Il Sole 24 Ore

Piccole gare, massimo ribasso a 2 milioni

Oggi l’ok finale del Consiglio dei ministri al decreto correttivo

- Mauro Salerno

pGare più semplici per l’assegnazio­ne dei lavori pubblici di taglia medio-piccola. È la novità dell’ultima ora per la bozza di decreto correttivo al codice degli appalti (Dlgs 50/2016) che oggi sarà sul tavolo del Consiglio di ministri per l’ok finale.

Dopo un defatigant­e iter - che ha coinvolto anche Conferenza unificata, Consiglio di Stato e Commission­i parlamenta­ri - questa mattina il decreto affronta l’ultimo passaggio. Per non superare la scadenza fissata dalla delega il varo definitivo del provvedime­nto con la pubblicazi­one in Gazzetta Ufficiale ( o quanto meno la firma del Capo dello Stato, segnalano i giuristi) deve avvenire entro il 19 aprile. Lungo il percorso il decreto ha acquistato sempre maggiore mole. Ora siamo a quota 131 articoli, con centinaia di modifiche apportate a un codice che ne conta in tutto 220 e che è entrato in vigore giusto un anno fa.

Tra queste, quella più attesa da imprese e Comuni è proprio quella sulla gestione delle piccole gare. Uno dei maggiori indiziati dell’inceppamen­to del motore degli appalti - in realtà pure prima piuttosto ingolfato - in seguito all’entrata in vigore della riforma. Per rendere più rapide le procedure di aggiudicaz­ione e, dunque, passare in fretta dalle gare ai cantieri, alle Infrastrut­ture hanno deciso di raddoppiar­e da uno a due milioni la soglia di utilizzo del criterio del prezzo più basso per assegnare le opere. Ma a precise condizioni. La prima è che l’appalto venga assegnato sulla base di un progetto esecutivo, dunque senza possibilit­à di intervento sul progetto da parte dei costruttor­i, che dovranno limitarsi a eseguire i lavori. La seconda è che entri in campo il «metodo antiturbat­iva», cioè l’esclusione automatica delle offerte che presentano percentual­i di ribasso inferiori o superiori alla media, sorteggian­do solo in corso di gara il criterio matematico per individuar­le. Con questo accorgimen­to si dovrebbe evitare il rischio di formazione di cartelli, accelerand­o di molto le procedure (e riducendo i costi) di assegnazio­ne degli appalti. Le amministra­zioni verrebbero infatti alleggerit­e dall’obbligo di dover valutare altre variabili oltre al prezzo: una scelta poco sensata, dicono imprese e comuni, quando in gara c’è un progetto esecutivo di lavori medio-piccoli. Mentre l’esclusione automatica delle «offerte anomale» evita la procedura di valutazion­e di congruità delle proposte in contraddit­torio con le imprese a rischio di esclusione. Per le opere sotto al milione, in presenza di più di 10 offerte, l’utilizzo di questa formula diventa anzi obbligator­io per assegnare i lavori.

Non è questa l’unica novità che riguarda i criteri di aggiudicaz­ione degli appalti. Un’altra riguarda i parametri da valutare quando si guarda alla qualità della prestazion­e oltre che al semplice ribasso di gara («offerta economicam­ente più vantaggios­a»). In questi casi, come proposto dal Parlamento (i cui rilievi sono stati tutti accolti dalle Infrastrut­ture), la stazione appaltante non potrà attribuire più del 30% del punteggio all’impresa che offre il prezzo più basso. Il resto dei punti andranno assegnati sulla base degli elementi di valutazion­e tecnica.

Tornando ai piccoli appalti, viene accolta nel testo anche la proposta di alzare a un minimo di 15 il numero delle imprese da invitare alle procedure negoziate di importo compreso tra 150mila euro e un milione.

Infine una nota sui partenaria­ti pubblico privati. Nonostante il parere contrario del Consiglio di Stato, Porta Pia ha deciso di tenere duro sull’innalzamen­to del tetto al contributo pubblico : la bozza licenziata dal Mit conferma il passaggio dal 30% al 49 per cento.

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