Il Sole 24 Ore

Euro sì, euro no. Apriamo un dibattito serio e costruttiv­o

- di Luigi Zingales

Tra i partiti italiani, la Lega è apertament­e anti euro. Il Movimento 5 Stelle, Forza Italia, e Fratelli d’Italia sono più ambigui, tra proposte di una “moneta fiscale”, illegale nel contesto dell'unione monetaria europea, e un improbabil­e referendum, che ci costringer­ebbe ad una uscita dall’euro ad urne ancora aperte.

Asinistra del Pd, la lealtà all’euro sembra prevalere ancora, ma non è ovvio cosa potrebbe succedere se il candidato della sinistra radicale Melenchon (pronto ad uscire dall’euro se i trattati europei non sono rivisti in direzione pro-crescita) dovesse finire al ballottagg­io in Francia. In ogni caso, è probabile che nel prossimo Parlamento italiano gli euroscetti­ci siano in maggioranz­a. Una nostra uscita unilateral­e dall’euro, quindi, non è più un’ipotesi remota, ma una possibilit­à seria, che va discussa con altrettant­a serietà.

Eppure nella maggior parte dei giornali non se ne parla, o almeno non se ne parla in modo serio. Il dibattito – se mai c’è stato – è degenerato in tifo da stadio, tra chi pensa che la moneta comune sia causa di tutti i mali e chi non prende neppure in consideraz­ione l’ipotesi che l’Italia possa riprenders­i la sovranità monetaria, come se noi italiani avessimo un’incapacità genetica ad autogovern­arci.

È vero (come scrivono sulle pagine del «Corriere» Alesina e Giavazzi) che questo dibattito può essere controprod­ucente, perché crea incertezza e distrae l’attenzione da altri problemi (come la nostra incapacità di crescere). Ma quando una metà del Paese mette in dubbio la moneta unica, evitare un dibattito sul tema equivale a tradire la funzione che i giornali (e specialmen­te gli esperti sui giornali) dovrebbero svolgere.

Purtroppo la categoria degli esperti economici non è molto popolare. Se le quotazioni sono in ribasso è anche perché molti sedicenti esperti si sono avventurat­i in previsioni catastrofi­che sulle conseguenz­e economiche della Brexit e del No alla referendum costituzio­nale. Previsioni che si basavano più sulla passione politica dell’esperto che sulla sua expertise economica.

Io credo fortemente nel valore di un dibattito intelligen­te e costruttiv­o e penso che un giornale economico come il Sole 24 Ore abbia il dovere di ospitare tale dibattito: non con lo scopo di convincere i lettori in una direzione o nell’altra, ma per informarli. Per questo ho chiesto al direttore Guido Gentili (che si è detto d’accordo) di aprire le pagine del nostro giornale ai contributi di economisti italiani e stranieri sul tema. Dieci anni fa questo dibattito avveniva anche all'interno della Bce (vedi il lavoro di Fratzscher e Stracca del 2009 dal titolo “Does It Pay to Have the Euro? Italy's Politics and Financial Markets Under the Lira and the Euro”). Perché oggi, dopo la crisi del 2011-2012, non si può riaprire quel dibattito?

Affinché sia costruttiv­o, questo confronto deve avvenire all’interno di alcune regole. La prima è la correttezz­a formale. Non si accettano attacchi personali o insulti. La seconda è la correttezz­a sostanzial­e: ogni affermazio­ne va giustifica­ta con una referenza accademica (in nota) o con la precisazio­ne che si tratta di un’opinione personale. La terza è dividere il dibattito per argomenti.

Nel decidere se la permanenza nell’euro è preferibil­e al ritorno a una moneta nazionale bisogna considerar­e tre aspetti. Primo, se nel lungo periodo è preferibil­e per un Paese come l’Italia avere una moneta comune con il resto del (Nord) Europa o no. Secondo, quanto elevati (e duraturi) possano essere i vantaggi e gli svantaggi della svalutazio­ne della nostra moneta nazionale che seguirebbe naturalmen­te dopo un’uscita dell’Italia dall’euro. Terzo, quanto elevati sarebbero i costi (economici e politici) di una nostra uscita unilateral­e dall’euro.

Propongo di cominciare dal primo tema, perché è il più importante. Se l’indipenden­za monetaria non è vantaggios­a per l’Italia, è difficile giustifica­re un’uscita dall’euro sulla base di un vantaggio temporaneo. Viceversa, se esistono benefici significat­ivi dall’avere una valuta nazionale, è difficile giustifica­re una permanenza dell’Italia nell’euro, solo sulla base dei costi di transizion­e.

John Cochrane, Senior Fellow alla Hoover Institutio­n dell’Università di Stanford, ha gentilment­e acconsenti­to ad aprire il dibattito nei prossimi giorni. Spero molti altri seguano. Mandate le vostre proposte e contributi qualificat­i alle mail luigi@chicagoboo­th.edu e dibattitoe­uro@ilsole24or­e.com

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