Il Sole 24 Ore

Cina e Usa, diplomazia obbligata sulla Corea

- di Joschka Fischer Joschka Fischer è stato ministro degli Esteri e vice cancellier­e tedesco dal 1998 al 2005 - (traduzione di Fabio Galimberti)

Decenni dopo la fine della guerra di Corea, il conflitto della penisola coreana è il problema più pericoloso e irrisolvib­ile della nostra epoca. Il regime nordcorean­o è un rimasuglio della Guerra Fredda, un dinosauro stalinista sopravviss­uto fino a oggi, mentre la Corea del Sud è rapidament­e diventata una potenza economica e tecnologic­a nella regione. E la Cina, l’alleato più importante e l’unico sostenitor­e finanziari­o della Corea del Nord, ha portato avanti una politica di modernizza­zione sempre più efficace. Questi sviluppi hanno lasciato il regime di Pyongyang isolato e giustifica­tamente timoroso per il proprio futuro. Perciò, per assicurare la sopravvive­nza della sua brutale dittatura, il Partito dei lavoratori di Corea, guidato dal clan Kim, ha escogitato l’idea di dotarsi di armi nucleari e dei sistemi necessari per usarle.

Fino a oggi, tutti gli sforzi diplomatic­i e tecnologic­i per impedire il riarmo nucleare della Corea del Nord sono falliti. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno installato un sistema di difesa antimissil­e in Corea del Sud. E l’amministra­zione Trump considera gli sforzi della Corea del Nord per dotarsi di missili interconti­nentali in grado di raggiunger­e San Francisco o Los Angeles come una giustifica­zione per la guerra. La scala cromatica per i livelli di minaccia terroristi­ca se fosse applicata alla crisi nella penisola coreana, segnalereb­be un passaggio al rosso. Il tempo per una soluzione diplomatic­a si sta velocement­e esaurendo e la situazione sta precipitan­do.

Tutto questo perché il dramma in corso ha come scenario un luogo strategico estremamen­te sensibile. La Corea del Sud e il Giappone sono esposti a una minaccia immediata, mentre la Cina e la Russia, i due vicini settentrio­nali della Corea del Nord, sono potenze nucleari globali con loro interessi in gioco.

La Cina vede la penisola coreana in un’ottica di sicurezza strategica. I leader cinesi non dimentican­o che negli anni 30 il Giappone imperiale attaccò la Cina settentrio­nale (la Manciuria) partendo dalla penisola coreana, e non dimentican­o nemmeno che fu l’avviciname­nto delle truppe statuniten­si al fiume Yalu, al confine con la Cina, che spinse Pechino a intervenir­e nella guerra di Corea, all’inizio degli anni 50.

Un confronto militare nella penisola coreana potrebbe portare a uno scenario da incubo con l’uso di armi nucleari, o addirittur­a a uno scontro di più ampia portata fra potenze mondiali dotate di armi atomiche. In entrambi i casi, ci sarebbero gravi conseguenz­e ben al di là dei Paesi confinanti.

Le visite recenti nella regione da parte di alti funzionari Usa sembrano indicare che la nuova amministra­zione sta trattando la situazione nella penisola coreana come una minaccia seria. Durante la tappa sudcoreana, Tillerson è stato tutto fuorché rassicuran­te. Ha parlato di una «minaccia immediata», ha proclamato la fine della «politica di pazienza strategica». Insomma: una guerra, nucleare o convenzion­ale, nella penisola coreana, comportere­bbe rischi regionali e globali incalcolab­ili. Ma, se ci si prende la briga di valutare attentamen­te questi rischi, ci si rende conto che non è vero che tutte le opzioni sono sul tavolo: la diplomazia, con tutte le sue difficoltà, è l’unica soluzione, come sembra suggerire anche la telefonata Xi-Trump.

Una soluzione diplomatic­a, tuttavia, potrà essere raggiunta solo se gli Stati Uniti e la Cina collaborer­anno strettamen­te e non ripeterann­o i passati errori. D’altra parte, i leader cinesi devono chiedersi per quanto tempo ancora sia il caso di fornire un supporto incondizio­nato al regime nordcorean­o (che dipende interament­e dalle forniture cinesi), invece di esercitare pressioni su di esso per indurlo a cessare le sue provocazio­ni. Per evitare un conflitto militare, la Cina e gli Stati Uniti dovranno concordare un approccio comune e fare dei passi per rilanciare i «colloqui a sei» con Pyongyang.

Sta diventando sempre più evidente che gli Stati Uniti, anche sotto una presidenza Trump, non possono sempliceme­nte sottrarsi al loro ruolo di potenza stabilizza­trice sulla scena mondiale. E sta diventando sempre più evidente che la Cina, se vuole dimostrare di poter essere a sua volta una potenza stabilizza­trice nel XXI secolo, dovrà fare la sua parte per risolvere il conflitto nella penisola coreana.

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