«Partecipate, preoccupa la tendenza al ribasso Serve più rigore»
L’audizione di Panucci in Parlamento
Un «quadro preoccupante», chef a registrare« un indebolimento dell’ impostazione iniziale del decreto» al di là dei contenuti. Al punto che il lavoro fatto con la riforma Madia «rischia ora un pericoloso avvitamento». Di conseguenza «Confindustria auspica una netta presa di posizione in sede parlamentare per il ripristino del rigore originario». È l’analisi che Marcella Panucci ha esposto in commissione Bilancio alla Camera nell’audizione sul decreto correttivo al Testo unico sulle società partecipate. Critiche che tornano anche nell’analisi del presidente Anac Raffaele Cantone, secondo cui il correttivo «non è entusiasmante» anche perché «non si prevede cosa si applica alle società che vengono escluse dal perimetro». Anche alla luce di queste prese di posizione, il presidente della commissione Francesco Boccia chiede al Parlamento di «non accettare compromessi al ribasso». «I contenuti peggiorano quelli del Testo unico», ha detto il direttore generale di Confindustria. «La tendenza – ha continuato – risulta ancora più accentuata se si considera l’intesa del 16 marzo in sede di Conferenza unificata». In origine, ha ricordato la Panucci, Confindustria aveva condiviso e sostenuto la riforma, pur in presenza di alcune criticità, perché era fondata su misure «chiare, rigorose e innovative». Con le modifiche del decreto correttivo «non solo si vanno a colpire in radice i presidi più qualificanti della riforma, ma è grave anche il fatto che si stiano creandole condizioni per ulteriori indebolimenti in futuro ». Al contrario« la riforma delle partecipate non dovrebbe essere oggetto di annacquamenti o compromessi al ribasso, perché rappresenta uno dei cardini della riforma della Pa su cui, peraltro, si gioca l’immagine del nostro paese in campo internazionale. Un paese che vuole realmente riformarsi e con un’idea del rapporto tra Stato ed economia aperta alla concorrenza». Sono i numeri a dimostrare l’impatto di queste società sull’economia del paese: sono 8.893 secondo il Mef. In base alla relazione della Corte dei conti sui bilanci 2014 delle partecipate censite (4.217) lo stock dei debiti ammonta a 83,3 miliardi di cui 13 verso gli enti partecipanti, a fronte di 34,6 miliardi di crediti, di cui 7,5 verso enti partecipanti. Dati che dimostrano una forte dipendenza dalla Pa. Una fetta importante di risorse, 3 miliardi nel 2014, è destinata a coprire inefficienze occulte. Secondo il Centro studi di Confindustria, in base a stime del 2012 che non appaiono cambiate, i due terzi delle partecipate non svolgono attività di interesse generale, pur assorbendo il 56,4% degli oneri sostenuti dalle Pa.
Analizzando nel dettaglio i contenuti, la Panucci ha sottolineato come «particolarmente critiche» alcune scelte: estendere ai presidenti delle Regioni il potere di disporre deroghe ed esclusioni dall’ambito di applicazione della riforma in favore di singole società regionali; allargare l’ambito delle attività consentite a nuovi settori anche di puro mercato, ad esempio la produzione di energie rinnovabili; eliminare uno dei profili motivazionali necessari per la costituzione di nuove partecipate, ossia il riferimento alla possibile destinazione alternativa delle risorse pubbliche impiegate; prevedere un’esenzione ingiustificata in favore delle Regioni dalla sanzione prevista perla mancata adozione del pi anodi razionalizzazione( da 5 mila a 500 mila euro ).
A questi elementi, ha continuato il direttore generale di Confindustria, si aggiungono le «ulteriori e significative deroghe» inserite nel testo dell’intesa di marzo in sede di Conferenza unificata, intesa che si è resa necessaria a seguito della sentenza della Corte costituzionale sulla legge Madia: verrebbe concesso alle partecipate di svolgere attività e concorrere a gare anche al di fuori dai confini del territorio dell’ente partecipante. Disposizione che sembra riguardare tutte le partecipate, quindi anche quelle in house: una pesante deroga che rischia di sottrarre quote di libero mercato. Inoltre il fatturato di 1 milione di euro, posto sulle partecipate da dismettere o razionalizzare verrebbe sostanzialmente differito e nelle more ridotto a 500mila euro. Verrebbero riconosciute deroghe a varie tipologie di partecipate, aprendo un varco per depotenziare la riforma e verrebbero anche limitati alcuni poteri ispettivi del Dipartimento della Funzione pubblica e della Ragioneria sulla riduzione delle spese prevista dal dl 95/2012 (disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica) alle sole società controllate e non anche a quelle partecipate. Si tratta di nuove criticità che si aggiungono a quelle che Confindustria aveva già individuato nella legge Madia. Rilievi ancora attuali, ha detto la Panucci ai deputati, soffermandosi in particolare sull’in house: il legislatore ha consentito alle società in house di sanare gli sforamenti che queste dovessero conseguire sul libero mercato e non ha introdotto norme più severe a tutela della concorrenza.