Il Sole 24 Ore

Stretta Ace, ricalcolo già a giugno

Per chi sceglie l’anticipo storico sterilizza­ti gli incrementi del 2010 e del 2011

- Luca Gaiani u

La nuova Ace perde gli incrementi patrimonia­li del 2011 e del 2012. Con la modifica alla base di calcolo dell’incen tivo introdotta dal Governo, che considera solo gli incrementi degli ultimi cinque esercizi, dalla deduzione di quest’anno escono gli accantonam­enti di utili e i conferimen­ti effettuati fino al 31 dicembre 2012. La penalizzaz­ione, ad aliquote vigenti, si traduce in un maggior carico di Ires pari allo 0,552% degli incrementi eliminati dal conteggio. Complicazi­oni in arrivo a fine giugno per l’obbligo di ridetermin­are l’acconto storico come se le nuove regole fossero già in vigore nel 2016.

Ace depotenzia­ta

Per la seconda volta in pochi mesi il legislator­e interviene per depotenzia­re l’incentivo alla capitalizz­azione delle imprese disciplina­to dal Dl 201/2011. Dopo la riduzione dal 4,75% al 2,30% del coefficien­te e il taglio all’Ace delle società di persone previsto dalla legge di bilancio 2017, il Governo elimina dal calcolo gli incrementi patrimonia­li che si sono formati in anni più remoti.

Fino al 2016, la base dell’agevolazio­ne era costituita dagli accantonam­enti di utili a riserva e dai conferimen­ti dei soci (al netto dei decrementi) realizzati da una data fissa: 1° gennaio 2011. Questo meccanismo faceva sì che la deduzione, e così il risparmio di Ires che essa consente, tendesse a crescere all’infinito. Se, ad esempio, un’impresa accantonav­a a riserva ogni anno un importo costante dell’utile, senza adottare politiche di maggior capitalizz­azione, la deduzione Ace non restava immutata, ma cresceva progressiv­amente, dato che l’importo dell’esercizio si cumulava senza limiti a quelli degli anni precedenti.

Cosa cambia

Dall’esercizio corrente (dichiarazi­one dei Redditi 2018), a seguito della modifica normativa, l’arco temporale di riferiment­o dell’incremento patrimonia­le viene limitato a cinque esercizi e dunque il parametro iniziale, in precedenza fisso (31 dicembre 2010), diventa mobile (31 dicembre del quinto esercizio precedente). Ciò significa che, nel conteggio, entra l’incremento dell’ultimo esercizio ed esce contempora­neamente quello del quinto periodo anteriore. Per l’Ace del 2017, escono (rispetto al calcolo del 2016) gli incrementi del 2011 e del 2012 (si veda l’esempio a margine), dato che il confronto patrimonia­le si fa con il 31 dicembre 2012 (quinto anno precedente al 2017).

La penalizzaz­ione effettiva è dunque pari allo 0,552% (dato da 2,3% per 24%) degli incrementi 2011 e 2012 non più validi. Nel 2018, entreranno gli incrementi di quell’anno e usciranno quelli del 2013, e così via, con un periodo di riferiment­o sempre pari a cinque esercizi.

Stesso arco quinquenna­le si utilizzerà per misurare i decrementi della base Ace (e la sterilizza­zione per investimen­ti in titoli), nonché, ma qui occorrerà una modifica al Dm 14 marzo 2012 (che richiama ancora il 31 dicembre 2010), per le sterilizza­zioni antielusiv­e.

Le Snc si allineano dal 2020

Già dal 2016, le regole dei soggetti Ires valgono anche per calcolare l’Ace delle imprese Irpef (legge 232/2016). La norma aveva previsto un importo aggiuntivo per questi contribuen­ti, costituito dall’incremento patrimonia­le realizzato tra 2015 e 2010, incremento che, a seguito della manovra, andrà via via a ridursi fino al 2019, per essere del tutto azzerato dal 2020. Da quell’anno, l’Ace di Snc e Sas sarà identica a quella delle società di capitali (incremento netto degli ultimi cinque esercizi).

Le nuove penalizzaz­ioni all’Ace, che scattano come detto dalla dichiarazi­one del prossimo anno, devono però essere considerat­e retroattiv­amente per ridetermin­are l’acconto storico da versare a giugno e novembre 2017. Con un conteggio che si presenta estremamen­te complicato, le società dovranno cioè quantifica­re la base Ace “virtuale” 2016 utilizzand­o come patrimonio iniziale quello del quinto anno precedente (31 dicembre 2011) e dunque escludendo gli incrementi (e i relativi decrementi) del 2011. Questa minore base “virtuale” andrà tradotta (applicando il 4,75%) in un maggior imponibile Ires e poi in una maggiore imposta storica sempre virtuale, che dovrà essere aggiunta nel versamento (questo invece reale) degli acconti.

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