E la Popolare perde in giudizio
Il tribunale di Ve rona risarcisce una cliente per il danno sulle azioni
Violazione degli obblighi informativi previsti dalla comunicazione Consob n.9019104 del 2009 in materia di prodotti finanziari illiquidi e della valutazione di appropriatezza. Sono questi i due passaggi fondamentali stabiliti dalla sentenza 687 del Tribunale di Verona del 25 marzo 2017, emessa dal giudice Massimo Vaccari, per i quali la Popolare di Vicenza è stata ritenuta responsabi- le di non aver correttamente ottemperato ai suoi doveri nei confronti di una risparmiatrice che aveva sottoscritto le sue azioni.
Il tribunale scaligero ha così accolto la domanda dell’investitrice che l amentava l’inadempimento dell’obbligo di agire con perizia e diligenza poiché il prezzo delle azioni era artatamente sopravvalutato, per l’inosservanza da parte della banca degli obblighi informativi sull’illiquidità dei titoli, la mancata valutazione dell’adeguatezza e dell’appropriatezza degli ordini di acquisto, la violazione dell’articolo 49 del regolamento Consob 16190/2007 in quanto la banca non avrebbe rispettato l’or- dine temporale nella esecuzione degli ordini di vendita delle azioni.
La valutazione di appropriatezza a cui la banca è tenuta, prevista dagli articoli 42 e 43 del Regolamento intermediari 16190 del 2007 della Consob, prevede che l’esperienza e la conoscenza dell’investitore vengano valutate attraverso le notizie raccolte nel corso della profilatura Mifid. «La Vicenza avrebbe dovuto valutare la conoscenza e l’esperienza del cliente in materia di investimento nello specifico settore o servizio richiesto», spiega l’avvocato Letizia Vescovini. «La risparmiatrice che ha mosso causa, nel questionario Mifid, aveva dichiarato di conoscere le azioni e di non conoscere tutta una serie di altri prodotti finanziari, tra i quali i derivati over the counter (Otc). Il Tribunale di Verona, con argomenti convincenti, ritiene che le azioni illiquide siano più assimilabili ai derivati Otc con riguardo al tipo di mercato in cui sono trattate e alla rischiosità dell’investimento, piuttosto che alle azioni quotate», continua Vescovini. Il giudice ha concluso che la banca non ha adeguatamente valutato la capacità della cliente di comprendere gli specifici profili di rischio connessi ai titoli acquistati e ne ha accolto la domanda di risarcimento.