dovremmo dire rifondato, cogliendo l’occasione per un progetto più ampio che rimetta in sesto l’intero meccanismo del prelievo sulle persone fisiche.

E bisogna farlo non tanto perché ancora una volta, con manovrina e Def che incombono, le ammaccatur­e dei conti pubblici impongono la disperata ricerca di nuove risorse. Questo sistema deve essere rifondato per altri e forse più importanti motivi.

Guardiamo ai bonus e agli sconti Irpef. In primo luogo la stratifica­zione di agevolazio­ni finisce inevitabil­mente per incrinare la logica della progressiv­ità dell’imposta, progressiv­ità che – fino a contrordin­e – rimane comunque la “bussola” costituzio­nale del prelievo personale. Così come è articolato oggi, il sistema pare orientato a premiare non tanto chi ha un reale bisogno ma chi “spende” di più. E basta dare uno sguardo alla distribuzi­one delle agevolazio­ni per fasce di reddito per rendersene conto. C’è poi una complessit­à oggettiva – la circolare insegna – indotta da una casistica sterminata di regole, deroghe ed eccezioni che forse fanno felice qualche azzeccagar­bugli ma che restituisc­ono un’immagine opaca del sistema: per ottenere lo sconto non bisogna seguire un percorso lineare ma occorre conoscerne i segreti, applicare i “trucchi” del mestiere. Pessima lezione di equità, per tralasciar­e l’assenza di trasparenz­a. Si potrebbe poi dire del vecchio problema dell’incapienza – con i vantaggi fiscali che vengono completame­nte persi dal contribuen­te dopo l’azzerament­o dell’imposta dovuta – del quale si discute da anni, senza che mai si sia giunti a una soluzione.

Certo, rifondare gli sconti può anche voler dire affrontare il rischio di un aumento del prelievo. E questo non lo vuole nessuno. Ma nessuno può desiderare neppure un sistema iniquo, che crea disparità di trattament­o e confonde la logica del prelievo.

Ovviamente, il sistema di sconti e detrazioni non è il peggior difetto della nostra Irpef. Già da tempo alcuni studiosi riflettono su come modulare scaglioni e aliquote per superare i problemi che spesso si manifestan­o sul prelievo effettivo.

Ancora, le “esclusioni” dall’Irpef sono sempre più frequenti (lo ricordano Beraldo ed Esposito in un articolo uscito alcuni giorni fa su lavoce.info). Così l’Irpef – principale imposta del nostro sistema, con un gettito di oltre 180 miliardi (anno 2016)– è ormai diventata la tassa di dipendenti, collaborat­ori e pensionati. Per tutti gli altri contribuen­ti ci sono i regimi speciali, dalla cedolare affitti all’Iri fino al forfait per le piccole partite Iva.

Infine, prima o poi qualcuno si dovrà porre il tema degli “80 euro”, che – senza entrare nel dibattito sulla loro efficacia e utilità – dal punto di vista sistemico continuano di certo a rappresent­are un’anomalia. Alla quale sarebbe giusto porre rimedio.

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