Il Sole 24 Ore

Pop. Vicenza e Veneto, la cura non basta

- Fabio Pavesi

Le due banche venete corrono sul filo del rasoio e lo faranno ancora per molto tempo. Il capitale (che manca) è la conditio sine qua non per la sopravvive­nza e i fari ovviamente sono oggi tutti puntati lì.

Ma gli osservator­i più attenti sannoche quello del salvataggi­o pubblico, con la ricapitali­zzazione da oltre 6 miliardi calcolata finora per ripristina­re iratio patrimonia­li perambedue, è solo il primo passo. Indispensa­bile ma che non chiude con le forti preoccupaz­ioni sul futuro. Da subito infatti occorrerà mettere mano al business delle due banche. Che mostra segni di cedimento struttural­e imponenti. L’operativit­à fa acqua da tutte le parti. Il dato più eclatante è la caduta rovinosa dei ricavi nel 2016.

Persi un terzo dei ricavi

La Popolare di Vicenza ha perso per strada solo nel 2016 il 31% dei ricavi scesi a 720 milioni. Veneto Banca ben il 37% anch’essa crollata da 1,1 miliardi di margine d’intermedia­zione a soli 721 milioni.

Èlacoda perversa della lungacrisi e della distruzion­e direputazi­one seguita all’azzerament­o dei soci. Quei 200mila soci-clienti che hanno visto andare in fumo per le gestioni disastrose targate Zonin e Consoli oltre 10 miliardi di capitale azionario. Clienti fuggiti, depositi in netto calo e quindi crediti tagliati pesantemen­te. Se scappano i depositant­i si è costretti ad approvvigi­onarsi a condizioni più onerose e soprattutt­o si è costretti a fare un potente deleveragi­ng,cioètaglia­regliimpie­ghi.Tanto per dare un’idea nel 2106 i crediti alla cliente las onoscesi peroltre 2 miliardi nella Vicenza e per oltre 4,5 miliardi a Montebellu­na. E se abbassi i volumi con i tassi così bassi, inevitabil­e il crollo del margine d’interesse.

Non solo anche la gestione finanziari­a e i ricavi da servizi sono calati pesantemen­te. Perdere un terzo e più delle entrate per una banca in un solo anno è devastante sul piano dei conti. Anche perchè sul lato dei costi si è fatto ben poco.

Costi fuori controllo

I costi operativi valgono per Vicenza il 95% del totale ricavi, mentre per Veneto banca siamo addirittur­a oltre il 120%, complice 205 milioni di oneri straordina­ri negativi. I due istituti come in un beffardo copione parallelo hanno visto l’anno scorso la loro redditivit­à annullata solo dai costi diretti. Che senso ha fare banca se quello che incassi viene assorbito tutto dalla tua normale operativit­à?

La mazzata finale poi arriva da quella voce della svalutazio­ni dei crediti malati lasciati in eredità dalla vecchie gestioni che da sole pesano per oltre una volta e mezza quei ricavi, già annullati dai costi operativi. Inevitabil­i le perdite miliardari­e per i due istituti. E c’è da farsi ben poche illusioni per il futuro, cosa di cui tutti, a partire dai nuovi vertici, hanno consapevol­ezza. Il passo delle rettifiche­sui crediti malatiche superano per ciascuna delle due banche il miliardo di euro non conoscerà anche nel 2017 soste o pause particolar­i. C’è la Bce all’opera sulla revisione del portafogli­o crediti e parte degli incagli maturerann­o a sofferenze e in ogni caso l’alto livello dei crediti deteriorat­i non promette una decelerazi­one delle svalutazio­ni anche in futuro. E così il sentiero diventa molto stretto.

Cura difficile

O il recupero della fiducia per le due banche, messe in sicurezza sul capitale permetterà di veder risalire i ricavi oppure la scure dovrà agire pesantemen­te sui costi. Mentre per i ricavi si tratta di una scommessa tutta sulla carta, sui costi la mano tocca ai nuovi vertici. Non si vuole fare macelleria sociale, dicono tutti in coro. Ma difficile pensare che con una struttura di cost/income così fuori equilibrio non si provveda a un intervento pesante. Si spera, anche per non infliggere altre ferite al territorio, che non siano solo sportelli ed esuberi a fare la parte del Leone della cura, ma si metta mano alle inefficien­ze gestionali. Che di sicuro sono molte.

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