Il lavoro salva l’agevolazione
Se non si cambia città, l’integrazione del rogito salva lo sconto
Chi compra la “prima casa” ma non risiede nel Comune in cui è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto agevolato, può beneficiare dell’agevolazione a condizione che: 1 nel rogito, dichiari l’intenzione di trasferire la residenza in quel Comune e poi la trasferisca effettivamente entro 18 mesi dal rogito; 1 svolga la propria attività professionale nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato; in questo caso la legge non richiede alcuna specifica dichiarazione nel rogito d’acquisto, anche se è ovvio che la ubicazione lavorativa dell’acquirente deve essere comunque esplicitata, al fine di consentire la tassazione dell’atto con l’aliquota agevolata.
Se dunque sia stata scelta la prima strada, e il rogito pertanto contenga l’espressione dell’intenzione di trasferire la residenza entro 18 mesi, e se poi il contribuente non voglia o non possa più effettuare il trasferimento della sua residenza, questi può, entro il diciottesimo dal rogito, beneficiare ugualmente dell’agevolazione se, mediante un atto integrativo del rogito, attesti che, alla data del rogito, egli in effetti svolgeva la propria attività lavorativa nel Comune dove è ubicata la casa di acquisto agevolato.
Non è questo il risultato di una modifica alla legislazione sull’agevolazione “prima casa”, ma l’esito di una risposta che il ministero dell’Economia ha fornito nel question time n. 5-11109 presso la Commissione VI Finanze della Camera dei Deputati (interroganti Carla Ruocco e altri).
Nell’interrogazione parlamentare si è posto anzitutto l’accento sulla sentenza n. 3457/2016 della Cassazione, con la quale è stata «stabilita l’obbligatorietà della dichiarazione nell’atto di acquisto della volontà di trasferirsi nel luogo di lavoro al fine di poter usufruire della agevolazione in argomento». In base a questa premessa, gli interroganti hanno chiesto che l’agevolazione “prima casa” venga garantita anche a coloro che, dopo aver dichiarato, nel contratto d’acquisto, l’intenzione di trasferire la propria residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato, non trasferiscano in effetti la propria residenza, ma «sia inequivocabilmente dimostrato che in quel medesimo Comune gli stessi svolgevano la propria attività lavorativa autonoma o dipendente».
Il ministero ha dato quindi credito a questa tesi, con l’unica precisazione che il contribuente deve, entro 18 mesi dal rogito, « rettificare la dichiarazione resa in atto, indicando di svolgere la propria attività lavorativa nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato». Questo atto “di rettifica” deve essere «redatto secondo le medesime formalità giuridiche dell’originario atto di acquisto e registrato» e «impedirà il verificarsi della decadenza qualora risulti verificato che il contribuente svolge la propria attività nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato».
Questa leggera apertura a favore del contribuente può forse essere la premessa per un ulteriore passaggio interpretativo: se l’agevolazione spetta a chi risiede e a chi lavora in un certo Comune nonché a chi va ad abitare in un dato Comune entro 18 mesi dal rogito, perché non riconoscerla anche a chi va a lavorare in un certo Comune senza mettervi la propria residenza?
IL PUNTO Con la risposta a un’interrogazione si allargano le opportunità messe a disposizione di chi acquista un immobile