Nodo da 900 milioni su Province e Città
Negli enti metropolitani squilibrio da 200 milioni senza interventi correttivi
Si chiuderà questa settimana il lungo cantiere del decreto enti locali, complicato dalla ricerca di coperture in un contesto dominato dal lavorio sulla correzione da 3,4 miliardi chiesta da Bruxelles.
In cima alle richieste di nuo- ve risorse ci sono Province e Città metropolitane, che presentano un conto vicino ai 900 milioni. Poco più di 650 milioni è lo squilibrio delle Province, certificato dai numeri della Sose, mentre secondo i calcoli degli amministratori locali al- tri 200 milioni abbondanti servono a far quadrare i bilanci delle Città metropolitane. Un aiuto potrebbe arrivare dalla replica di norme eccezionali come l’utilizzo degli avanzi o la rinegoziazione dei mutui.
A tre anni dalla riforma che avrebbe dovuto metterli in sicurezza in una versione alleggerita rispetto al passato, la lista della spesa scoperta degli enti di area vasta per il 2017 sfiora i 900 milioni di euro. Una cifra che ha complicato le trattative nel lunghissimo cantiere del decreto enti locali, che in settimana dovrebbe concludere la sua prima fase con l’arrivo del provvedimento sul tavolo del consiglio dei ministri.
Il “buco” più ampio è quello a carico delle Province, secondo la Sose (la società del ministero dell’Economia che fa i conti sui «fabbisogni standard» degli enti locali») vale 650 milioni di euro ed è da settimane al centro del dibattito. All’elenco però, almeno secondo i calcoli degli amministratori l ocali, vanno aggiunti 203 milioni di euro a carico delle Città metropolitane, cioè l’ente che in base alla riforma Delrio avrebbe dovuto rappresentare il motore strategico dello sviluppo dei grandi centri ed è invece sospeso da anni in un limbo che vede convivere le nuovissime Città con le vecchie Province.
A inizio anno, in verità, la strada da percorrere verso l’equilibrio di bilancio era parecchio più lunga, a causa del solito miliardo di tagli aggiuntivi previsto fin dal 2015 da una manovra che aveva molto sovrastimato i risparmi ottenibili con il ridisegno delle attività locale. La pezza, come lo scorso anno, è stata messa dall’ultima legge di bilancio, che ha utilizzato una parte del «fondone» da tre miliardi messo a disposizione degli enti territoriali per sterilizzare la nuova puntata di tagli.
L’esperienza degli anni scorsi, però, insegna anche che per far quadrare i conti davvero la cancellazione dei super-tagli progressivi pensati nel 2015 e poi non attuati è solo il primo passo. A completare l’opera intervengono mosse aggiuntive, come quelle che in passato hanno dirottato verso gli enti di area vasta risorse Anas per la manutenzione delle strade o fondi ministeriali per l’edilizia scolastica. Ogni anno, però, il sentiero si fa ovviamente più stretto e in salita.
Per le Province al momento si parla di risorse aggiuntive per circa 200 milioni tra una nuova tornata di fondi Anas e altre risorse recuperate in vari angoli del bilancio pubblico. E per le Città?
I problemi principali, secondo i calcoli degli amministratori, si concentrano in particolare a Torino (67 milioni), Milano (64) e Roma (57), ma in proporzione sono pesanti anche i 13 milioni che mancano a Bari, mentre Genova e Venezia hanno uno squilibrio minore. A far tornare i numeri non possono intervenire nuove entrate, perché le Città non hanno leve manovrabili, e anche sul lato delle spese il quadro è rigido visto che un terzo delle uscite è rappresentato dal contributo alla finanza pubblica e il resto è assorbito in larga parte dai costi fissi di funzionamento e personale. Una soluzione parziale potrebbe arrivare dal decreto con la replica delle misure straordinarie già sperimentate negli scorsi anni, dall’applicazione degli avanzi alla parte corrente (varrebbe 50 milioni) alla rinegoziazione dei mutui (20 milioni). Un’altra toppa, in attesa di un rilancio strutturale, che fatica ad arrivare ma sarebbe necessario per far superare alle Città metropolitane la pura sopravvivenza e avviare davvero qualcuna delle funzioni strategiche per cui sono nate.