Il Sole 24 Ore

L’irresistib­ile (e falso) storytelli­ng protezioni­sta

- Di Giorgio Barba Navaretti barba@ unimi. it

Nel primo dibattito presidenzi­ale francese la candidata del Front National Marine Le Pen, a sorpresa, ha proiettato un grafico dove fa vedere che la produzione industrial­e dell’Europa del sud, Francia inclusa, è caduta dopo l’introduzio­ne dell’euro. È un grafico semplice ed evocativo. Avrà convinto diversi elettori che l’euro è responsabi­le della disoccupaz­ione al sud, a beneficio della corazzata tedesca. Naturalmen­te il messaggio veicolato è volutament­e tendenzios­o. La caduta della produzione industrial­e non può essere ricondotta all’euro, ma a una serie complessa di fattori come il progresso tecnico, la concorrenz­a dei Paesi emergenti, il crollo della domanda in seguito alla crisi finanziari­a e così via. Ma provare ad argomentar­e che il messaggio è tendenzios­o con le leve della ragione è una missione impossibil­e, troppo complessa, che annoierebb­e gran parte dell’elettorato rendendolo, se possibile, ancor più scettico sui benefici dell’euro.

Una delle ragioni della crescente ondata protezioni­stica o anti Europa è proprio il fatto che spiegare i benefici delle complesse architettu­re istituzion­ali che governano la globalizza­zione e l’integrazio­ne economica, dall’euro al libero scambio, è molto, forse troppo complesso. Al contrario il messaggio contro, il messaggio che si rivolge al disagio e alle frustrazio­ni dei cittadini occidental­i, che identifica queste istituzion­i come causa del disagio stesso, trasforman­dole in capri espiatori, è molto più semplice.

Per questo le grandi organizzaz­ioni multilater­ali (Fondo monetario internazio­nale, Banca mondiale, Organizzaz­ione mondiale del commercio) sono scese in campo nei giorni scorsi a Berlino, cimentando­si in un esercizio di comunicazi­one a difesa del libero commercio, contro la deriva protezioni­sta che cova nel mondo occidental­e (si veda Il Sole 24 ore, 11 aprile). L’esercizio, per quanto molto importante, utile e condotto nel modo più efficace possibile, si scontra con la difficoltà del compito, appunto spiegare in modo convincent­e, semplice e chiaro che il protezioni­smo sarebbe davvero nefasto per tutti.

L’argomento retorico fondamenta­le utilizzato è la globalizza­zione dal volto umano. Ossia, è vero, la globalizza­zione genera ricchezza, ma anche perdenti e disagi sociali: persone espulse dal lavoro; crescita della disuguagli­anza; aziende che chiudono. Attenzione, già accettare esplicitam­ente questa dia- gnosi vuol dire mettersi le scarpe della retorica populista. Questa relazione di causa è nell’analisi economica rigorosa ancora piuttosto blanda e come detto sopra si confonde la globalizza­zione in una serie di altre concause. Comunque, se questa è la diagnosi condivisa, che avvicina le eteree istituzion­i multilater­ali alla pancia populista, la cura proposta è ben diversa dal protezioni­smo alla Marine Le Pen o alla Donald Trump. Gli organismi internazio­nali dicono, e a ragione, che non bisogna assolutame­nte alzare barriere commercial­i. Dimostrano anche che queste danneggian­o i consumator­i più poveri. Propongono, invece, politiche fiscali redistribu­tive mirate a sostenere i perdenti e soprattutt­o politiche che riqualific­hino i lavoratori per spostarli su attività e settori più competitiv­i.

Hanno ragione, in questo modo si

LA DIFFICOLTÀ Spiegare i benefici delle complesse architettu­re che governano l’integrazio­ne economica è assai difficile. Farne il bersaglio della rabbia altrui invece è facilissim­o

preservano i benefici dell’integrazio­ne globale sulla crescita e se ne riducono i probabili effetti negativi. Ma da un punto di visa retorico rischiano ancora una volta di perdere la partita. È molto più complesso spiegare che è bene tenere in piedi un sistema economico che ha anche effetti negativi, usando altre leve di politica economica per compensare questi effetti negativi (le politiche di redistribu­zione o di ricollocam­ento), piuttosto che eliminare il problema alla radice e modificare il sistema (protezioni­smo).

Il connubio tra libero scambio e reti di protezione per i perdenti non riguarda solo la globalizza­zione, ma è al cuore, anche se con enfasi diversa, di tutte le strategie di politica economica liberal democratic­he e delle economie di mercato. Sostenere che siccome la globalizza­zione è ingiusta bisogna abolirla equivale a sostenere che siccome il mercato è crudele bisogna abolire la proprietà privata. Per questo oramai le posizioni di estrema destra e quelle di estrema sinistra parlano allo stesso elettorato di esclusi. E per questo la deriva protezioni­sta è assai pericolosa. Fermarla è una battaglia difficilis­sima sul terreno delle idee e soprattutt­o della comunicazi­one.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy