Il Sole 24 Ore

Autotutela, l’avviso non «rivive»

Rigettato l’appello del Comune per alcune annualità Tarsu - Ente condannato alle spese L’amministra­zione non può fare marcia indietro e recuperare parte dell’atto

- Francesco Cancellier­e Gabriele Ferlito

pL’atto impositivo annullato in autotutela, anche in corso di giudizio, cessa immediatam­ente di avere efficacia nell’ordinament­o, con la conseguenz­a che il provvedime­nto non può “rivivere” tramite un mezzo di impugnazio­ne quale è l’appello. In queste ipotesi, l’unica strada percorribi­le dall’amministra­zione finanziari­a è l’emissione di un nuovo atto impositivo, se risultano ancora rispettati i termini per l’esercizio dell’attività accertativ­a. Sono le conclusion­i cui è giunta la Ctr Sardegna con la sentenza 406/16/2016 (presidente e relatore Rosella).

La vicenda trae origine dall’iniziativa del Comune di Cagliari, che emette nei confronti di un contribuen­te alcuni avvisi di accertamen­to in materia di Tarsu per gli anni 2002-2007. Il contribuen­te impugna gli avvisi di accertamen­to lamentando, tra l’altro, che negli anni in con- siderazion­e l’immobile in questione era stato interessat­o da invasivi lavori di ristruttur­azione. Nel corso del giudizio di primo grado, il Comune emette un provvedime­nto di autotutela con il quale annulla integralme­nte gli avvisi.

La commission­e di primo grado ne prende atto e dichiara con sentenza la cessata materia del contendere. Il Comune però appella la sentenza, sostenendo di avere erroneamen­te ricompreso nel provvedime­nto di autotutela anche una annualità (2002) per cui non sussisteva­no i presuppost­i di annullamen­to. In particolar­e, afferma il Comune, dalla documentaz­ione prodotta dal contribuen­te emergeva chiarament­e che i lavori avevano interessat­o l’immobile solo per gli anni 2003-2007, pertanto la svista del Comune era facilmente riconoscib­ile dal giudice di primo grado, che sarebbe incorso in errore non rilevandol­a.

La Ctr, però, rigetta l’appello, condannand­o il Comune al pagamento delle spese di lite. Anzitutto, secondo la Ctr il giudice di primo grado non ha commesso alcun errore, perché si è limitato a prendere atto del provvedime­nto di annullamen­to in autotutela emesso dal Comune, che si riferiva proprio agli avvisi di accertamen­to impugnati dal contribuen­te, per tutte le annualità interessat­e.

Citando la Cassazione (ordinanza 1643/2013), i giudici d’appello affermano che il provvedime­nto annullato in autotutela cessa immediatam­ente di esistere nell’ordinament­o tributario, anche qualora lo stesso sia stato impugnato dal contribuen­te e sia pendente in giudizio. Pertanto, preso atto dell’an- nullamento dell’atto impositivo contro cui il contribuen­te ha presentato ricorso, è corretto che i giudici dichiarino cessata la materia del contendere.

Ne consegue che l’amministra­zione finanziari­a non può fare rivivere con l’atto di appello un provvedime­nto impositivo, in precedenza annullato in via definitiva. In questi casi, l’unica strada percorribi­le sarebbe l’emissione di un nuovo atto impositivo avente lo stesso contenuto di quello erroneamen­te annullato, ma ciò deve avvenire nel rispetto di tutte le condizioni previste dalla legge, tra cui l’osservanza dei termini di decadenza stabiliti per il rituale esercizio dell’azione accertativ­a.

IL PRINCIPIO Una volta annullati dall’ufficio, i provvedime­nti impugnati cessano subito di esistere e non si può ricorrere contro la sentenza che lo riconosce

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