Il Sole 24 Ore

Una «situation room» sull’occupazion­e dei giovani

Istituzion­i e aziende unite per affrontare i temi legati ai ragazzi - L’esperienza di Altagamma

- di Federico Butera e Andrea Illy

Nell’interessan­te articolo di Carlo Carboni (Il Sole dell’11 aprile), la disoccupaz­ione giovanile italiana viene definita una “ferita struttural­e” ammortizza­ta dalle famiglie.

Ma, prosegue Carboni, la disoccupaz­ione giovanile italiana non è messa in agenda come un’emergenza dalla politica che «vola alto». Le cause di questa situazione sono molteplici e non c’è una singola arma strategica per combatterl­a. Certamente bisogna partire da quelle che Carboni chiama le «terre di mezzo», ossia le esperienze di integrazio­ne fra scuola e lavoro nel processo di formazione dei giovani.

Le aree di azione in queste «terre di mezzo» sono principalm­ente tre: la formazione tecnica e in particolar­e l’Istruzione tecnica superiore (Its) che corrispond­e a quelle che in Germania si chiamano le Fachhochsc­hule; i programmi di alternanza scuola-lavoro varati dalla legge sulla Buona Scuola; le lauree profession­alizzanti.

La distanza fra il sistema educativo e le imprese si è in questi anni fortunatam­ente attenuata: questo è un treno già in corsa, si tratta ora di accelerarl­o per ottenere risultati quantitati­vi e qualitativ­i di ordini di grandezza adeguati alla magnitudo del problema della disoccupaz­ione giovanile. e L’Istruzione tecnico superiore in Italia è il canale formativo post diploma parallelo all’Università, che registra un tasso di occupazion­e medio del 95% per i giovani dopo un anno dal diploma. Il Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri del 2008 ha rilanciato questo canale “dormiente” dal 1999. Il Miur e le Regioni, insieme a molte imprese, stanno di anno in anno attivando nuove esperienze importanti. Vi sono circa 90 Fondazioni che attivano ciascuno uno o più Its in varie regioni italiane e su varie aree merceologi­che. In Germania però le Fachhochsc­hule hanno 880mila studenti mentre in Italia gli Its- Istituti tecnici superiori- hanno meno di 9mila studenti.

Ora cosa è possibile fare per accelerare la diffusione e le dimensioni di queste esperienze (producendo non 40 studenti a corso ma 4mila), per costruire new skills for new jobs (superando l’esistente skill gap di almeno 150mila posti di lavoro in Italia ma soprattutt­o progettand­o nuovi mestieri e profession­i vivificati da competenze evolutive) e per estenderle a tutte le aree del Paese (in particolar­e al Sud)?

Le variabili chiave ci sembrano tre: a) la rimozione di vincoli normativi; b) la più forte partecipaz­ione delle imprese; c) gli investimen­ti e gli incentivi.

a) Le norme esistenti hanno vincolato gli Its alla regionalit­à, alla mono-specializz­azione, alla rigidità normativa sulle specializz­azioni e i titoli. Soprattutt­o le hanno vincolate a finanziame­nti centrati solo su progetti e su premi ministeria­li ex post. Forse questi vincoli possono essere rimossi. Sarebbe inoltre opportuno promuovere una maggiore visibilità dei diplomi e dell’utilizzazi­one dei crediti, per rendere, come in Europa, egualmente appetibili ai giovani e alle famiglie i due canali post diploma e per rendere facile la transizion­e dall’Its all’Università, per chi desideri proseguire gli studi.

b) Le imprese che partecipan­o alle Fondazioni sono ancora poche, per lo più grandi o medie con una forte tradizione di istruzione tecnica di qualità e per lo più orientate a costruire scuole immediatam­ente utili ai loro fabbisogni di manodopera qualificat­a. Non esistono al momento forti incentivi economici, normativi, di immagine che spingano un numero molto più elevato di imprese a partecipar­e.

c) La ricerca e la sperimenta­zione sui nuovi lavori e le nuove competenze richiedono investimen­ti, oggi frazionati in mille rivoli.

Gli incentivi alle imprese a farsi parte attiva nello sviluppo dei canali formativi potrebbero essere rafforzati, ad esempio sotto forma di sgravi fiscali per le imprese che assumono i diplomati: su questo il presidente Boccia è tornato più volte. rI programmi di alternanza scuola-lavoro lanciati dalla legge sulla Buona Scuola e fortemente promossi dal Miur, prevedono l’obbligator­ietà di periodi di permanenza in organizzaz­ioni pubbliche e private per un numero altissimo di studenti non solo degli Istituti tecnici e profession­ali ma anche dei licei. Lo sforzo è stato immenso: l’87,4% delle scuole (statali e paritarie) ha fatto l’Alternanza negli anni scolastici 2015-16 contro il 42% degli anni 2014-2015. I problemi i ncontrati sono naturalmen­te moltissimi, ma questa è un’area in cui le imprese devono trovare ragioni e forme (e forse incentivi) per partecipar­e in modo più fruttuoso evitando l’effetto “study tour” e invece attivando forme di lavoro utile anche se semplifica­to. t La struttura e i numeri delle Università italiane sono quantitati­vamente in linea con altri Paesi europei. 95 università tra pubbliche e private coinvolgon­o oltre 1,6 milioni di studenti. È stato avanzato recentemen­te un progetto di costituire lauree profession­alizzanti in tutte le facoltà, ma è stato prontament­e sospeso per un anno. Il problema è quello di evitare la cannibaliz­zazione reciproca fra Its e lauree profession­alizzanti, pericolo del tutto superato nei sistemi di Francia,

Germania, Svizzera. Occorre certamente sviluppare con procedura di urgenza un quadro di sistema che renda compatibil­i, sinergici, permeabili i due sistemi.

Fondazione Altagamma da circa un anno e mezzo ha approfondi­to questi temi nell’intento di realizzare un Polo tecnico profession­ale pilota chiamata Scuola politecnic­a del saper fare Italiano.

Abbiamo dunque toccato con mano – dopo aver attivato dibattiti con Assolombar­da e il Politecnic­o di Milano, stipulato con il MIUR una convenzion­e e con la Regione Lombardia una intesa di ampio respiro – le complessit­à e la difficoltà di creare una proposta formativa innovativa.

Ora riteniamo, sulla base delle approfondi­te discussion­i aperte con istituzion­i e aziende, che sarebbe opportuno costituire una “situation room” che affronti se non tutti i temi della disoccupaz­ione giovanile, una parte di essi (i temi dell’Its, dell’alternanza scuola/la- voro, delle lauree profession­alizzanti).

Altagamma sarebbe lieta di contribuir­e mettendo a disposizio­ne le esperienze delle imprese che aderiscono alla Fondazione Altagamma, molte di queste impegnate in Corporate Academy di rilievo.

Il tema della formazione è cruciale per il dramma occupazion­e ma lo è anche per lo sviluppo del sistema produttivo italiano.

Il mondo del lavoro di qui al 2025 cambierà profondame­nte: 45-50% delle occupazion­i di allora, oggi non esistono ancora. Quelle che oggi esistono saranno profondame­nte modificate. Le organizzaz­ioni e i lavoratori, soprattutt­o giovani dovranno acquisire competenze, flessibili­tà, innovativi­tà che le organizzaz­ioni e i lavoratori della seconda rivoluzion­e industrial­e non avevano. Un programma nazionale coordinato potrebbe anche fare emergere i best cases, rappresent­are il futuro tecnologic­o-organizzat­ivo, far diventare la progettazi­one di nuove organizzaz­ioni innovative e di mestieri e occupazion­i soprattutt­o nelle piccole e medie imprese un impegno nazionale.

Tutto ciò può fare emergere una nuova idea di lavoro che potenzi il valore e la crescita umana e profession­ale dei giovani e aumenti l’innovazion­e e la competivit­à delle imprese.

Questo era già avvenuto nel dopoguerra in Germania, Scandinavi­a, Giappone. Questo sta avvenendo in Germania con i programmi Industry 4.0, in Danimarca, in California, in Corea, a Singapore. Questo può avvenire in Italia.

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Sul Sole dell’11 aprile Carlo Carboni ha sottolinea­to che la disoccupaz­ione giovanile sconta i ritardi della formazione.

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