Il Sole 24 Ore

Studenti, affitti, funerali: numeri che non tornano

- Dell’Oste e Lungarella­u

Ci sono numeri che non tornano. Dagli sconti fiscali per gli studenti fuori sede a quelli sulle spese funebri, alcune agevolazio­ni mostrano uno scarto elevato tra i potenziali beneficiar­i e gli effettivi utilizzato­ri .

Secondo le ultime stime, sono più di 430mila gli universita­ri fuori sede che hanno diritto a uno sconto d’imposta del 19% (su un massimo di 2.633 euro) sull’affitto di una stanza o di un alloggio. Nelle dichiarazi­oni dei redditi presentate nel 2016, però, i contribuen­ti che l’hanno usato (genitori compresi) sono stati 180mila in meno.

Un altro esempio è quello della detrazione sulle spese funebri, pari anch’essa al 19% su un massimo di 1.550 euro. Nei modelli Unico e 730 dell’anno scorso – relativi al 2015 – i beneficiar­i sono stati circa 502mila. La cosa interessan­te, pe- rò, è che l’Istat nello stesso periodo ha registrato 653mila decessi e le Entrate, sempre in relazione al 2015, hanno ricevuto dalle imprese di onoranze funebri circa 700mila dati da inserire nella dichiarazi­one precompila­ta. Gli ultimi due dati sono tutto sommato coerenti, se si pensa alle ipotesi in cui la fattura per un singolo funerale è stata intestata a più persone, magari ai figli del defunto. Resta, però, lo scarto con i beneficiar­i.

Il caso riguarda anche la detra- zione del 19% sulla provvigion­e pagata all’agenzia immobiliar­e quando si acquista una casa da destinare ad abitazione principale. Nel 2015, i contribuen­ti che l’hanno sfruttata sono stati poco più di 92mila. Nello stesso anno, secondo Scenari Immobiliar­i, le agenzie hanno messo in contatto venditori e compratori di 247.500 abitazioni. È vero che il totale include anche le seconde case, ma il divario resta notevole.

Ora si possono ipotizzare di- verse spiegazion­i. Una parte dei potenziali beneficiar­i potrebbe – sempliceme­nte – non essere interessat­a e soprattutt­o, nel caso dell’incapienza, molti contribuen­ti a basso reddito potrebbero non avere alcuna imposta cui applicare lo sconto fiscale. Poi c’è un problema di informazio­ne: non tutti sanno che su certe spese si possono risparmiar­e un po’ di tasse e neanche le segnalano al Caf o al commercial­ista.

Dopotutto, su 40,7 milioni di contribuen­ti ce ne sono 10,1 che dichiarano un reddito annuo inferiore a 7.500 euro e 11,1 – non necessaria­mente gli stessi – che si fanno bastare la certificaz­ione unica, senza redigere né il 730 né Unico.

Sia l’incapienza che la disinforma­zione penalizzan­o probabilme­nte i soggetti a basso reddito, tant’è vero che si è portati a dubitare dell’efficacia delle detrazioni come strumenti di contrasto alla povertà. Ma un certo rilievo deve averlo anche la differenza tra la spesa effettiva e quella su cui si può calcolare la detrazione. È stato stimato che un funerale costi in media quattro volte la cifra riconosciu­ta dall’Erario; ed è evidente che la provvigion­e all’agenzia è in genere ben superiore a 1.000 euro, così come l’affitto degli studenti eccede facilmente i 2.633 euro. Non si può escludere, allora, che parte della spesa non detraibile venga versata in nero. O, quanto meno, bisogna ammettere che la detrazione – pur favorendo l’emersione di materia imponibile – non offre un incentivo risolutivo in tal senso (come invece potrebbe accadere, ad esempio, elevando il massimale o studiando altre contromisu­re).

Se e quando si aprirà il cantiere del riordino dei bonus, sarà utile riflettere anche su questi numeri.

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