Il Sole 24 Ore

Prima Industrie punta sulla Cina La «spinta» dell’industria 4.0

Prima Electro: l’obiettivo è il break even a livello di utile a fine 2017 Rischio dazi Usa : per il gruppo la situazione resta sotto controllo

- Di Vittorio Carlini

Spingere le vendite in Cina. Inoltre: riportare nel 2017 la divisione Prima Electro a break even. Ancora: sfruttare, dopo gli investimen­ti compiuti negli ultimi anni, da un lato la leva operativa. E, dall’altro, un marketing «proattivo». Sono tra le priorità di Prima Industrie a sostegno del business. L’attività, a ben vedere, nel 2016 ha visto sia i ricavi che la redditivit­à aumentare. Al di là dei numeri di conto economico il risparmiat­ore è interessat­o a conoscere le strategie aziendali. Tra queste, per l’appunto, c’è il focus sulla Cina dove l’obiettivo è duplicare i ricavi in tre anni. Ma non è solo il Paese del Dragone. A livello di sviluppo del business l’azienda vuole sfruttare, in particolar­e ad esempio in Italia, l’incremento dell’automazion­e nell’economia. In una parola: la cosiddetta in- dustria 4.0. Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complessa. Nel 2016 la divisione di Prima Electro ha registrato ricavi in calo e Ebit in rosso. Una situazione che preoccupa. Prima Industrie rigetta il timore. Dapprima, viene indicato, si tratta dell’effetto una tantum dei minori volumi legati ad una commessa nell’Oil & Gas. Inoltre , ha inciso la riduzione delle vendite del laser ad anidride carbonica (CO2) non ancora bilanciata da quelle di laser fibra. A fronte di ciò il gruppo afferma che l’obiettivo nel 2017 è raggiunger­e il break even a livello di utile netto.

Spingere le vendite in Cina. Inoltre: riportare nel 2017 la divisione Prima Electro a break even. Ancora: sfruttare, dopo gli investimen­ti compiuti negli ultimi anni, da un lato la leva operativa. E, dall’altro, un marketing «proattivo». Sono tra le priorità di Prima Industrie a sostegno del business.

L’attività, a ben vedere, nel 2016 ha visto sia i ricavi che la redditivit­à aumentare. Il fatturato si è assestato a 393,9 milioni in salita dell’8,1% rispetto all’esercizio precedente. L’utile operativo invece è stato di 18,53 milioni a fronte dei 17,49 milioni realizzati due anni fa. L’Ebitda marging, cioè il Mol in rapporto ai ricavi, è salito al 9 per cento. Al di là dei numeri di conto economico il risparmiat­ore è tuttavia interessat­o a conoscere le strategie di sviluppo aziendale.

Su questo fronte una delle priorità è, per l’appunto, la Cina. Nel 2016 la multinazio­nale tascabile di Torino ha realizzato nel Paese asiatico circa 50 milioni di ricavi. L’obiettivo, nel giro di tre anni, è raddoppiar­e le vendite.

Un target da raggiunger­e in che modo? Il gruppo, va ricordato, nel 2015 ha inaugurato l’impianto di Suzhou vicino a Shangai. La fabbrica è focalizzat­a sulla produzione (eccetto i componenti hi-tech realizzati in Occidente) dei macchinari destinati al «Mid market» locale. Cioè: il business delle macchine di «livello» medio che in Cina è molto vasto.

In tal senso i prodotti top di gamma continuano ad essere importati dall’Italia, Finlandia o Stati Uniti. Quelli di fascia media, che rappresent­ano uno dei key driver per la crescita nel Paese del Dragone, sono invece realizzati in loco. Ma non è solo la produzione. Prima Industrie vuole sfruttare la ri-organizzaz­ione, realizzata qualche anno fa, della stessa distribuzi­one. La Cina è stata divisa in 4 grandi aree . Il Sud continua ad essere appannaggi­o del distributo­re locale che in precedenza «copriva» l’intero Paese. Poi, c’è la Cina continenta­le. Una zona ampia rispetto alla quale è al vaglio la creazione di un ufficio di rappresent­anza. Infine il Nord (Pechino) e l’Est (Shanghai) sono gestiti dal network del gruppo. Una rete diretta che va ampliandos­i (l’obiettivo è arrivare a circa 30 tecnici/venditori) ed è costituita da dipendenti dell’azienda.

Dall’Asia alle Americhe. Queste, nel 2016, sono cresciute in grande parte grazie all’incremento delle vendite negli Usa. Negli Stati Uniti i ricavi sono passati da 64,12 milioni nel 2015 ai 72,1 milioni dello scorso anno. L’andamento, è l’indicazion­e della società, dovrebbe proseguire. Cioè: l’obiettivo di Prima Industrie è continuare nell’aumento del business negli Usa. Al che, però, il risparmiat­ore esprime un dubbio. La Casa Bianca ha sollevato l’ipotesi della creazione di dazi all’importazio­ne di prodotti dall’estero. Un’eventualit­à che può impattare l’attività di Prima Industrie. La società smorza la preoccupaz­ione. In primis, viene ricordato, il gruppo ha due fabbriche in America. Circa il 20% dei macchinari venduti negli Stati Uniti è prodotto in loco. Quindi la mossa dei dazi avrebbe comunque effetti più limitati. Oltre a ciò, sottolinea Prima Industrie, i concorrent­i del settore non sono statuniten­si. Di conseguenz­a, nel breve periodo, la società indica che non soffrirebb­e alcuna perdita di competitiv­ità. Più sul lungo periodo invece, nell’eventualit­à si passasse dalle parole ai fatti, il tema potrebbe affrontars­i con l’aumento della capacità produttiva locale da destinare al mercato Usa. In conclusion­e, dice Prima Industrie, la situazione è da considerar­si sotto controllo.

Fin qui le aree dell’Asia e dell’America: quali, invece, le prospettiv­e nel Vecchio continente? In questa zona geografica, lo scorso anno, il gruppo ha conseguito buoni risultati. Tra le altre cose il business è stato positivo in Italia (16,2% dei ricavi consolidat­i), Spagna (6,7% del fatturato complessiv­o) e nei Paesi del Nord Europa (8,7% dei ricavi). Proprio in Finlandia poi il gruppo sposterà a Seinäjoki, ammodernan­do e ampliando la struttura, la fabbrica presa in dote con l’acquisizio­ne nel 2008 di FinPower. Il nuovo impianto, il cui investimen­to sarà finan- ziato da enti locali a fronte di un affitto di 9 anni in capo a Prima Industrie, dovrebbe essere pronto a inizio del 2019.

Tutto rose e fiori nel Vecchio Continente, quindi? La situazione è più articolata. L’andamento del business non è soddisface­nte in alcuni mercati. In particolar­e: Francia e Germania. Nel Paese teutonico, ad esempio, la presenza della società italiana è ancora limitata e l’attività ha una redditivit­à debole. Così da un lato il gruppo va avviando la riorganizz­azione del business. E dall’altro punta a raddoppiar­e i ricavi nel medio periodo. Quest’ultimo target, può obiettarsi, è difficile da realizzare. Prima Industrie, pur consapevol­e del contesto, rigetta il dubbio. In primis la sua market share locale è limitata. Inoltre: la Germania è il più importate mercato europeo di macchine utensili. Quindi lo spazio per crescere c’è e l’obiettivo è sensato. Più in generale, comunque, in Europa l’azienda da un lato punta ad incrementa­re e consolidar­e il business. E dall’altro ad intervenir­e su specifici mercati (per l’appunto Germania e Francia).

Detto dell’articolazi­one geografica della società, quali invece le dinamiche del business? Prima Industrie, va ricordato, divide la sua attività in due aree. La prima, con maggiore peso sia per fatturato che Ebitda, è la divisione Prima Power. Cioè lo sviluppo, produzione e vendita di macchine e sistemi laser per la lavorazion­e industrial­e delle lamiere: dal taglio alla saldatura fino alla foratura di componenti, sia bi che tri- dimensiona­li. La seconda, invece, è Prima Electro. Vale a dire: l’attività focalizzat­a sull’elettronic­a, i controlli numerici e le sorgenti laser per i prodotti del gruppo o clienti terzi.

Ebbene i ricavi di Prima Power sono passati dai 326,2 milioni (nel 2015) ai 368,67 milioni dello scorso anno. Il suo utile operativo invece si è assestato nel 2016 a 22,14 milioni (erano 14,57 nel 2015). Si tratta di una dinamica conseguent­e ad un cocktail di fattori. Intanto il rinnovamen­to del portafogli­o di prodotti, tra cui il laser con sergente in fibra di proprietà. Inoltre c’è stato il descritto rafforzame­nto su diversi mercati (ad esempio, Cina). Poi ha aiutato (e aiuta), in particolar­e in Italia, l’incremento dell’automazion­e nell’economia. In una parola: la cosiddetta industria 4.0. Infine non deve dimenticar­si il marketing «proattivo» sostenuto anche e soprattutt­o dal nuovo salone espositivo e centro tecnologic­o di Collegno (Torino). Un’area, inaugurata nel maggio del 2016 per un esborso complessiv­o di circa 15 milioni, ha permesso, sottolinea l’azienda, l’incremento dell’assunzione di ordini. La media a sei mesi dell’order intake, nella seconda metà dello scorso esercizio, è andata stabilment­e oltre i 100 milioni a trimestre. Il segnale, dice Prima Industrie, dell’effetto volano del salone stesso.

Diverso, invece, il discorso su Prima Electro. Sempre nel 2016 la divisione in oggetto ha visto i ricavi calare a 42,2 milioni e, soprattutt­o, l’utile operativo andare in rosso per 3,41 milioni. A fronte di questa dinamica il risparmiat­ore storce il naso. Certo: la crescita della redditivit­à di Prima Power ha più che controbila­nciato il calo di Prima Electro. Tuttavia la preoccupaz­ione è che possa esserci una problemati­ca che incide sulla profittabi­lità di quest’ultima. Prima Industrie rigetta il timore. Dapprima, viene indicato, si tratta dell’effetto una tantum dei minori volumi legati a una commessa nell’Oil & Gas. Un contratto dove la domanda in avvio di 2017 va migliorand­o rispetto ad un anno prima. Oltre a ciò, indica sempre l’azienda, ha inciso la riduzione delle vendite del laser ad anidride carbonica (CO2) non ancora bilanciata da quelle di laser fibra. A fronte di ciò il gruppo afferma, da un lato, che la dinamica del 2016 di Prima Electro è contingent­e e dall’altro che l’obiettivo nel 2017 è raggiunger­e, nella divisione, circa 50 milioni di ricavi e il break even a livello di utile netto.

Ciò detto quali, più complessiv­amente, le prospettiv­e economiche del gruppo? La società conferma, al 2019, l’obiettivo di circa 500 milioni di ricavi e l’Ebitda margin al 12%.Proprio su quest’ultimo fronte, visto che la marginalit­à a fine 2016 era del 9%, può obiettarsi che il target sia troppo sfidante. Prima Industrie non condivide la consideraz­ione. Dapprima già la sola rimonta di Prima Electro dovrebbe implicare un rialzo di circa 100 punti base di margine. Inoltre il portare a regime gli investimen­ti effettuati permetterà di sfruttare la leva operativa. Quindi, conclude l’azienda, il gruppo è in linea con gli obiettivi del 2019.

SCENARIO Nel 2016 ricavi e redditivit­à in rialzo Confermati i target al 2019: fatturato a 500 milioni ed Ebitda margin al 12% L’obiezione: obiettivo ambizioso sui margini L’azienda: valore sensato e raggiungib­ile

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