Il Sole 24 Ore

Evasione Iva, stretta anche sui profession­isti

Split payment esteso alle «consulenze» nei confronti della Pa e delle società pubbliche

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

Anche i profession­isti dovranno fare i conti con le fatture al netto dell’Iva quando lavorerann­o con la Pubblica amministra­zione, con le società pubbliche e con le quotate. Questa, almeno, è l’indicazion­e delle regole a cui hanno lavorato al ministero dell’Economia per la manovra correttiva da 3,4 miliardi. Manovra, va detto, approvata dal consiglio dei ministri martedì sera, ma con una formula «salvo intese» che lascia aperte ulteriori limature e correzioni tecniche: anche ieri, a Palazzo Chigi il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan e la sottosegre­taria alla Presidenza Maria Elena Boschi hanno tenuto una riunione con i tecnici per definire il testo.

Ma partiamo dall’inizio. Protagonis­ta del capitolo fiscale della manovrina, soprattutt­o dopo il tramonto dell’ipotesi di intervenir­e sulle accise dei carburanti, è lo «split payment», cioè la scissione contabile che dal 2015 ha imposto alla Pubblica amministra­zione di pagare ai fornitori l’importo dovuto al netto dell’Iva, girata direttamen­te all’Erario per evitare il rischio evasione. Finora una norma, scritta all’articolo 17-ter, comma 2 del decreto Iva (è il Dpr 673/1972, ma l’articolo 17-ter è stato introdotto dalla manovra 2015), escludeva dalla scissione contabile i «compensi per prestazion­i di servizi assoggetta­ti a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito»: in altre parole, le parcelle dei profession­isti.

Anche loro, però, vengono ora imbarcati nella lotta all’evasione Iva, almeno se gli schemi esaminati in consiglio dei ministri saranno confermati nel testo definitivo del decreto attesa dal Parlamento. In pratica, il commercial­ista che si occupa della revisione dei conti in un ente pubblico oppure l’avvocato che fornisce consulenza legale, così come l’ingegnere che firma un progetto saranno pagati al netto dell’Iva. La prospettiv­a non piace ai diretti interessat­i, come spiega il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercial­isti e degli esperti contabili Massimo Miani: «I profession­isti sono stati esclusi dallo split essendo già soggetti a ritenuta all’atto dell’incasso delle fatture - spiega - e non c’è ragione per non confermare questa esclusione».

Naturalmen­te tutto questo succederà una volta pubblicato ed entrato in vigore il decreto, che però attua anche una seconda mossa allargando di parecchio l’ambito di applicazio­ne di questa scissione contabile. I profession­isti, così come tutti gli altri fornitori di beni e servizi, vedranno tolta l’Iva dalle loro fatture non solo quando lavorano con gli enti pubblici, ma anche con tutti gli altri soggetti che saranno coinvolti in questo «split payment 2.0». Il meccanismo, prima di tutto, sarà esteso a tutte le società controllat­e dalle Pa, centrali o locali, in via diretta o indiretta. Si tratta di un panorama che include svariate migliaia di soggetti, ma non abbraccia tutto l’universo delle società partecipat­e perché, salvo eccezioni, quando la maggioranz­a del capitale sociale è in mano ai privati in genere lo split payment non scatterebb­e. A definire il perimetro delle società controllat­e aiuta infatti il Codice civile, che all’articolo 2359 che fissa come primo parametro per individuar­e una situazione di controllo quella in cui «le società in cui un’altra società dispone della maggioranz­a dei voti esercitabi­li nell’assemblea ordinaria».

Attenzione, però, perché nelle regole elaborate dal dipartimen­to Finanze lo split payment nuovo modello si allarga oltre i confini del pubblico, per abbracciar­e le società quotate in Borsa: l’ultima ipotesi, a quanto si apprende, sarebbe limitata all’indice Ftse Mib, cioè quello che comprende le 40 società più grandi di Piazza Affari, ma con la possibilit­à che un decreto dell’Economia individui un indice alternativ­o. Anche in questo caso, lo split payment previsto per la società “madre” si estendereb­be anche ai rapporti commercial­i con le aziende controllat­e.

L’allargamen­to dello split payment, come è evidente, risponde a un obiettivo duplice: attuare la correzione dei conti senza aprire un capitolo corposo di «nuove tasse», politicame­nte delicato, e spingere sulla lotta all’evasione utilizzand­o uno strumento che ha dato buona prova di sé visto con gli occhi dei conti pubblici: prova tradotta nelle cifre indicate la scorsa settimana alla commission­e Finanze della Camera dalla direttrice dell’agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, secondo cui lo split payment (naturalmen­te nella versione originaria) ha permesso di ridurre l’evasione Iva di 2,5 miliardi nel 2015, e di un miliardo ulteriore nel 2016. Dal nuovo sistema, secondo le stime circolate in questi giorni, dovrebbero arrivare 1,2-1,3 miliardi quest’anno, e qualcosa di più dal prossimo quando sarà applicato a tutti i 12 mesi. Naturalmen­te per funzionare davvero le nuove regole dovranno colpire solo l’evasione effettiva, accompagna­ndosi con una messa a regime del sistema dei rimborsi mentre la manovrina prevede anche una nuova stretta sulle compensazi­oni.

Questo nuovo split, comunque, permettere­bbe di ridurre ma non di cancellare l’aumento diretto di qualche tassa. In campo resta il mini-ritocco delle accise sui tabacchi (120-150 milioni) e un più sostanzios­o pacchetto giochi: ipotesi, questa, che «rischia di far scomparire un intero settore» secondo Acadi e Sistema gioco Italia, le organizzaz­ioni che rappresent­ano il comparto in Confindust­ria.

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