Big Pharma in campo contro la pena di morte
Big Pharma contro l’Arkansas. Secondo la Pfizer, alcuni dei suoi farmaci potrebbero essere stati venduti alle autorità dello Stato del sud all’insaputa e “in diretta violazione” degli standard etici che si è prefisso il colosso farmaceutico. A mettere le sostanze nelle mani del boia, che da lunedì si prepara a una maratona di 7 iniezioni letali, sarebbe stato uno dei distributori di Pfizer, McKesson. Altre due case farmaceutiche, Fresienus Kabi e WestWard Pharmaceuticals (i loro protocolli proibiscono la vendita dei loro farmaci per iniezioni letali) si sono mosse ieri per chiedere in tribunale di impedire all’Arkansas di usare i loro farmaci per uccidere. Le esecuzioni, previste nell’arco di 11 giorni in una sorta di “catena di montaggio” della morte, sono le prime in Arkansas dal 2005. L’urgenza è dovuta al fatto che le scorte di midazolam, uno dei tre farmaci dell’iniezione, scadono a fine aprile. Dal 1976, quando la Corte Suprema ha dato luce verde al ritorno della pena di morte, nessuno Stato ha giustiziato tanti detenuti in un arco di tempo così stretto e la raffica di esecuzioni ha scatenato una lunga serie di denunce e proteste. (R.Fi.)
movimento a Verona. Non solo alla Fiera, dove si è chiuso il disallestimento del Vinitaly dei record. Non solo in centro, tra Piazza delle Erbe e l’Arena, dove si pasce la fiumana di turisti pasquali. C’è movimento anche ai piani alti, dove - a uno a uno - stanno saltando gli equilibri di potere che hanno retto la città nella sua ultima stagione, coincisa in larga parte con i 10 anni di amministrazione di Flavio Tosi, emblema della capacità tutta veronese (e in fondo dorotea) di avvicinare mondi e reinterpretare dinamiche che paralizzano molte parti d’Italia e invece qui agiscono quasi da lubrificante.
Al voto mancano ormai otto settimane, e per il sindaco leader di Fare è ormai improbabile la possibilità di un terzo mandato in virtù di un assist romano atteso invano. Il Pd di Renzi ha altre priorità, e così Tosi sta pensando di candidare Patrizia Bisinella, senatrice e presto sua moglie. Probabilità di vittoria non elevate, dicono i bookmakers, che puntano sul centro-destra prossimo a compattarsi su Federico Sboarina. Che la fine di un’epoca possa essere vicina lo conferma la riunione della giunta di mercoledì scorso, che ha tentato di impartire l’accelerata decisiva a due dossier voluminosi: la fusione dell’utility cittadina Agsm (800 milioni di fatturato, 1.300 dipendenti) con la vicentina Aim per creare il quinto operatore nazionale di cui Verona avrà il 58% e la riqualificazione dell’Arsenale, deal da 30 milioni che potrebbe essere assegnato entro il 25 giugno, data del ballottaggio.
Poi, probabilmente, in città si ridaranno le carte al tavolo che conta. Dove però, a ben guardare, già qualcosa sta succedendo da qualche mese a questa parte. In Fondazione CariVerona, cassaforte cittadina con i suoi 2,6 miliardi di patrimonio (al 31 dicembre 2015), da un anno non c’è più al timone Paolo Biasi: ne ha preso il posto, senza clamore nonostante la fine di un’epoca (più lunga e non meno significativa di quella di Tosi), Alessandro Mazzucco, ex rettore dell’ateneo citta-