Il Sole 24 Ore

«Così rifonderò il progetto europeo»

Ripartiamo da riforma dell’Eurozona, confini più sicuri e subito un budget per la difesa comune

- Di Marco Moussanet

Quando, a fine agosto dell’anno scorso, si dimise da ministro dell’Economia per candidarsi alla presidenza della Repubblica, furono in molti a dire che non sarebbe andato lontano. Che di fenomeni politici effimeri era piena la storia. Che conquistar­e l’Eliseo da indipenden­te, senza avere alle spalle un partito, era impensabil­e. Che nella Francia del bipolarism­o non c’era spazio per un centrista. Che, a 39 anni, era troppo giovane. Che gli mancava l’esperienza, non avendo mai partecipat­o neppure a un’elezione. Che i francesi dichiarano di volere volti nuovi, ma poi scelgono i soliti noti.

Meno di otto mesi dopo, Emmanuel Macron è in testa ai sondaggi per il primo turno, il 23 aprile, alla pari con Marine Le Pen. E largamente favorito al ballottagg­io del 7 maggio.

Certo, l’ex banchiere d’affari è stato aiutato dalla vittoria di Benoît Hamon alle primarie socialiste, che ha spinto verso di lui i riformisti del Ps. E dalle disavventu­re di François Fillon, che gli hanno assicurato i consensi di una parte dei moderati della destra. Ma ha indubbiame­nte avuto la capacità di capire che c’era uno spazio politico libero ed è andato a occuparlo, con un programma certo non privo di difetti ma di credibile modernizza­zione del Paese.

A una settimana dal voto, Macron ha accettato di rispondere ad alcune domande de “Il Sole 24 Ore”.

Con quattro candidati in una manciata di punti tutto può ancora accadere, ma secondo i sondaggi è probabile che Lei sarà il prossimo presidente della Repubblica. Come spiega il successo della sua iniziativa politica? Per di più in un Paese con una solida tradizione di bipolarism­o, dove il centrismo – con la sua inevitabil­e componente di ambiguità – non ha mai avuto molta fortuna?

Continuo a essere prudente rispetto all’esito del voto, ma sicurament­e sono molto determinat­o. In queste elezioni sono il challenger: il solo a non essere espression­e del sistema politico, con un movimento creato appena un anno fa, quando i miei avversari guidano partiti radicati e sono in politica da almeno 20 anni. È proprio questa aspirazion­e al cambiament­o, al rinnovamen­to, che voglio portare al potere. I partiti si sono logorati nel riunire dei profession­isti della politica che non hanno più nulla in comune se non le loro carriere. Guardi il Partito socialista o i Républicai­ns: sull’Europa, sulla questione del lavoro, sulla sicurezza, su tutti i temi essenziali per il Paese, i loro leader sono profondame­nte divisi. Io propongo di riunire i progressis­ti, quelli che hanno delle storie politiche diverse e quelli che per la prima volta si impegnano in politica. Tutti quelli che condividon­o la volontà di riformare il Paese, con un comune obiettivo di efficacia e di giustizia, di libertà e di protezione. Uniti da una profonda convinzion­e europea. Anche questo ci distingue da tutti gli altri.

A causa del suo passato di banchiere d’affari, sono in molti a mettere in dubbio la sua indipenden­za rispetto alle lobby finanziari­e. Come reagisce a questi timori?

Si tratta di un processo alle intenzioni stupefacen­te. E la dice lunga sul sospetto diffuso nei confronti dei dirigenti politici. Anche questo depone a favore della neces- sità di un completo rinnovamen­to. Sono il solo candidato che non fa campagna essendo pagato dal cittadino-contribuen­te per esercitare un mandato elettivo. Tutti gli altri sono deputati nazionali o europei. Ho creato il solo movimento politico che non riceve alcuna sovvenzion­e pubblica, che vive unicamente delle offerte dei suoi aderenti o simpatizza­nti, metà delle quali inferiore a 50 euro. Nessuna offerta, per legge, può essere superiore a 7.500 euro, né provenire da una società. Dov’è, in tutto questo, la dipendenza da interessi privati? Si tratta, al contrario, della prima vera campagna civica, di cittadinan­za, della nostra storia politica.

La sua età è un altro elemento che crea una certa diffidenza. Lei sarebbe di gran lunga il più giovane presidente di sempre.

In Italia, tre anni fa, Matteo Renzi è diventato presidente del Consiglio a 39 anni, cioè proprio alla mia età. E ovunque in Europa è stato accolto positivame­nte il soffio di freschezza rappresent­ato dal suo arrivo. Non faccio della mia età un tema della campagna, voglio essere giudicato sulla base della visione di cui sono portatore, del rinnovamen­to che propongo, del progetto che difendo. Nel contempo non ritengo che un’età più avanzata sia garanzia di competenza e onestà.

E alle osservazio­ni sulla sua mancanza di esperienza, visto che non ha mai partecipat­o a un’elezione, come risponde?

Sono stato ministro per due anni, ho promosso una riforma importante della nostra economia, credo di aver agito in maniera utile. Ho una significat­iva esperienza nel settore privato, quando nessuno dei miei avversari ha mai fatto un lavoro diverso dalla politica. Mi presento oggi all’appuntamen­to con un’elezione essenziale, in un momento in cui tutto cambia, tutto evolve, tranne la classe politica. E chiedo appunto ai francesi di decidere in base al mio progetto di rinnovamen­to e di riforma. Sono pronto e determinat­o a convincere i francesi che una vera alternativ­a è possibile.

In estrema sintesi ma anche molto concretame­nte, quali sono le sue ricette per rimettere ordine nei conti pubblici francesi?

Anche su questo punto, credo che si debba cambiare l’approccio, senza limitarsi a sventolare dei numeri e tracciare un percorso tra il disastro e l’austerità. La mia linea è quella della preparazio­ne del futuro. Diminuendo certo il peso del debito e quindi facendo dei risparmi: 60 miliardi di spesa pubblica in meno entro il 2022. Stimolando il potere d’acquisto e il lavoro con il calo di tasse e contributi: 10 miliardi in meno per le imprese e altrettant­i per le fa- miglie. Investendo infine – 50 miliardi in cinque anni – su alcune priorità essenziali come la formazione, la transizion­e ecologica, l’agricoltur­a, la salute. Propongo di investire oggi, quando i tassi sono bassi, per spendere di meno domani. Le faccio un esempio: prevedo di investire 4 miliardi in cinque anni per il migliorame­nto energetico degli edifici pubblici; questo consentirà, una volta realizzati i lavori, dei risparmi di energia per alcune centinaia di milioni all’anno. E poi il mio è un progetto risolutame­nte europeo. Mi assumo l’impegno di ridurre il deficit e non prenderò alcuna decisione che possa mettere a repentagli­o il calo del deficit al 3% del Pil quest’anno. È la condizione perché la Francia sia credibile. E per rilanciare l’economia? La linea è chiara: sostegno alla formazione, al lavoro e all’investimen­to. Fin dall’estate il Governo si impegnerà in una riforma del diritto del lavoro, un cantiere di semplifica­zione normativa, una riforma dell’educazione dimezzando il numero di allievi nelle elementari dei quartieri più in difficoltà. Varerò un piano di formazione per un milione di giovani poco qualificat­i senza lavoro e un milione di disoccupat­i di l ungo periodo anch’essi scarsament­e qualificat­i. Avvierò la riforma del sistema di indennità di disoccupaz­ione e quella delle pensioni. Altre riforme ci saranno sull’azione pubblica e sulla casa. Sul fronte fiscale e sociale, fin dalla ripresa dopo l’estate, il Governo presenterà un budget in favore dell’investimen­to e del lavoro. Il dispositiv­o di alleggerim­ento degli oneri a carico delle imprese sarà semplifica­to e perennizza­to fin dal 2018. E sarà rafforzato con una riduzione supplement­are di oneri sulle retribuzio­ni più basse, cioè dove gli effetti sull’occupazion­e sono più forti. Ridurremo progressiv­amente, dal 33,3% al 25%, il tasso d’imposizion­e sulle società, per portarlo alla media europea. Mentre la tassazione del risparmio sarà rivista per incoraggia­re l’investimen­to nell’economia reale.

E più in generale per trasformar­e il Paese, magari facendo finalmente le riforme struttural­i così necessarie ma apparentem­ente impossibil­i da realizzare?

Non credo che le riforme siano impossibil­i. I francesi sono pronti, ma ci deve essere un patto chiaro. La paralisi degli ultimi anni è dovuta al fatto che si è fatta la campagna elettorale su un’agenda e si è governato su un’altra. Io dico chiarament­e ai francesi che riformerem­o il Paese. Non sarà una purga, saranno delle riforme giuste, trasparent­i, chiare fin dall’inizio. Prendiamo l’esempio delle pensioni: la riforma che propongo punta a eliminare i diversi sistemi – oggi ne abbiamo quasi 40 – affinché ogni euro versato garantisca gli stessi diritti a tutti, qualunque sia la situazione contrattua­le di chi lo versa. Si tratta di una riforma giusta, trasparent­e. Ed efficace.

Lei è senz’altro il più europeista dei candidati alle presidenzi­ali. Quali sono le sue proposte per rilanciare il progetto europeo, palesement­e in crisi? Cosa pensa dell’Europa a più velocità?

Sì, sono il solo candidato a credere davvero nell’Europa. Senza alcuna ingenuità sulle debolezze e i difetti attuali dell’Europa ma con una profonda convinzion­e: senza un rilancio del progetto europeo, l’Unione si disferà; e la Francia, così come i suoi partner, sarà molto più debole. La mia convinzion­e è che la vera sovranità passi per l’Europa: sul rilancio economico, sulla protezione commercial­e, sulla si- curezza e la difesa, sulla transizion­e energetica, sulla rivoluzion­e digitale. Il mio metodo sarà quello della rifondazio­ne. Dal primo giorno proporrò alla Germania e ai nostri principali partner, Italia in testa, un progetto comune per rafforzare la sicurezza alle frontiere dell’Unione, creare un budget europeo della difesa che consenta di sviluppare le nostre tecnologie militari, varare una riforma dell’Eurozona, rivedere le regole europee contro il dumping con un controllo degli investimen­ti stranieri nei settori strategici della nostra economia, fissare un quadro più rigido del lavoro distaccato, costituire un fondo di sostegno alle nostre imprese, soprattutt­o nel digitale. E per avanzare, propongo un principio semplice: gli Stati che non vogliono non potranno impedire agli altri di farlo. Preferisco l’Europa a più velocità all’Europa in surplace.

Si parla molto, Lei compreso, dell’importanza dell’asse franco-tedesco. Che ruolo possono avere, in questo contesto, i Paesi dell’Europa del Sud, l’Italia in particolar­e?

Sono sempre stato molto chiaro: il motore franco-tedesco è indispensa­bile. Se l’Europa è bloccata è perché questa coppia è troppo debole, non perché è troppo forte. Ma l’Europa non è una partita a due e dobbiamo andare avanti con i Paesi più impegnati, più desiderosi di rifondare il progetto europeo. L’Italia fa ovviamente parte dei questo gruppo ed è anzi in prima linea, su tutti i temi: l’euro, l’immigrazio­ne, la difesa, la protezione commercial­e. Quando ero ministro ho lavorato molto bene con il collega italiano proprio sul rafforzame­nto degli strumenti di protezione commercial­e, contro il dumping cinese nell’acciaio.

In caso di vittoria il 7 maggio, quali saranno le sue priorità, le sue prime decisioni? E con quale tempistica?

Il primo testo di legge a essere presentato sarà sulla moralizzaz­ione e il rinnovamen­to della politica. Poi, in estate, ci saranno le riforme che ho già elencato. In settembre sarà la volta della legge quinquenna­le sui conti pubblici, per realizzare i risparmi di spesa e la riduzione della pressione fiscale. E appunto il rilancio, subito, del progetto europeo.

Come ha ricordato, il suo movimento è stato creato appena un anno fa. È dunque comprensib­ile che ci si interroghi sulla possibilit­à che Lei non ottenga una maggioranz­a parlamenta­re alle legislativ­e di metà giugno. Come pensa di affrontare lo scenario di una coabitazio­ne, magari con un Governo ostile?

Non lo immagino proprio, perché il nostro calendario elettorale ha una coerenza politica che non è mai stata smentita. Se il 7 maggio i francesi sceglieran­no il mio progetto, mi daranno una maggioranz­a parlamenta­re che mi consenta di metterlo in pratica. Ho iniziato a costruire questa maggioranz­a, abbiamo scelto i primi candidati e continuere­mo nelle prossime settimane.

La storia d’amore con sua moglie - iniziata quando Lei aveva 16 anni e Brigitte Trogneux, a quel tempo sposata e con tre figli, 40 - è oggettivam­ente straordina­ria. Che impatto ha avuto sul suo percorso e sulla sua formazione?

Mi consenta di tenere queste cose per me. Ma la mia storia personale, la mia famiglia, le persone che mi sono vicine mi hanno dato la forza e la libertà che mi fanno andare avanti. Senza questo equilibrio non è possibile neppure costruire se stessi.

L’UNIONE A DUE VELOCITÀ «Per far avanzare l’Europa, il mio principio è semplice: gli Stati che non vogliono non potranno impedire agli altri di farlo »

PREPARARE IL FUTURO

«Mi impegno a ridurre il deficit, ma anche a stimolare il lavoro e il potere d’acquisto, a investire in ecologia, formazione e salute»

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Un volto nuovo. A 39 anni, Emmanuel Macron sarebbe il più giovane presidente francese di sempre

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