Le famiglie nel mondo riscoprono i depositi
Dall’Italia agli Usa vince la cautela: in dieci anni più investimenti in circolante, polizze e fondi pensione
Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, l’ha detto a chiare lettere a fine marzo al convegno in Senato sull’educazione finanziaria: gli italiani hanno riscoperto il fascino dei depositi e destinano una quota sempre maggiore del portafoglio verso strumenti assicurativi e fondi pensione. La tendenza, però, non è solo italiana e accomuna i maggiori Paesi del mondo. Sono, invece, in calo bond e azioni. Lo mostrano i dati Ocse sul 2015 (ultimo anno comparabile) confrontati con quelli del 2005 su Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Stati Uniti. Negli ultimi anni i risparmiatori, scottati dalla crisi, si sono sempre più orientati verso scelte di cautela e strumenti meno rischiosi.
Dall’appetito per il rischio alla cautela. Scottati dalle turbolenze della crisi, i risparmiatori vanno alla ricerca di un porto più sicuro per custodire il loro gruzzolo faticosamente accumulato. In Europa e negli Usa riscoprono così il fascino discreto di depositi e circolante e destinano una quota sempre maggiore di ricchezza finanziaria verso strumenti di lungo termine (assicurazioni e fondi pensione). Confrontando i dati Ocse sulla composizione del portafoglio nel 2005 e nel 2015 (gli ultimi disponibili a livello comparativo) in sei Paesi, si scopre infatti che la tendenza, evidenziata dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, a fine marzo, non riguarda solo i risparmi di casa nostra, ma è un fenomeno che investe, seppure in misura diversa, l’una e l’altra sponda dell’Atlantico. In mezzo ci stanno il 2007 con il crack della Lehman Brothers e i suoi ef- fetti (diretti e indiretti), ma anche il 2008 con il primo vero contraccolpo sull’economia reale, in seguito l’esplosione della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona e poi il “bazooka” della Bce a colpi di iniezioni di liquidità e tassi al minimo storico.
«Dopo l’irrazionale esuberanza negli anni del boom - spiega Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica all’Università Cattolica di Milano - la disponibilità a fare investimenti spettacolari è stata delusa. Gli investitori, rimasti scottati, sono diventati più cauti». Con le politiche monetarie non convenzionali messe in campo dalla Bce, gli fa eco il direttore di Bem Research, Carlo Milani, «il costo per investire in attività più rischiose è diventato meno conveniente. Così i risparmiatori hanno assunto un atteggiamento difensivo su un doppio binario: la liquidità e gli strumenti di lungo termine con l’obiettivo di assicurarsi un rendimento garantito e avere una maggiore tranquillità». È inoltre in atto in Europa, aggiunge Milani, «una sorta di allineamento nelle scelte di investimento dei risparmiatori».
In Italia, in dieci anni, la quota di circolante e depositi è cresciuta di oltre il 7%, superando il 30% nel 2015. Una tendenza che si sta confermando. In base ai dati della Banca d’Italia aggiornati a settembre 2016, infatti, il peso delle voci più liquide è arrivato al 32%, un livello simile alla fine degli anni Ottanta. In Germania questa componente è cresciuta di circa 4 punti e ora il 39% dei risparmi viene custodito in depositi. La stessa tendenza si osserva Oltremanica, dove il peso degli strumenti più liquidi è ancora oggi più contenuto (24%), ma è aumentato rispetto al periodo pre-crisi. E cresce la quota di questi strumenti anche negli Usa, dove tuttavia la loro quota è inferiore a quella di altre voci e vale oggi il 13,6 per cento. Con il 42% la stella dei depositi è però la Spagna, mentre solo in Francia si assiste a una leggera diminuzione (-1,5%), anche se questa voce resta su livelli elevati.
In tutti i sei Paesi considerati cresce anche il peso degli strumenti assicurativi e pensionistici privati. In Italia hanno raggiunto il massimo storico e rappresentano oltre un quinto del portafoglio. La loro crescita è stata costante a partire dagli anni 90, in occasione delle prime riforme del sistema pensionistico pubblico, ma la quota italiana resta inferiore a quella degli altri Paesi, dove sono più diffuse forme di previdenza complementare o alternative. In Germania il balzo è stato addiritura di dieci punti percentuali e oggi questa voce convoglia il 37% della ricchezza finanziaria, a pari merito con la Francia. Al top, però, è la Gran Bretagna, con un livello che sfiora il 60 per cento.
Con i mercati in altalena, tra crisi bancarie in Europa, effetto petrolio e timori legati all’elezione di Trump, è calato l’appeal per le azioni. La maggiore diminuzione (intorno al 5% nei dieci anni considerati) si è registrata in Italia e Spagna. E hanno riscosso minore successo anche i bond, in particolare nel nostro Paese con un arretramento di oltre 8 punti percentuali. Piacciono meno soprattutto le obbligazioni bancarie, sulla spinta delle crisi di alcuni istituti e dell’entrata in vigore delle regole del bail-in, il salvataggio ordinato europeo.
«L’atteggiamento attendista - osserva Campiglio - crea nuovi equilibri all’interno del portafoglio». Così in Italia, nei dieci anni considerati, l’azionario perde il primato e cede lo scettro ai depositi. Se però si considerano anche i fondi comuni, il risparmio gestito vale oggi il 34% del portafoglio. In Francia, invece, dove fino al 2005 la liquidità rappresentava la prima scelta, ora oltre un terzo delle risorse confluisce negli strumenti assicurativi e nei fondi pensione. Il primato di queste voci resiste in Gran Bretagna, mentre gli Usa si confermano la patria delle azioni. La crisi ha comunque lasciato il segno, tanto che oltre Atlantico il tasso di risparmio è cresciuto di oltre tre punti negli ultimi dieci anni.
LA RICOMPOSIZIONE In calo azioni e bond, soprattutto bancari: l’atteggiamento attendista crea nuovi equilibri all’interno dei portafogli