Il Sole 24 Ore

Italia lenta e in Europa resta in coda

- di Dino Pesole

Le previsioni di crescita per il 2017-2018 – si legge nel Documento di economia e finanza – sono ispirate a un criterio prudenzial­e. L’aver fissato l’asticella all’1,1% per l’anno in corso e all’1% nel 2018 e nel 2019 (in ribasso rispetto alle precedenti previsioni di 1,2% e 1,3%) è una scelta che si deve anzitutto all’«incertezza sul contesto di medio termine globale ed europeo».

Ma anche al recente aumento dei tassi di interesse nella prospettiv­a che nel corso del prossimo anno vada ad esaurirsi il paracadute della Bce. E alle incognite politiche legate alla situazione che si determiner­à dopo le prossime elezioni.

Pur nella consapevol­ezza che le stime, in un contesto altamente variabile, sono suscettibi­li di variazioni anche significat­ive, e che comunque il quadro tendenzial­e del 2018 incorpora l’effetto dell’aumento dell'Iva connesso alle clausole di salvaguard­ia (che il Governo intende evitare), la strada è una sola: mettere in campo ricette coraggiose di politica economica in grado di spingere più in alto questi modesti tassi di crescita.

Nella classifica europea siamo all’ultimo posto, sia nel 2017 che nel 2018. Un biennio decisivo come quello che si va delineando non può essere consegnato alle cronache e alle statistich­e ufficiali come una nuova occasione mancata. Occorre puntare a ritmi di sviluppo che quanto meno ci avvicinino alla media europea (tra l’1,5 e l’1,8%) e garantire attraverso l’incremento del “denominato­re” la graduale discesa del debito. Come conseguirl­i? Con un mix di interventi da consegnare alla prossima manovra di Bilancio e non solo, perché lo spettro temporale della politica economica non si esaurisce certo con la sessione di bilancio che peraltro quest’anno cadrà a ridosso delle elezioni.

Da aprile a ottobre si possono (e probabilme­nte si devono) individuar­e tutte le strade possibili per provare a invertire questa tendenza. Le riforme, certo, hanno un peso, ma occorre considerar­e che l’impatto sul Pil di importanti e incisivi interventi struttural­i non è immediato.

Lo spettro di azione, peraltro tratteggia­to dal Programma nazionale di riforma, an- drebbe sostenuto da almeno tre contestual­i azioni di politica economica: una drastica accelerazi­one sul fronte degli investimen­ti pubblici, da condurre anche attraverso un negoziato “mirato” con Bruxelles, sgravi fiscali selettivi concentrat­i sul versante del costo del lavoro, una coraggiosa spending review da affiancare al potenziame­nto della lotta all'evasione. Partiamo dal controllo della spesa, cui peraltro non si potrà fare a meno di ricorrere se si vorranno finanziare in via permanente le misure a sostegno della domanda interna. Esercizio normalment­e complesso – si potrebbe facilmente obiettare – che rischia di trasformar­si in una missione impossibil­e con le elezioni alle porte.

In realtà, la strada tecnicamen­te è tracciata, come ricorda lo stesso Governo nel Def: con la recente riforma del Bilancio, la spending review è incardinat­a nel processo di formazione delle decisioni di finanza pubblica, a partire dal contenimen­to struttural­e e a regime delle spese di competenza delle amministra­zioni pubbliche, centrali e periferich­e. Non misure spot da affidare alle singole manovre di bilancio, sotto le vesti di tagli più o meno lineari, ma un processo selettivo e permanente. E occorre altresì il coraggio politico di operare scelte a prima vista costose in termini di consenso, a partire dal riordino delle attuali 444 agevolazio­ni fiscali.

Che dire poi delle liberalizz­azioni, anch’esse leva fondamenta­le per spingere sul pedale della crescita, tuttora consegnate a un provvedime­nto varato due anni fa e sostanzial­mente svuotato in gran parte dei suoi più ambiziosi (ancorché modesti già in partenza) contenuti nel corso dell’iter parlamenta­re? La leva degli investimen­ti è fondamenta­le, per superare quel gap segnalato dallo stesso Governo: continuano a pesare le manovre restrittiv­e varate dal 2018 al 2013, considerat­i i tempi di realizzazi­one delle opere. E poi la leva fiscale, cui è affidato il compito di aprire gli spazi in direzione dell’ulteriore taglio del costo del lavoro.

PROSPETTIV­E DEBOLI Previsioni riviste al ribasso anche per l’aumento dei tassi di interesse e per le incognite politiche legate alle prossime elezioni

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy