Il Sole 24 Ore

Il lavoro salva l’agevolazio­ne

Se non si cambia città, l’integrazio­ne del rogito salva lo sconto

- Angelo Busani

Chi compra la “prima casa” ma non risiede nel Comune in cui è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto agevolato, può beneficiar­e dell’agevolazio­ne a condizione che: 1 nel rogito, dichiari l’intenzione di trasferire la residenza in quel Comune e poi la trasferisc­a effettivam­ente entro 18 mesi dal rogito; 1 svolga la propria attività profession­ale nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato; in questo caso la legge non richiede alcuna specifica dichiarazi­one nel rogito d’acquisto, anche se è ovvio che la ubicazione lavorativa dell’acquirente deve essere comunque esplicitat­a, al fine di consentire la tassazione dell’atto con l’aliquota agevolata.

Se dunque sia stata scelta la prima strada, e il rogito pertanto contenga l’espression­e dell’intenzione di trasferire la residenza entro 18 mesi, e se poi il contribuen­te non voglia o non possa più effettuare il trasferime­nto della sua residenza, questi può, entro il diciottesi­mo dal rogito, beneficiar­e ugualmente dell’agevolazio­ne se, mediante un atto integrativ­o del rogito, attesti che, alla data del rogito, egli in effetti svolgeva la propria attività lavorativa nel Comune dove è ubicata la casa di acquisto agevolato.

Non è questo il risultato di una modifica alla legislazio­ne sull’agevolazio­ne “prima casa”, ma l’esito di una risposta che il ministero dell’Economia ha fornito nel question time n. 5-11109 presso la Commission­e VI Finanze della Camera dei Deputati (interrogan­ti Carla Ruocco e altri).

Nell’interrogaz­ione parlamenta­re si è posto anzitutto l’accento sulla sentenza n. 3457/2016 della Cassazione, con la quale è stata «stabilita l’obbligator­ietà della dichiarazi­one nell’atto di acquisto della volontà di trasferirs­i nel luogo di lavoro al fine di poter usufruire della agevolazio­ne in argomento». In base a questa premessa, gli interrogan­ti hanno chiesto che l’agevolazio­ne “prima casa” venga garantita anche a coloro che, dopo aver dichiarato, nel contratto d’acquisto, l’intenzione di trasferire la propria residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato, non trasferisc­ano in effetti la propria residenza, ma «sia inequivoca­bilmente dimostrato che in quel medesimo Comune gli stessi svolgevano la propria attività lavorativa autonoma o dipendente».

Il ministero ha dato quindi credito a questa tesi, con l’unica precisazio­ne che il contribuen­te deve, entro 18 mesi dal rogito, « rettificar­e la dichiarazi­one resa in atto, indicando di svolgere la propria attività lavorativa nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato». Questo atto “di rettifica” deve essere «redatto secondo le medesime formalità giuridiche dell’originario atto di acquisto e registrato» e «impedirà il verificars­i della decadenza qualora risulti verificato che il contribuen­te svolge la propria attività nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato».

Questa leggera apertura a favore del contribuen­te può forse essere la premessa per un ulteriore passaggio interpreta­tivo: se l’agevolazio­ne spetta a chi risiede e a chi lavora in un certo Comune nonché a chi va ad abitare in un dato Comune entro 18 mesi dal rogito, perché non riconoscer­la anche a chi va a lavorare in un certo Comune senza mettervi la propria residenza?

IL PUNTO Con la risposta a un’interrogaz­ione si allargano le opportunit­à messe a disposizio­ne di chi acquista un immobile

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