Ma per i giudici l’aliquota corretta è quella del 10%
I giudici contestano l’interpretazione dell’agenzia delle Entrate, che assimila i boccioni di acqua di sorgente all’acqua minerale. La Ctp di Modena, con la sentenza 259/2/2017, depositata il 22 marzo scorso (presidente Mottola, relatore Saracini), ha infatti ritenuto illegittima la rettifica dell’aliquota Iva da quella agevolata al 10% a quella ordinaria sulle cessioni dell’acqua di sorgente.
Nel caso esaminato dai giudici, l’Agenzia ha notificato un avviso di accertamento a una società esercente il commercio di acqua di sorgente in boccioni per recuperare la maggiore imposta derivante dall’applicazione dell’aliquota ordinaria (all’epoca al 20%) in luogo della ridotta (10%).
La pretesa dell’Ufficio si basava sulla risoluzione 11/ E/2014 della Direzione centrale normativa dell’Agenzia, secondo cui l’aliquota al 10% sarebbe applicabile solo per l’erogazione dell’acqua attraverso la rete idrica; di conseguenza, la cessione dell’acqua di sorgente in bottiglie, boccioni o simili per uso alimentare sconterebbe l’Iva ordinaria. La contribuente ha impugnato il provvedimento dell’Agenzia, lamentando, nei fatti, un’errata interpretazione della norma.
La Ctp di Modena, ritenendo fondato il ricorso, ha fornito alcuni chiarimenti. La tabella parte III del decreto Iva (Dpr 633/72), al punto 81 prevede l’applicazione dell’aliquota del 10% per la cessione di acqua e acqua minerale. Per quest’ultima, però, il decreto legge 261/1990 ha previsto l’applicazione dell’aliquota ordinaria, con l’esclusione, quindi, del trattamento agevolato.
La Ctp ha richiamato il decreto legislativo 31/2001, secondo il quale le acque destinate al consumo umano sono tutte le acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori. La norma, quindi, secondo il giudice, «non attribuisce rilevanza classificatoria alle modalità di erogazione al pubblico delle acque destinate al consumo umano». E anche ai fini Iva si limita a distinguere tra acque sorgive a uso potabile e acque minerali, trascurando la modalità di erogazione.
La Ctp ha poi rilevato che la tesi dell’Ufficio non è fondata anche analizzando il testo originario del punto 81 della tabella parte III del decreto Iva. Secondo la risoluzione 11/ E/2014, infatti, l’acqua che può scontare l’aliquota del 10% è solo quella erogata dal servizio pubblico attraverso la rete idrica. Ma, dato che la norma, originariamente, assoggettava ad aliquota del 10% entrambe le tipologie di acqua (sorgente e minerale), si dovrebbe concludere, si legge nella sentenza, che il legislatore «postulasse la possibilità di erogazione mediante acquedotto anche delle acque minerali». Una conclusione «illogica», rimanrca la Ctp.
La Ctp di Modena non è la sola ad avere contestato l’interpretazione dell’Agenzia. Infatti, anche secondo la Ctp di Bologna (sentenza 1232/09/16) la cessione dell’acqua di sorgente in boccioni sconta l’aliquota del 10 per cento.