Detenute madri, domiciliari sempre possibili
No all’esclusione automatica per alcuni reati
pNon si può negare in automatico il beneficio dei domiciliari alla detenuta madre.
L’automatismo bollato come illegittimo dalla Corte costituzionale (sentenza n.76) è quello previsto dall’articolo 47-quinquies, comma 1 bis della legge 354/1975 ( sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), che “allarga” la possibilità dei domiciliari anche alle detenute madri ( con figli minori di 10 anni) con una condanna superiore a 4 anni. A non essere in linea con la Carta è la parte della norma che preclude il beneficio alle madri condannate per uno dei delitti indicati dall’articolo 4-bis della stessa legge. Un elenco di reati, secondo la Consulta «complesso, eterogeneo, stratificato e di diseguale gravità».
A sollevare i dubbi di costituzionalità è stato il Tribunale di Sorveglianza di Bari, impegnato nel procedimento relativo a una detenuta, condannata a 7 anni per traffico di droga. La donna, ammessa ai domiciliari, aveva chiesto in vista del terzo compleanno del figlio, di poter prorogare il beneficio. Secondo il giudice remittente la preclusione alle modalità agevolate di espiazione della pena è in contrasto con gli articoli 3,29, 30 e 31 della Costituzione. La norma, precisa il Tribunale di sorveglianza, è ispirata alla volontà di far prevalere la pretesa punitiva dello Stato rispetto alle esigenze, che dovrebbero essere preminenti, di tutela della maternità e del minore e in più vanifica anche la ratio della detenzione domiciliare speciale tesa a ripristinare la convivenza tra madri e figli.
E la Consulta conferma che l’espressa esclusione è incostituzionale. Il Giudice delle leggi ricorda che, in più occasioni, la Corte ha sottolineato la speciale rilevanza dell’interesse del figlio minore a mantenere un rapporto continuativo con ciascun genitore che deve poterlo curare, educare e istruire. Diritti codificati dall’ordinamento internazionale (Convenzione di New York 1989 e Carta dei diritti fondamentali di Strasburgo 2007), secondo il quale la preminenza dell’interesse del minore deve essere riconosciuta in tutte le decisioni adottate dalle autorità pubbliche. Il bilanciamento con le esigenze di difesa sociale sottese alla necessaria esecuzione della pena inflitta al genitore è rimesso alle scelte del legislatore, attraverso regole legali che de- terminano in astratto i limiti entro i quali i diversi principi possono trovare un’equilibrata tutela.
Ma il legislatore non può negare “in radice” alla madre l’accesso al beneficio tramite il ricorso a presunzioni insuperabili, che impediscono al giudice di valutare caso per caso le esigenze di difesa sociale. Così non si si é più in presenza di un bilanciamento tra principi «ma al cospetto dell’introduzione di un automatismo basato su indici presuntivi, che comporta un totale sacrificio dell’interesse del minore». Non è vietato dunque differenziare il trattamento penitenziario per le madri condannate, ma la preclusione assoluta del beneficio lede l’interesse del minore e dunque la Costituzione.