Responsabilità del socio solo con prove rigorose
Prova rigorosa per condannare il socio di Srl, in solido con l’amministratore, per gli atti commessi in danno della società. Il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa, con la sentenza 2691 del 7 marzo scorso (presidente Riva Crugnola, relatore Mambriani), ha infatti riconosciuto, in un caso di distrazione da una società a favore di un’altra, la responsabilità di un socio della Srl danneggiata in quanto ricopriva anche il ruolo di amministratore della società destinataria della distrazione. Ma non ha condannato l’altro socio, non ritenendo sufficienti le circostanze che detenesse quote di entrambe le società e avesse rapporti di parentela stretta con i loro amministratori.
La pronuncia chiarisce il peri- metro di applicazione dell’articolo 2476, comma 7, del Codice civile. La disposizione, introdotta dal decreto legislativo 6/2003, prevede che siano responsabili in solido con gli amministratori anche i soci di Srl «che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi». La norma intende bilanciare i poteri di gestione che spesso hanno i soci di Srl, dove la compagine sociale è di regola ristretta e caratterizzata da forte intuitus personae, al di fuori di attribuzioni formali. Essa dunque si applica non solo agli atti decisori o autorizzativi formalmente adottati dai soci, ma a tutti gli atti o comportamenti idonei a supportare l’azione illegittima e dannosa degli amministratori.
Il Tribunale di Milano ha deciso la causa avviata dal fallimento di una società contro la famiglia di ex amministratori (prima il figlio e poi il padre) e soci (il figlio stesso e la figlia), chiedendo di condannarli al risarcimento dei danni causati alla società e ai suoi creditori attraverso, tra l’altro, atti di distrazione di fondi, merci e servizi a favore loro e di società di cui erano soci e amministratori.
I giudici hanno riconosciuto la natura simulata di alcune operazioni e la responsabiilità degli amministratori pro tempore della società danneggiata.
Non è stata però accolta la domanda di risarcimento avanzata, in base all’articolo 2476, comma 7, del Codice civile, nei confronti del figlio per avere «deciso o autorizzato intenzionalmente gli atti di mala gestio commessi dopo la sua cessazione dalla carica dal successivo amministratore», suo padre. Per i giudici, infatti, le circostanze che l’uomo fosse socio di entrambe le società e prossimo congiunto dei loro amministratori sono «indizi che non sono caratterizzati da un grado di univocità, gravità e concludenza tale da far ritenere senz’altro provata l’ingerenza rilevante». La pronuncia giunge così a conclusioni opposte rispetto alla sentenza del 20 aprile del 2012 del Tribunale di Torino, che aveva riconosciuto la responsabilità dei figli-soci perché, tra l’altro, il rapporto di parentela con l’amministratore consentiva loro «di essere ben consapevoli delle dinamiche interne della società».
I giudici milanesi hanno invece riconosciuto la responsabilità della figlia, anche lei socia della Srl danneggiata e, soprattutto, amministratore unico della società destinataria della distrazione. In questa veste, la donna emise la fattura «fittizia e irregolare», dimostrando così «la sua intenzionale decisione o autorizzazione dell’operazione in qualità di socio» della Srl danneggiata.