I supercomputer entrano in fabbrica
Bologna punta sul «deep learning» per creare risposte nuove da big data e IoT
C’è una nuova rivoluzione che bussa alle porte delle imprese: quella del deep learning. Il campo dell’intelligenza artificiale capace di trasformare il mondo dell’Industria 4.0 - tra big data, digitale e IoT - in surplus di conoscenza e di competitività e quindi in valore aggiunto per l’azienda e per il cliente. Un settore stimato a livello globale in almeno 46 miliardi di dollari nel 2020 (quattro volte il valore attuale) e dove la domanda di esperti data scientist supera di dieci volte l’offerta universitaria.
E non si pensi a fabbriche abitate da robot umanoidi. Si parla di chip e supercomputer in grado di elaborare a velocità record moli di dati inaffrontabili per la mente umana e di trasformarli, grazie ad algoritmi autoapprendenti (capaci di migliorare automaticamente le performance at- traverso l’esperienza), in soluzioni a errori e a problemi e in capacità gestionale e predittiva, con una qualità e una precisione superiori – ahinoi - alle capacità dell’homo sapiens.
Dalla macchina “istruita” che rileva e determina la causa di un difetto nella saldatura di una carrozzeria alle “guardie” artificiali
in grado di riconoscere identità di persone e suoni e attivare sistemi di sicurezza. Temi trattati ieri a Bologna in occasione del convegno “Intelligenza artificiale: dall’università alle aziende. La rivoluzione del deep learning”, organizzato da Alma Mater con Nvidia, E4 e IBM, che ha raccolto oltre 320 iscritti (per lo più mana- ger d’impresa) a fronte dei 240 posti disponibili in sala. A conferma di un interesse altissimo per un tema che sta iniziando solo ora il suo processo di industrializzazione e in cui la via Emilia ha titolo per definirsi la silicon valley italiana. Perché qui si concentra il 70% della capacità di calcolo del Paese e perché qui il Cineca (Consorzio interuniversitario no profit) metterà a disposizione a settembre la più grande macchina di intelligenza artificiale in Italia, “Davide”. Un prototipo che mira a entrare in commercio per permettere all’industria italiana di lavorare alla velocità dei petaflop (milione di miliardi di operazioni al secondo), cofinanziato dall’Ue e studiato da Cineca assieme all’ateneo di Bologna; alla società reggiana di infrastrutture hardware E4; al “big blue” dell’informatica IBM e a Nvidia, il colosso californiano di processori grafici, i GPU.
«Di intelligenza artificiale si è iniziato a parlare negli anni 50 ma l’esplosione delle potenzialità tecnologiche a livello industriale è iniziata solo nel 2013 con la nascita del termine deep learning. Ossia quando i ricercatori americani e canadesi hanno applicato la vecchia idea della rete neurale profonda a due fenomeni recenti: dataset già classificati di dimensioni enormi e di alta qualità, grazie a Facebook e Google, con cui istruire le macchine; e potenza di calcolo con velocità e banda impensabili 50 anni fa», spiega Luca Benini, professore di Elettronica dell’Università di Bologna. I sistemi di visione artificiale, di comprensione e traduzione del linguaggio naturale sono le prime risposte industriali, automotive e finanza i settori più all’avanguardia, ma è nella realtà 4.0 che si aprono potenzialità enormi, perché i colossi mondiali dell’It hanno messo a disposizione di tutti sul web reti neurali già istruite e tool informatici: un capitale open da cui partire per studiare soluzioni verticali a misura di Pmi. Che devono mettere a budget almeno 30-50mila euro per un primo “proof of concept” di intelligenza artificiale in fabbrica.