Insegnanti, sulla chiamata diretta 18 vincoli ai presidi
pDalle certificazioni linguistiche (pari almeno al livello B2); all’esperienza, come tutor, nei percorsi di alternanza scuola-lavoro; passando per master universitari, pubblicazioni, periodi di insegnamento all’estero, esperienza in progetti didattici innovativi o multimediali. Dopo un esordio, piuttosto tormentato, lo scorso anno, la cosiddetta “chiamata diretta” degli insegnanti da parte dei presidi, uno dei punti cardine della riforma RenziGiannini, subisce un netto restyling. Si limita il raggio d’azione dei dirigenti, con l’introduzione di 18 “criteri” da seguire per la “scelta” degli insegnanti più corrispondenti alle esigenze dell’offerta formativa. Otto di questi “indicatori” riguardano i titoli da possedere: si valorizza, per esempio, il dottorato di ricerca, ma anche le ulteriori abilitazioni. I restanti dieci sono legati invece alle esperienze professionali (nel documento elaborato dal Miur, e condiviso con i sindacati, si menzionano, tra l’altro, l’insegnamento con metodologia Clil - una disciplina non linguistica spiegata ai ragazzi in lingua straniera - o l’aver fatto il tutor durante l’anno di prova dei colleghi neo-immessi in ruolo).
Il passo indietro rispetto alle regole contenute nella legge 107 è piuttosto marcato: il capo d’istituto resta titolare del potere di proposta dei criteri da utilizzare per il passaggio dell’insegnante da ambito a scuola, in coerenza con il Piano triennale dell’offerta formativa. La scelta, tuttavia, d’ora in avanti, dovrà essere fatta “pescando” all’interno dei 18 indicatori fissati dal Miur (che appaiono piuttosto generici: non si tiene conto del grado di istruzione, dell’eventuale presenza di alunni stranieri, delle materie professionalizzanti, del potenziamento delle materie scientifiche).
Il preside potrà sceglierne fino a un massimo di sei. La sua proposta dovrà poi passare dal collegio docenti (e così, la collegialità eliminata, o quanto meno fortemente ridotta dalla Buona Scuola, rientra dalla finestra). Una volta acceso semaforo verde, sarà comunque il dirigente, in tutta la sua discrezionalità, ad effettuare le procedure di “selezione” dei prof per la copertura dei posti vacanti (ovviamente, come previsto dalla legge 107, si potrà decidere di svolgere dei colloqui). Il collegio docenti dovrà esprimer- si entro sette giorni; se si va oltre, il preside è autorizzato ad andare avanti: il passo successivo è la pubblicazione di un Avviso, dove sono specificate le competenze richieste, i criteri oggettivi per la scelta, e tutte le indicazioni per presentare la candidatura. L’esame dei candidati sarà comparativo: l’insegnante che riceve più proposte potrà scegliere quale accettare. Qualora il docente non riceva risposte o non ne accetti nessuna, sarà l’Ufficio scolastico territoriale, d’ufficio, a conferire l’incarico triennale.
La “chiamata diretta” (o per competenze) è stata introdotta dalla Buona Scuola con l’obiettivo, condivisibile, di consentire ai presidi di avere in squadra i professori più adatti al proprio istituto, pescando dai docenti degli ambiti territoriali (organico potenziato): lo scorso anno, complice anche “il famigerato algoritmo” che ha sfasato le operazioni di trasferimento, c’è stata una falsa partenza: quasi tutti i docenti “chiamati” erano stati trasferiti in ambiti lontanissimi dalla propria residenza, e hanno poi chiesto (e ottenuto) l’assegnazione provvisoria per avvicinarsi ai propri familiari (“dribblando” così la chiamata). Le nuove norme, e la nuova procedura, avallata dai sindacati, dovrebbero scattare da luglio, al termine delle operazioni di mobilità. Il condizionale, anche quest’anno, resta d’obbligo, visti gli ulteriori “ammorbidimenti” alle regole sui trasferimenti dei professori. Come nel 2016, si sterilizza per altri 12 mesi il vincolo di permanenza triennale nella sede di titolarità, con la conseguenza che qualsiasi prof, compresi i neo assunti lo scorso settembre, potranno chiedere di essere trasferiti anche tra province diverse. Insomma, un nuovo “liberi tutti” che rischia di allungare i tempi (compresi quelli per la chiamata diretta), con la certezza di aprire il nuovo anno scolastico con l’ennesimo valzer di cattedre, a danno di famiglie e studenti.
LA DECORRENZA Il capo d’istituto potrà scegliere fino a un massimo di sei criteri tra titoli ed esperienze specifiche. La nuova procedura dovrebbe scattare da luglio