Il Sole 24 Ore

La corruzione in società si allarga a tutti i manager

- Giovanbatt­ista Tona

Il reato di «corruzione tra privati» si allarga a tutti i manager delle società, non solo quelli che hanno formalment­e incarichi di amministra­zione e controllo. E per far scattare le pene per i corruttori non servirà la consegna o la promessa di denaro o beni ma basterà la semplice offerta. Sono due delle novità in partenza da venerdì 14 aprile con l’entrata in vigore del decreto legislativ­o 38 del 2017.

Un nuovo restyling per la corruzione tra privati, che arriva perché gli interventi del passato sono stati giudicati insufficie­nti dalla Ue. Il decreto legislativ­o 38 dovrebbe completare, dopo 14 anni, il recepiment­o della decisione quadro 2003/568/Gai che aveva imposto agli Stati europei di prevedere come reato il mercimonio delle attività private connotate da violazioni di doveri e capaci di provocare danni all’economia e distorsion­i alla concorrenz­a.

La legge Severino

L’articolo 2635 è già stato riscritto in passato dalla legge Severino (190 del 2012), che ha introdotto la corruzione tra privati. Gli amministra­tori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili sociali, i sindaci e i liquidator­i venivano puniti con la reclusione da uno a tre anni, quando, dietro dazione o promessa di denaro o altra utilità, compi- vano o omettevano atti in violazione degli obblighi inerenti il loro ufficio o degli obblighi di fedeltà (la «corruzione passiva»). Era necessario che la condotta causasse «nocumento alla società». Gli stessi soggetti venivano puniti ma con una pena fino a un anno e sei mesi se il fatto era commesso da persone sottoposte alla loro direzione o alla loro vigilanza.

In parallelo era previsto come reato il comportame­nto di chi dava o prometteva denaro o altra utilità (la «corruzione attiva»).

Queste fattispeci­e erano perseguibi­li a querela, salvo che dal fatto non derivasse una distorsion­e della concorrenz­a nell’acquisizio­ne di beni o servizi.

Il rapporto del Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa (Greco), pubblicato il 5 dicembre 2016, confermava i precedenti giudizi di parziale inadempien­za dell’Italia rispetto all’attuazione degli obblighi di contrasto alla corruzione tra privati. Si attendeva comunque l’esecuzione della legge delega 170 del 2016 che demandava al Governo di dare completa attuazione alla decisione quadro 2003/568/Gai.

Le nuove disposizio­ni

Ora il decreto legislativ­o 38 del 2017 riscrive l’articolo 2635 del Codice civile e rende più ampie e incisive le possibilit­à di intervento repressivo delle condotte di corruzione tra privati.

Autori del reato, oltre i soggetti in posizione apicale finora già previsti, possono essere anche coloro che nella società o nell’ente esercitano funzioni direttive diverse da quelle di amministra­zione e controllo formalment­e conferite. Si dà così rilievo all’amministra­tore di fatto o a chi svolge funzioni comunque managerial­i, ma si lasciano fuori dal novero degli autori del reato coloro i quali non svolgono nemmeno di fatto funzioni direttive. Viene inoltre specificat­o che il vantaggio (denaro o altra utilità), da conseguire in cambio della violazione degli obblighi di ufficio o di fedeltà, deve essere «non dovuto».

Tra le condotte incriminat­e, oltre a quelle del ricevere utilità o dell’accettarne la promessa, si inserisce anche la sollecitaz­ione da parte del soggetto tenuto alla fedeltà. Viene anche soppresso il riferiment­o al «nocumento alla società». Il reato è quindi punibile a prescinder­e dalla prova che si sia verificato un evento dannoso per la società a seguito del comportame­nto illecito. La fattispeci­e si perfeziona con la mera sollecitaz­ione, ricezione o accettazio­ne della promessa di denaro o altra utilità; quindi anche prima di quando si verifica l’atto o l’omissione che viola gli obblighi.

In parallelo, diventa più ampio l’ambito di applicazio­ne della corruzione passiva. Il soggetto estraneo alla società o all’ente è punito anche se si limita a fare un’offerta di denaro o altra utilità. Anche per questa condotta si specifica che il vantaggio da offrire, dare o promettere deve essere indebito.

Infine viene prevista la figura dell’intemediar­io. Il soggetto estraneo alla società o all’ente può essere punito anche quando per offrire, promettere o dare denaro o altra utilità all’interno alla società si avvale di una persona interposta. Quest’ultima sarà a sua volta punibile per lo stesso reato, anche perché, secondo le regole generali del Codice penale, è punibile per concorso nel reato chi offre un contributo consapevol­e alla realizzazi­one dell’illecito.

Non occorre avere funzioni di amministra­zione e controllo

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