Accollo del debito con imposta fissa nel concordato
In caso di concordato fallimentare (articolo 124, legge fallimentare) è illegittimo l’accertamento dell’imposta di registro in misura proporzionale. Ai fini dell’individuazione del presupposto impositivo rileva unicamente la sentenza di omologazione e non la presenza del terzo assuntore, la cessione a suo favore dell’attivo fallimentare e il contestuale accollo dei debiti. È questo il principio espresso dalla Ctp Milano 1303/3/17 (presidente Fugacci, relatore Chiametti).
Nel caso in esame la società, avente come oggetto sociale la possibilità di proporre concordati fallimentari ed extragiudiziali, proponeva un concordato fallimentare mediante assunzione delle obbligazioni concordatarie relative al fallimento di una terza società. La proposta veniva accolta con conseguente decreto di omologa del concordato fallimentare emesso dal tribunale.
All’atto della registrazione del decreto, l’ufficio emetteva un atto di liquidazione dell’imposta di registro, applicando l’aliquota proporzionale del 3% al valore dell’accollo del debito. In particolare, questa pretesa impositiva veniva giustificata in quanto, costituendo un atto traslativo della proprietà dei beni in favore del terzo assuntore, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, il decreto di omologa del concordato doveva essere tassato ai sensi dell’articolo 8, lettera a) della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/86.
Nello specifico, secondo l’ufficio, la misura del tributo doveva essere liquidata (ai sensi dell’articolo 21, comma 2, Dpr 131/86) applicando l’imposizione più onerosa, ovvero con l’aliquota in misura pari al 3% calcolata sul valore del debito accollato (articolo 9 della Tariffa).
La società contribuente resisteva in giudizio ed evidenziava che - in conformità a quanto previsto dall’articolo 8, lettera g) della Tariffa, parte prima - i provvedimenti di omologazione sono soggetti all’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa (pari a 168 euro). Inoltre veniva eccepita l’errata applicazione della norma, considerato che l’atto di omologazione del concordato fallimentare non comporta la costituzione o il trasferimento di un diritto reale.
I giudici di primo grado hanno annullato l’avviso di liquidazione, ritenendo applicabile l’imposta di registro in misura fissa. Questa norma, infatti, in linea con il principio nominalistico, è applicabile nei confronti di tutti gli atti giudiziari di omologazione, tra i quali rientra anche il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore (in assenza di previsioni diverse).
Inoltre, il collegio ha ritenuto non applicabile al caso di specie il comma 2 dell’articolo 21 del Dpr 131/86 (che prevede l’applicazione dell’imposizione più onerosa per le disposizioni contenute nell’atto che derivano necessariamente le une dalle altre), ma il comma 3 della medesima disposizione in base alla quale l’imposta di registro è esclusa nei casi di accolli di debiti e oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni.