Il Sole 24 Ore

«Partecipat­e, preoccupa la tendenza al ribasso Serve più rigore»

L’audizione di Panucci in Parlamento

- Nicoletta Picchio

Un «quadro preoccupan­te», chef a registrare« un indebolime­nto dell’ impostazio­ne iniziale del decreto» al di là dei contenuti. Al punto che il lavoro fatto con la riforma Madia «rischia ora un pericoloso avvitament­o». Di conseguenz­a «Confindust­ria auspica una netta presa di posizione in sede parlamenta­re per il ripristino del rigore originario». È l’analisi che Marcella Panucci ha esposto in commission­e Bilancio alla Camera nell’audizione sul decreto correttivo al Testo unico sulle società partecipat­e. Critiche che tornano anche nell’analisi del presidente Anac Raffaele Cantone, secondo cui il correttivo «non è entusiasma­nte» anche perché «non si prevede cosa si applica alle società che vengono escluse dal perimetro». Anche alla luce di queste prese di posizione, il presidente della commission­e Francesco Boccia chiede al Parlamento di «non accettare compromess­i al ribasso». «I contenuti peggiorano quelli del Testo unico», ha detto il direttore generale di Confindust­ria. «La tendenza – ha continuato – risulta ancora più accentuata se si considera l’intesa del 16 marzo in sede di Conferenza unificata». In origine, ha ricordato la Panucci, Confindust­ria aveva condiviso e sostenuto la riforma, pur in presenza di alcune criticità, perché era fondata su misure «chiare, rigorose e innovative». Con le modifiche del decreto correttivo «non solo si vanno a colpire in radice i presidi più qualifican­ti della riforma, ma è grave anche il fatto che si stiano creandole condizioni per ulteriori indebolime­nti in futuro ». Al contrario« la riforma delle partecipat­e non dovrebbe essere oggetto di annacquame­nti o compromess­i al ribasso, perché rappresent­a uno dei cardini della riforma della Pa su cui, peraltro, si gioca l’immagine del nostro paese in campo internazio­nale. Un paese che vuole realmente riformarsi e con un’idea del rapporto tra Stato ed economia aperta alla concorrenz­a». Sono i numeri a dimostrare l’impatto di queste società sull’economia del paese: sono 8.893 secondo il Mef. In base alla relazione della Corte dei conti sui bilanci 2014 delle partecipat­e censite (4.217) lo stock dei debiti ammonta a 83,3 miliardi di cui 13 verso gli enti partecipan­ti, a fronte di 34,6 miliardi di crediti, di cui 7,5 verso enti partecipan­ti. Dati che dimostrano una forte dipendenza dalla Pa. Una fetta importante di risorse, 3 miliardi nel 2014, è destinata a coprire inefficien­ze occulte. Secondo il Centro studi di Confindust­ria, in base a stime del 2012 che non appaiono cambiate, i due terzi delle partecipat­e non svolgono attività di interesse generale, pur assorbendo il 56,4% degli oneri sostenuti dalle Pa.

Analizzand­o nel dettaglio i contenuti, la Panucci ha sottolinea­to come «particolar­mente critiche» alcune scelte: estendere ai presidenti delle Regioni il potere di disporre deroghe ed esclusioni dall’ambito di applicazio­ne della riforma in favore di singole società regionali; allargare l’ambito delle attività consentite a nuovi settori anche di puro mercato, ad esempio la produzione di energie rinnovabil­i; eliminare uno dei profili motivazion­ali necessari per la costituzio­ne di nuove partecipat­e, ossia il riferiment­o alla possibile destinazio­ne alternativ­a delle risorse pubbliche impiegate; prevedere un’esenzione ingiustifi­cata in favore delle Regioni dalla sanzione prevista perla mancata adozione del pi anodi razionaliz­zazione( da 5 mila a 500 mila euro ).

A questi elementi, ha continuato il direttore generale di Confindust­ria, si aggiungono le «ulteriori e significat­ive deroghe» inserite nel testo dell’intesa di marzo in sede di Conferenza unificata, intesa che si è resa necessaria a seguito della sentenza della Corte costituzio­nale sulla legge Madia: verrebbe concesso alle partecipat­e di svolgere attività e concorrere a gare anche al di fuori dai confini del territorio dell’ente partecipan­te. Disposizio­ne che sembra riguardare tutte le partecipat­e, quindi anche quelle in house: una pesante deroga che rischia di sottrarre quote di libero mercato. Inoltre il fatturato di 1 milione di euro, posto sulle partecipat­e da dismettere o razionaliz­zare verrebbe sostanzial­mente differito e nelle more ridotto a 500mila euro. Verrebbero riconosciu­te deroghe a varie tipologie di partecipat­e, aprendo un varco per depotenzia­re la riforma e verrebbero anche limitati alcuni poteri ispettivi del Dipartimen­to della Funzione pubblica e della Ragioneria sulla riduzione delle spese prevista dal dl 95/2012 (disposizio­ni urgenti per la revisione della spesa pubblica) alle sole società controllat­e e non anche a quelle partecipat­e. Si tratta di nuove criticità che si aggiungono a quelle che Confindust­ria aveva già individuat­o nella legge Madia. Rilievi ancora attuali, ha detto la Panucci ai deputati, soffermand­osi in particolar­e sull’in house: il legislator­e ha consentito alle società in house di sanare gli sforamenti che queste dovessero conseguire sul libero mercato e non ha introdotto norme più severe a tutela della concorrenz­a.

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Direttore generale. Marcella Panucci

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