Il Sole 24 Ore

PRESCRIZIO­NE, TEMPI LEGATI ALL’IMPUGNAZIO­NE

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Una cartella, relativa a debiti verso l’agenzia delle Entrate per imposte dell’anno 2006 – Irap, Irpef, addizional­i Irpef e Iva – e notificata in maniera regolare dall’agente della riscossion­e il 15 novembre 2010, non è stata pagata. Dando per scontato che non vi siano stati atti interrutti­vi della prescrizio­ne (successive notifiche), per comprender­e meglio gli effetti della sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 23397/2016, si chiede: 1. Visto che sono trascorsi più di cinque anni dalla notifica della cartella esattorial­e, le imposte si possono ritenere prescritte, oppure la prescrizio­ne senza ulteriori eventuali atti interrutti­vi avverrà nel novembre 2020 (dopo dieci anni)? 2. Forse la prescrizio­ne quinquenna­le riguarda solo gli interessi e le sanzioni maturati sulle imposte non versate? 3. Che tipo di ricorso si deve presentare per far annullare la cartella per prescrizio­ne dal giudice tributario, escludendo l’istanza in autotutela, sempre disattesa?

G.C. – CATANIA

La Corte di cassazione, a sezioni unite, con la sentenza 23397 del 17 novembre 2016, ha precisato che, in caso di mancata impugnazio­ne della cartella di pagamento nel termine decadenzia­le di legge, il debito tributario e/o contributi­vo si prescrive nel più breve termine di cinque anni rispetto a quello ordinario di dieci anni. Se, invece, l’atto viene impugnato e su di esso si forma il giudicato, la prescrizio­ne è sempre decennale, in ragione dell’articolo 2953 del Codice civile. Ciò premesso, in base all’articolo 2938 del Codice civile, il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizio­ne. Pertanto, è opportuno che, ove notificata, il contribuen­te faccia valere, in sede di ricorso introdutti­vo avverso la successiva i ntimazione di pagamento, la prescrizio­ne mediante la formulazio­ne di uno specifico motivo.

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