Unioni civili, stop al doppio cognome
I giudici stanno valutando se sollevare la questione di legittimità costituzionale Il decreto attuativo vanifica la legge: non c’è obbligo di iscrizione
pIl decreto legislativo 5/2017 che adegua in modo definitivo le disposizioni dello stato civile alla legge Cirinnà non prevede l’obbligo di iscrizione del doppio cognome nelle unioni civili, come invece stabilisce la riforma. Di conseguenza le disposizioni attuative sono a forte rischio di incostituzionalità.
Partendo da questi presupposti il Tribunale di Lecco (con due provvedimenti emanati in un procedimento cautelare ex articolo 700 del Cpc: Rg 594/2017 del 9 marzo e del 4 aprile 2017) ha ordinato al Comune di Lecco di non sostituire con il cognome portato anteriormente all’unione civile il cognome comune assunto da due donne civilmente unite. E, quindi, il doppio cognome assunto da una di esse, e dalla figlia di quest’ultima, nata dopo la formazione dell’unione civile. Il tutto, in attesa di valutare se investire la Corte costituzionale del caso.
Per capire la questione è indispensabile conoscere i fatti e riepilogare il complicato sviluppo normativo verificatosi in questa materia: due donne si sposano in Portogallo nel 2014 e, a seguito dell’entrata in vigore della legge Cirinnà (n. 76/2016), ottengono l’iscrizione del- l’unione civile allo stato civile del Comune di Lecco. In base all’articolo 1, comma 10, legge 76/2016, le due donne in questione assumono un cognome comune (in ipotesi: Rossi), scegliendolo tra uno dei i loro cognomi (in ipotesi, Maria Rossi e Giovanna Bianchi); quindi, Giovanna Bianchi antepone al proprio il cognome “comune”, assumendo così il nome di Giovanna Rossi Bianchi.
A Giovanna Rossi Bianchi infine nasce una figlia nel 2016, la quale assume anch’essa il doppio cognome della madre.In dipendenza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 144 del 23 luglio 2016 (recante disposizioni transitorie per la tenuta dei registri di stato civile in attuazione della legge Cirinnà), le schede anagrafiche della madre Rossi Bianchi e di sua figlia vengono dunque intestate con il predetto doppio cognome; sulla base del doppio cognome vengono confezionati i codici fiscali e ogni altra documentazione personale della madre e della figlia; la madre Rossi Bianchi, nella sua vita di relazione, personale e professionale, si manifesta con il doppio cognome.
Senonchè, viene emanato il Dlgs 19 gennaio 2017, n. 5, recante definitivo adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile alla legge Cirinnà, il cui articolo 3, comma 1, lettera c), n. 2, dispone un radicale dietro-front: le schede anagrafiche dei soggetti uniti civilmente devono essere intestate con il «cognome posseduto prima dell’unione civile», cosicchè il cognome doppio di cui all’articolo 1, comma 10, legge 76/2016, diviene una sorta di “cognome d’uso”, senza alcuna valenza “ufficiale”.
Il giudice di Lecco viene dunque richiesto di un provvedimento d’urgenza che sospenda l’operatività del Comune, richiesta dal Dlgs 5/2017, in attesa dello svolgimento di una valutazione del Tribunale stesso circa la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della descritta normativa; e ciò, in sintesi, in base al ragionamento che «il nome e il cognome di una persona sono un elemento costitutivo della sua identità personale, della sua dignità e della sua vita privata» e il descritto «avvicendamento di norme ha senz’altro prodotto una lesione della dignità» delle persone in questione.
IL CASO SPECIFICO Sospeso ex articolo 700 il ripristino dell’anagrafica precedente: la coppia aveva già trasmesso il cognome comune anche alla figlia