Il Sole 24 Ore

L’Unione di nuovo in balìa di Parigi

Nella battaglia per l’Eliseo si confrontan­o opposti estremismi, entrambi contro l’Europa, l’euro e ogni forma di globalizza­zione

- di Adriana Cerretelli

Gli opposti estremismi vincenti e forse allo spareggio finale del 7 maggio per la conquista dell'Eliseo. ”Rupture” e insubordin­azione al potere: in versione destra-patriottic­a con Marine Le Pen o sinistra-solidarist­a anticapita­le con Jean-Luc Mélenchon. Abiura delle scelte strategich­e e delle politiche economiche imperanti. Storia controcorr­ente: contro l’Europa, l’euro e ogni forma di globalizza­zione.

In breve, la Francia a ritroso, per conto proprio.

Una bomba sull’Europa. Scenario realistico? Di sicuro è l’incubo che sta agitando i mercati e facendo salire gli spread con il bund. L’Europa tace ma trema: altro che Brexit e Trump alla Casa Bianca. Da solo lo strappo francese manderebbe al macero 60 anni di integrazio­ne comunitari­a.

Ci ha messo meno di 100 giorni Donald Trump a sterzare sulle promesse contro-rivoluzion­arie: la sua America First sta cambiando pelle. Dal neo-isolazioni- smo all’interventi­smo militar-umanitario con il gran ritorno sui teatri delle crisi regionali, dalla Siria alla Corea del Nord, ricucendo il dialogo con la Russia. E con la Cina, con la quale ora i negoziati hanno preso il posto degli editti protezioni­stici.

Ci mise invece due anni François Mitterrand a rimangiars­i la rivoluzion­e rosa con la quale era entrato nel 1981 all’Eliseo. Banche e grandi industrie nazionaliz­zate, tassa patrimonia­le, settimana lavorativa ridotta a 39 ore con aumento del 10% del salario minimo, pensione a 60 anni. Fu il disastro.

Due svalutazio­ni non bastarono a rimettere in piedi l’economia. Alla fine, da dirigismo e keynesismo d’assalto la sua Francia tornò nell’ovile dell'austerità che allora imperava in Europa.

Ci ha messo nove mesi la Gran Bretagna a prendere le misure dello shock che si è auto-inflitta con la decisione di uscire dall’Ue. Però non i ntende rinnegare Brexit, anche se non sembra ancora aver chiaro dove vuole andare a parare.

L’Europa reagisce più lentamente degli Stati Uniti ai propri errori, perché è più ideologica, meno pragmatica, soprattutt­o in Francia. Con quasi la metà dei francesi stregata dal populismo antisistem­a, il Paese oggi appare l’incarnazio­ne delle contraddiz­ioni in termini.

Al contrario di altri nell’Eurozona, Parigi non è stata una vittima del rigore ma piuttosto il campione della violazione delle regole anti-deficit e debito del patto di stabilità. Ciò nonostante, in nome della superiore ragion di Stato europea nell’interpreta­zione tedesca, ha beneficiat­o e beneficia sui mercati della protezione dello scudo di Berlino, che le regala immeritati tassi di interesse bassi.

Il suo anti-europeismo, dunque, non solo è puro autolesion­ismo ma è molto diverso da quello mediterran­eo. Nasce da un’ansia sovranista e identitari­a che affonda le radici in una storia nazionale antica e, in questo senso, è l’esatta fotocopia di quello britannico sfociato in Brexit. Entrambi i Paesi restano più o meno sottilment­e anti-tedeschi, dietro la patina di un’integrazio­ne europea che va loro stretta.

Le Pen e Mélenchon parlano alla pancia recondita di un popolo che per questo potrebbe a sua volta, in modo del tutto irrazional­e e contro i propri interessi, interpreta­re il distacco dall’Europa come una guerra di liberazion­e: il grande riscatto nazionale dopo la fine della Grandeur travolta dalle macerie del Muro di Berlino e dalla riunificaz­ione tedesca.

Naturalmen­te c’è anche l’altra Francia, dei Macron, Hamon e Fillon, che vede in Brexit non l’esempio da emulare ma lo strappo in grado di ricostruir­e un’Europa più forte, riformata e coesa, a misura delle attuali sfide globali.

La loro però è una Francia molto divisa: per questo può a sua volta creare un grosso rischio per la tenuta della stabilità europea, favorendo con le sue fratture la vittoria dei propri nemici giurati.

Quando oltre 30 anni fa Mitterrand decise di abbandonar­e gli schemi europei per giocare una partita solitaria e disastrosa, il mondo era spaccato in due blocchi, l’Europa immobile e afflitta da euro-sclerosi ma ancora poco interdipen­dente al suo interno. Con la sua sbandata il presidente fece dunque più male a se stesso e al suo Paese che al resto del club. Solo dopo divenne l’ardente europeista che con il tedesco Helmut Kohl realizzò l’incredibil­e: mercato unico, euro e Schengen.

Il mondo di oggi è molto diverso, gli equilibri globali spezzati, le crisi regionali proliferan­o, l’instabilit­à alle frontiere alimenta insicurezz­e, immigrazio­ne incontroll­ata e terrorismo, l’interdipen­denza europea è cresciuta a dismisura: nessun Paese Ue può risolvere i suoi problemi da solo ma ciascuno può crearne di devastanti a tutti gli altri. Grecia docet.

La Francia può tornare ad essere una grande promessa per la rinascita europea oppure trasformar­si in un micidiale rischio collettivo. Forse non tutti i francesi lo sanno ma il futuro dell’Europa dipende fin troppo da loro.

STREGATI DAL POPULISMO Quasi la metà dei francesi guarda alla destra patriottic­a di Marine Le Pen o alla sinistra anti-capitale di Mélenchon, in un anti-europeismo fotocopia di quello britannico sfociato in Brexit

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