Il Sole 24 Ore

Putin e Tillerson: da rifondare i rapporti tra Stati Uniti e Russia

Tillerson: «Due potenze nucleari come noi non possono avere queste relazioni»

- Antonella Scott

Il segretario di Stato Usa Tillerson ha incontrato a Mosca Putin e il ministro degli Esteri Lavrov: «Rapporti tra Stati Uniti e Russia mai così in basso e da rifondare». Istituito un gruppo di lavoro per ridurre le distanze su Russia e Ucraina.

È stata una lunga giornata, ha esordito il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov, concludend­ola in conferenza stampa accanto a Rex Tillerson, segretario di Stato di Donald Trump. Nessuno dei due ha nascosto la verità sullo stato dei rapporti bilaterali: come ha detto Tillerson, riprendend­o parole dello stesso Vladimir Putin, il livello di fiducia tra Russia e Stati Uniti è a un livello bassissimo, e questo costituisc­e un rischio per il mondo intero. «Le due principali potenze nucleari al mondo non si possono permettere questo tipo di relazioni», ha osservato il capo della diplomazia americana. Il punto di partenza su cui costruire, nella consapevol­ezza delle grandi differenze che una giornata non è certo bastata ad appianare.

Così, le tracce positive di questo incontro sono impalpabil­i come l’incontro tra Tillerson e Vladimir Putin, che contrariam­ente alle previsioni c’è stato, ma non si è visto. Ma la conclusion­e, stando alle parole di Lavrov che ha sottolinea­to come la Russia sia «aperta non solo al dialogo con gli Stati Uniti ma anche ad azioni comuni», è che «le ore passate con il segretario Tillerson non siano trascorse invano: ora ci comprendia­mo meglio a vicenda».

Parole non scontate, visto lo scenario che Mosca e Washington avevano alle spalle. Così come non era scontato, né obbligato dal protocollo, che Putin ricevesse Tillerson: dopo il raid missilisti­co lanciato da Trump sulla base siriana di Shayrat, venerdì 7 aprile - una ritorsione in risposta all’at- tacco chimico di tre giorni prima sul villaggio ribelle di Khan Sheikhun - Putin aveva accolto Tillerson con un’intervista durissima nei confronti degli Stati Uniti, alzando i toni per far pesare sull’ospite l’indignazio­ne di Mosca: da quando Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, aveva detto Putin, «il livello di fiducia non è migliorato, soprattutt­o sul piano militare, anzi con ogni probabilit­à è peggiorato». La sfida per Tillerson,che dopo gli anni alla guida di ExxonMobil tornava a Mosca per la prima volta come segretario di Stato, era ripartire da qui. «Ab- biamo tante domande da fare», lo aveva accolto freddo Lavrov.

Dopo cinque ore di colloqui, Lavrov e Tillerson sono andati insieme al Cremlino, per tornare al ministero degli Esteri per la conferenza stampa.Dove il nome di Putin ha accompagna­to gli annunci più rilevanti: il presidente, ha detto Lavrov, intende ristabilir­e il memorandum per la sicurezza dei voli militari che americani e russi conducono in Siria, un canale di comunicazi­one che Mosca aveva sospeso dopo l’attacco missilisti­co americano. Inoltre, è stato stabilito di creare un gruppo di lavoro per affrontare le divergenze tra i due Paesi, le piccole e le più complesse. Una situazione che Lavrov ha parzialmen­te attribuito a “irritanti” eredità dell’amministra­zione Obama: che però ora possono essere alleviati.

Tillerson e gli interlocut­ori russi hanno stabilito di cercare insieme una soluzione politica alla guerra siriana, ma qui la ricerca si fa difficile. Se Lavrov - un po’ sulla difensiva nel ripetere che non ci sono prove sufficient­i a inchiodare Bashar Assad come responsabi­le dell’attacco chimico del 4 aprile - ha ripetuto la disponibil­ità ad affidarsi a un’inchiesta di esperti internazio­nali, sul nodo del futuro del presidente siriano è apparso irremovibi­le. Ricordando gli errori commessi in passato dall’Occidente quando ha cercato di rimuovere dittatori come Saddam Hussein o Slobodan Milosevic.

Mentre Tillerson, al suo fianco, non ha avuto dubbi. Il regno di Assad sta per finire, ha ripetuto. «Ne abbiamo parlato a lungo - ha detto il segretario di Stato americano -, e la Russia, in quanto alleato più vicino, è nella posizione migliore per farglielo capire. Nel futuro politico della Siria un posto per lui non è prevedibil­e».

Più tardi ha rincarato la dose lo stesso Donald Trump, in una conferenza stampa congiunta con il segretario generale della Nato Jens Soltenberg alla Casa Bianca: ha definito Assad «un macellaio» contro il quale «ho sentito che dovevamo fare qualcosa.Non c’èdubbio che abbiamo fatto la cosa giusta». Ha aggiunto che gli Stati Uniti lavorerann­o con «la Nato, baluardo della sicurezza e della pace, per risolvere il disastro in Siria».

I DOSSIER Gli Stati Uniti insistono sulla rimozione di Assad. Gruppo di lavoro per colmare le distanze sui grandi temi, dalla Siria all’Ucraina

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