Con il recesso termina il rapporto con la società
Basta dichiarare
pIl rapporto sociale si scioglie nel momento in cui la società riceve la dichiarazione di recesso del proprio socio. Lo sostiene il Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia d’impresa (giudice Clelia Buonocore), in un’ordinanza del 9 settembre 2016.
La ricorrente, affermandosi socia di una Srl, ha chiesto la revoca degli amministratori in base all’articolo 2476, comma 3, del Codice civile, che dà al giudice il potere di revocare in via cautelare gli amministratori stessi in caso di gravi irregolarità nella gestione della società. Ma il tribunale, senza entrare nel merito, ha dichiarato il difetto di legittimazione della ricorrente. Ciò perché quest’ultima, «avendo esercitato il recesso ad nutum» dalla Srl, aveva «perso la qualità di socia»; qualità che «costituisce presupposto indispensabile ai fini della speciale legittimazione all’esercizio (…) dell’azione sociale di responsabilità e del correlato rimedio cautelare».
Sul punto, il giudice afferma di conoscere l’orientamento («espresso anche da autorevole dottrina») per il quale il socio ha dichiarato di voler recedere esce dalla compagine «al momento dell’effettivo rimborso della quota sociale». Per questo indirizzo, la dichiarazione avrebbe dunque solo l’effetto di far avviare il procedimento di liquidazione della partecipazione societaria di cui è titolare quel socio.
Tuttavia, il giudice ritiene «di dovere aderire all’orientamento tradizionale secondo cui il recesso, in applicazione dell’articolo 1373 del Codice civile, deve ritenersi valido e produttivo degli effetti suoi propri già al momento della recezione, da parte della società, della relativa comunicazione». Ciò è confermato - secondo il tribunale - dall’ultimo comma dell’articolo 2473 del Codice civile, per il quale «il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società». Da questa norma si ricava «chiaramente che la dichiarazione di recesso produce effetti immediati», altrimenti «non si spiegherebbe l’espressione “è privo di efficacia”».
Inoltre, per quantificare l’importo della quota, nelle Spa ci si riferisce a un momento precedente al recesso (articolo 2437ter del Codice civile), mentre nelle Srl si tiene conto del valore di mercato all’atto della dichiarazione di recesso (articolo 2473). E dunque, poiché il legislatore ha «cristallizzato il valore della partecipazione in un momento precedente o contestuale alla dichiarazione di recesso», è chiaro che «l’espressione di tale volontà deve ritenersi produttiva di effetti immediati».
La decisione del giudice monocratico è stata confermata dal tribunale collegiale (presidente Cardinali, relatore Bernardo) in un’ordinanza del 25 gennaio. La reclamante ha dedotto che, in base al provvedimento impugnato, il socio receduto sarebbe privo di tutela, in quanto rimarrebbe «titolare di una partecipazione svuotata di tutti i diritti derivanti dal rapporto sociale». Ma il collegio ha affermato che, dopo il recesso, l’ex socio assume la «veste di terzo creditore della società»; e, per tutelare i suoi diritti, può utilizzare gli strumenti che l’ordinamento riconosce ai creditori della società.