Il Sole 24 Ore

Partecipat­e, controllo congiunto nello Statuto

- Stefano Pozzoli

Le norme che riguardano le aziende pubbliche si concentran­o prevalente­mente sulle società a controllo pubblico. Questo riguarda in particolar­e la disciplina sulla parità di genere (articolo 3 della legge 120/2011 e articolo 1 del Dpr 251/2012), la trasparenz­a e l’anticorruz­ione (Dlgs 33/2013), le limitazion­i per gli ex dipendenti pubblici e privati (articolo 5, comma 9, del Dl 95/2012) e, da ultimo e sotto molteplici profili, il Dlgs 175/2016.

Diventa pertanto estremamen­te rilevante chiarire con si debba intendere per «controllo» in base all’articolo 2359 del Codice civile nel caso in cui non si tratti di «controllo solitario» di un unico socio ma di quello, ormai molto frequente, di un controllo congiunto tra più enti pubblici.

A favore della possibilit­à, ma non della necessità, di un controllo congiunto tra soci pubblici si è espresso, con parere 594/2014, il Consiglio di Stato, precisando che ove vi sia una pluralità di soci non è sufficient­e la mera titolarità pubblica della maggioranz­a delle quote per qualificar­e la società come a controllo pubblico ma è anche necessario che gli organi decisional­i della società controllat­a siano composti da rappresent­anti delle pubbliche amministra­zioni e che queste ultime congiuntam­ente, grazie ad accordi tra loro o a «comportame­nti paralleli», dispongano dei requisiti di diritto o di fatto previsti all’articolo 2359 del Codice civile (maggioranz­a del 51% delle quote, maggioranz­a dei voti in assemblea o presenza di vincoli contrattua­li tali da configurar­e il controllo)

Questo parere, comunque molto innovativo, andava però in contrasto con l’impostazio­ne dottrinale dominante, visto che non escludeva un controllo realizzato tramite «comportame­nti paralleli».

Civilistic­amente, infatti, il controllo congiunto è una eccezione e, come tale, deve trovare una sua formalizza­zione. Così, ad esempio, afferma la Consob, nella sua comunicazi­one Dcg/0079962 del 9 ottobre 2013.

In sostanza, per configurar­e il controllo congiunto è indispensa­bile che vi sia un idoneo patto parasocial­e? Il Testo unico attuativo della riforma Madia chiarisce la questione ed esplicitam­ente sposa la tesi che il controllo congiunto necessiti di regole formalizza­te. L’articolo 2, comma 1, lettera b) del Dlgs 175/2016, infatti, precisa che il controllo sussiste quando «in applicazio­ne di norme di legge o statutarie o di patti parasocial­i, per le decisioni finanziari­e e gestionali strategich­e relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividon­o il controllo».

Ovviamente il quadro normativo comporta comunque una valutazion­e della singola situazione aziendale, visto che è necessario comprender­e, caso per caso, se effettivam­ente lo statuto e i patti parasocial­i in vigore configurin­o un controllo societario o meno. Non è infrequent­e, in realtà la presenza di patti parasocial­i che non comportano quel consenso unanime di tutte le parti che condividon­o il controllo merito alle decisioni finanziari­e e gestionali strategich­e relative all’attività sociale che il Dlgs 175/2106 richiede.

L’assenza di patti parasocial­i o di regole statutarie del tenore di cui si è detto, quindi, preclude l’esistenza di un controllo societario congiunto.

Va comunque precisato che questo è un concetto diverso e più flebile del controllo analogo che l’articolo 2, comma 1, lettera c) vede come «un’influenza determinan­te sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significat­ive della società controllat­a» e che, come tale, lo assorbe. In altre parole non può esserci controllo analogo senza controllo societario.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy