Sfide per supercomputer «made in Ue»
Il calcolatore quantistico potrebbe arrivare nel 2030 Ma bisogna investirci oggi
La finestra di opportunità per l’Europa è adesso. È il momento in cui ritagliarsi una propria strada al supercalcolo, sviluppando tecnologie Made in Ue. In questo momento «l’impronta» del supercalcolo europeo è minima, il primo supercomputer nella classifica dei Top500 è in dodicesima posizione: l’italiano Marconi del Cineca di Bologna, che peraltro dimostra la nostra capacità piuttosto avanzata nel settore. «Ma L’Europa nel complesso – dice a Nòva24 Roberto Viola, direttore generale di DG Connect della Commissione europa – ha in parte perso il treno per quanto riguarda i processori a basso consumo ed alta performance, concentrandosi invece in altri campi della microelettronica. Questa debolezza però rischiamo di pagarla nel lungo periodo: il calcolo e soprattutto il supercalcolo hanno una importanza strategica».
In ballo ci sono vari aspetti: dalla meteorologia alla medicina, dove gli studi per la comprensione del funzionamento del cervello umano o la cura di varie patologie fanno passi da giganti, con la capacità di fare simulazioni avanzate dei nuovi farmaci riducendo le fasi di sperimentazione. Oppure la progettazione di componenti dal design avanzato per l’industria automobilistica. Qui entra in gioco ad esempio il ruolo della piccola e media impresa, che sperimenta e crea ma che per poterlo fare dovrà sempre più avere accesso al supercalcolo attraverso il cloud e sistemi self service.
In più, oltre alla produzione di chip e sistemi di supercalcolo, c’è tutta la parte della integrazione dei processori, architetture di connessione, sviluppo di software dedicato, algoritmi di calcolo parallelo. Temi sui quali l’Europa, e segnatamente l’Italia, è fortunatamente in buona posizione. «L’errore però – continua Viola – è pensare che un singolo Paese anche se grande come Francia o Germania possa competere da solo con i colossi americani, giapponesi e adesso cinesi. Occorre invece uno sforzo comune, come quello che emerge dall’impegno preso a Roma pochi giorni fa da sette ministri per creare una federazione di volontà con un programma europeo che faccia lavorare assieme per la massa critica».
Il futuro è dietro l’angolo: la meccanica quantistica e poi il computer quantistico non sono argomento da fantascienza. Oggi si lavo- ra su supercomputer tradizionali, tra cinque anni su sistemi ibridi e con l’orizzonte del 2030 un calcolatore quantistico puro è fattibile. I vantaggi saranno molti: dagli orologi quantistici (per sistemi di localizzazione anche dentro edifici) alla crittografia quantistica per creare chiavi impossibili da decodificare (che oggi però non riusciamo ancora neanche a trasmettere). Nel futuro: sensori quantistici per il corpo umano capaci di rivelare una singola particella, e poi calcolatori ibridi o capaci di simulare parti quantistiche. «È un futuro – dice Viola – sul quale dobbiamo investire alcuni miliardi di euro, come Europa».
È un cambio di velocità che permette di immaginare il futuro del supercalcolo, basato su una fisica completamente differente rispetto a quella usata da Alan Turing per immaginare l’architettura alla base della nostra idea di computer. E anche la fine della legge di Moore, dato che la meccanica quantistica rappresenta l’altro lato della soglia fisica della miniaturizzazione. Al di sotto di una certa grandezza non è più possibile utilizzare la fisica tradizionale e occorre abbandonare le cariche elettriche che formano i bit per passare agli stati quantistici delle particelle o degli atomi che con il loro spin formano i qubit. I qubit hanno proprietà differenti da quelle dei bit, che ap- partengono al mondo macroscopico: seguono i principi postulati dalla meccanica quantistica: sovrapponibilità degli stati, interferenza, entanglement e indeterminazione.
Oggi però i supercomputer sono solo “tradizionali”: applicano raffinatissime evoluzioni di tecnologie in realtà antiche. Il vettore di crescita maggiore è dato dal tipo di problemi che i supercomputer devono affrontare, né più né meno del tipo di circuito sulle quali le macchine di Formula Uno si trovano a gareggiare. Il tipo di calcolo più comune è quello vettoriale, che svolge più operazioni contemporaneamente su dati elementari. La naturale parallelizzazione di questo tipo di calcolo ha indirizzato lo sviluppo dei supercomputer sull’utilizzo di migliaia di processori di media potenza contemporaneamente anziché sull’uso di uno o pochi processori estremamente potenti o sulla federazione di singoli computer (che avrebbero tempi di latenza eccessivi per il supercalcolo ma che grazie alla virtualizzazione sono ottimi per il cloud, ad esempio). Soprattutto giocano un ruolo centrale i processori grafici, sviluppati grazie al mercato delle console per videogiochi, si sono dimostrate particolarmente flessibili e utili.