Labirinto di regole che crea iniquità
L’attenzione al riordino del variopinto mondo delle agevolazioni fiscali, le tax expenditures come vengono chiamate ora, tende a riaffiorare ogni qualvolta – molto spesso in questi ultimi anni e persino in questi ultimi giorni – il bilancio pubblico richiede nuove risorse. È da almeno un lustro, tra delega fiscale e leggi finanziarie, che aleggia il proposito di ridurre, eliminare o riformare quelle spese fiscali che appaiono «ingiustificate o superate, alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche». Persino l’Europa, già nel 2013 raccomandava al governo, insieme al taglio del cuneo fiscale, proprio il riordino delle agevolazioni fiscali dirette e indirette.
Le cose sono poi andate in modo diverso. E dopo un pregevole lavoro di censimento delle agevolazioni, che ha consentito di aggiornarne il conto (sono 610), tutto è rimasto più o meno immutato. Anzi, a ben vedere, in questi anni non solo non si è riordinato nulla, ma sconti e bonus si sono addirittura moltiplicati a dismisura e non sempre in modo coerente. Ovvero, con lo stesso approccio estemporaneo che rappresenta il principale difetto di un sistema fiscale che in molti ambiti ha smarrito ogni filo logico.
Che la situazione sia complessa, restringendo il campo di osservazione alle sole agevolazioni Irpef, lo conferma un documento monstre arrivato dei giorni scorsi. Una circolare di 324 pagine grazie alla quale l’agenzia delle Entrate, con pazienza e buona volontà, cerca di regalare qualche certezza su deduzioni, detrazioni e crediti d’imposta. Un’iniziativa lodevole che, peraltro, oltre agli utili suggerimenti distribuiti a operatori e contribuenti, serve a evidenziare un aspetto al quale forse gli stessi estensori del documento non avevano pensato.
Perché questa circolare di 324 pagine e migliaia di parole, che si aggiunge e completa centinaia di pagine di istruzioni ufficiali ai modelli di dichiarazione, è la prova provata che un sistema di sconti arrivato a questo livello di complessità ha bisogno di essere prontamente riformato. Anzi, dovremmo dire rifondato, cogliendo l’occasione per un progetto più ampio che rimetta in sesto l’intero meccanismo del prelievo sulle persone fisiche.
E bisogna farlo non tanto perché ancora una volta, con manovrina e Def che incombono, le ammaccature dei conti pubblici impongono la disperata ricerca di nuove risorse. Questo sistema deve essere rifondato per altri e forse più importanti motivi.
Guardiamo ai bonus e agli sconti Irpef. In primo luogo la stratificazione di agevolazioni finisce inevitabilmente per incrinare la logica della progressività dell’imposta, progressività che – fino a contrordine – rimane comunque la “bussola” costituzionale del prelievo personale. Così come è articolato oggi, il sistema pare orientato a premiare non tanto chi ha un reale bisogno ma chi “spende” di più. E basta dare uno sguardo alla distribuzione delle agevolazioni per fasce di reddito per rendersene conto. C’è poi una complessità oggettiva – la circolare insegna – indotta da una casistica sterminata di regole, deroghe ed eccezioni che forse fanno felice qualche azzeccagarbugli ma che restituiscono un’immagine opaca del sistema: per ottenere lo sconto non bisogna seguire un percorso lineare ma occorre conoscerne i segreti, applicare i “trucchi” del mestiere. Pessima lezione di equità, per tralasciare l’assenza di trasparenza. Si potrebbe poi dire del vecchio problema dell’incapienza – con i vantaggi fiscali che vengono completamente persi dal contribuente dopo l’azzeramento dell’imposta dovuta – del quale si discute da anni, senza che mai si sia giunti a una soluzione.
Certo, rifondare gli sconti può anche voler dire affrontare il rischio di un aumento del prelievo. E questo non lo vuole nessuno. Ma nessuno può desiderare neppure un sistema iniquo, che crea disparità di trattamento e confonde la logica del prelievo.
Ovviamente, il sistema di sconti e detrazioni non è il peggior difetto della nostra Irpef. Già da tempo alcuni studiosi riflettono su come modulare scaglioni e aliquote per superare i problemi che spesso si manifestano sul prelievo effettivo.
Ancora, le “esclusioni” dall’Irpef sono sempre più frequenti (lo ricordano Beraldo ed Esposito in un articolo uscito alcuni giorni fa su lavoce.info). Così l’Irpef – principale imposta del nostro sistema, con un gettito di oltre 180 miliardi (anno 2016)– è ormai diventata la tassa di dipendenti, collaboratori e pensionati. Per tutti gli altri contribuenti ci sono i regimi speciali, dalla cedolare affitti all’Iri fino al forfait per le piccole partite Iva.
Infine, prima o poi qualcuno si dovrà porre il tema degli “80 euro”, che – senza entrare nel dibattito sulla loro efficacia e utilità – dal punto di vista sistemico continuano di certo a rappresentare un’anomalia. Alla quale sarebbe giusto porre rimedio.