Il Sole 24 Ore

Incognita populismo sulla crescita

Solo un rapido aumento del Pil globale può scongiurar­e il malcontent­o

- di Kenneth Rogoff Kenneth Rogoff è professore di Economia ad Harvard (Traduzione di Francesca Novajra)

Dopo nove anni di cupe previsioni al ribasso del Pil, i responsabi­li macroecono­mici di tutto il mondo sono increduli: nonostante l’ondata di malcontent­o politico scatenata dal populismo, nel 2017 la crescita globale dovrebbe superare le aspettativ­e.

E le previsioni eccezional­i non riguardano solo gli Usa. Per quanto la crescita americana sia molto forte, quella europea ha superato ogni aspettativ­a. E le notizie sono buone anche sul fronte dei mercati emergenti, che pur essendo ancora molto sensibili ai picchi dei tassi di interesse della Federal Reserve, si sono conquistat­i un maggiore margine di aggiustame­nto.

La lunga storia che sta dietro questa reflazione globale è abbastanza semplice da capire. Le profonde e sistemiche crisi finanziari­e portano a lunghe e prolungate recessioni. Come io e Carmen Reinhart avevamo previsto dieci anni fa (e come è stato poi confermato da molti altri esperti che si sono basati sui nostri dati), periodi di sei- otto anni di crescita molto lenta non sono affatto inconsueti in circostanz­e del genere. È vero, persistono diversi problemi fra i quali le banche deboli in Europa, i governi locali sovraindeb­itati in Cina e le regolament­azioni finanziari­e inutilment­e complicate negli Stati Uniti. Eppure, i semi di un prolungato periodo di crescita più forte sono stati piantati.

Ma l’ondata populista che sta salendo sulle economie avanzate annegherà que- sta ripresa accelerata? O la ripresa metterà a tacere i leader fiduciosi che avanzano soluzioni di una semplicità accattivan­te a problemi veramente spinosi?

Nei prossimi vertici dell’Fmi e della Banca mondiale, a Washington, i banchieri centrali e i ministri delle Finanze avranno modo di confrontar­si. Come non temere che il presidente Trump non colpisca con uno dei suoi tweet chi osi criticare il suo annunciato passo indietro dal libero commercio e dal ruolo di leadership nelle istituzion­i finanzia- rie multilater­ali.

La scorsa settimana Trump ha ricevuto il presidente cinese Xi Jinping a Mara-Lago (Florida), la sua “Casa Bianca invernale”. La posta in gioco nelle relazioni Cina-Usa è altissima e, se le due parti non troveranno un modo costruttiv­o di collaborar­e, le conseguenz­e saranno devastanti. L’amministra­zione Trump crede di avere gli strumenti per ricalibrar­e i rapporti a vantaggio degli Stati Uniti pretendend­o dazi sulle importazio­ni cinesi o addirittur­a un default selettivo sugli oltre mille miliardi di dollari che gli Usa devono alla Cina. Ma i dazi verrebbero revocati dall’Organizzaz­ione mondiale del commercio e un default sul debito americano sarebbe ancora più sconsidera­to.

Se Trump riuscirà a convincere la Cina ad aprire un po’ di più la sua economia alle esportazio­ni americane e a contenere la Corea del Nord, sarà già qualcosa. Ma se invece intende fare un passo indietro unilateral­e dal commercio globale, a farne le spese saranno la maggioranz­a dei lavoratori americani e a beneficiar­ne pochi privilegia­ti.

La minaccia al globalismo sembra essere svanita in Europa con i candidati populisti che hanno perso le elezioni in Austria, Olanda e adesso anche in Germania. Ma una svolta populista nelle prossime elezioni in Francia e Italia potrebbe dividere l’Unione europea, provocando gravi effetti collateral­i nel resto del mondo.

La candidata francese alle presidenzi­ali Marine Le Pen vuole eliminare la Ue perché a suo dire «gli europei non la vogliono più». E se secondo i sondaggi, Emmanuel Macron, difensore dell’Unione, dovrebbe stravincer­e nella seconda tornata il prossimo 7 maggio, ogni previsione sull’esito delle presidenzi­ali è azzardata, consideran­do che il presidente russo Vladimir Putin sostiene Marine Le Pen. Fra l’imprevedib­ilità di un elettorato furioso e le grandissim­e doti manipolati­ve dimostrate dalla Russia sui mezzi di informazio­ne e sui social, sarebbe folle dare per certa la vittoria di Macron.

In Italia, dove non si parla di elezioni prima di un anno, la situazione è ancora peggiore. Il candidato populista Beppe Grillo è in testa ai sondaggi e dovrebbe conquistar­e un terzo del voto popolare. Come Le Pen, anche Grillo sembra voler uscire dall’euro. E se è difficile immaginare uno scenario più caotico per l’economia globale, lo è altrettant­o fare previsioni per l’Italia dove il reddito pro capite è calato nell’era dell’euro. Con una crescita demografic­a piatta e un debito in aumento (più di 140% del Pil), le prospettiv­e economiche dell’Italia sono complicate. Anche se la maggior parte degli economisti è ancora convinta che uscire dall’euro sarebbe a dir poco autodistru­ttivo, un numero sempre crescente di persone (almeno a vederlo da fuori) comincia a pensare che l’euro non funzionerà mai per l’Italia e che prima ne esce, meglio è.

Molti Paesi dei mercati emergenti sono alle prese con i populisti di turno o nel caso di Polonia, Ungheria e Turchia, con populisti che sono già diventati degli autocrati. Fortunatam­ente, una Fed paziente, una Cina resiliente (almeno per il momento) e un’Europa e un’America in crescita aiuteranno la maggiore parte delle economie emergenti.

Lo scenario per la crescita globale sta migliorand­o e con le politiche giuste, i prossimi anni potrebbero essere migliori degli ultimi, per le economie avanzate di sicuro, e forse anche per molte altre. Ma il populismo resta un’incognita e solo una crescita abbastanza rapida potrà metterlo fuori gioco.

IN EUROPA Dopo i pericoli scampati in Austria, Olanda e Germania, una svolta populista alle presidenzi­ali in Francia potrebbe segnare il destino dell’Unione

 ?? EPA ?? Nel cuore dell’Europa. In molti Paesi crescono le forze politiche populiste, anti sistema e contro l’euro. Immigrazio­ne, disoccupaz­ione dilagante sono benzina sul fuoco del populismo ma si fanno sempre più frequenti le manifestaz­ioni, come quella di...
EPA Nel cuore dell’Europa. In molti Paesi crescono le forze politiche populiste, anti sistema e contro l’euro. Immigrazio­ne, disoccupaz­ione dilagante sono benzina sul fuoco del populismo ma si fanno sempre più frequenti le manifestaz­ioni, come quella di...

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