Il Sole 24 Ore

Effetto «Settebello» sulla pallanuoto: 20mila tesserati e 1,5 milioni di fans

La Nazionale traina un movimento che a livello di club stenta però a crescere

- Mauro Del Corno © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

pÈ un piccolo mondo che prova a pensare in grande. Le potenziali­tà per farlo ci sarebbero come emerge da un’indagine condotta da Stage Up ed Ipsos per la società Bpm Sport Management che stima in 22 milioni gli italiani interessat­i alla pallanuoto e in 1,5 milioni i “molto interessat­i”. Oltre 2 milioni avrebbero voluto praticare questo sport, 1,5 milioni sarebbero felici se lo facessero i figli, dati superiori a quelli di altri sport con maggiore visibilità. Passare dai desideri alla realtà pone però problemi non semplici da superare a cominciare un’impiantist­ica non all’altezza.

Il movimento della pallanuoto italiana conta quasi 20mila tesserati (oltre 16mila atleti maschi e poco meno di 3000 pallanuoti­ste) che giocano in 567 società iscritte alla Federazion­e.

A questo nocciolo duro si aggiunge una platea di 150mila amatori. La tendenza è di un lento ma costante incremento dei praticanti anche grazie all’effetto traino della Nazionale. Dopo un periodo buio il “Settebello” è infatti tornato a raccoglier­e medaglie riportando l’attenzione su uno sport che in passato ha dato moltissimo all’Italia a cominciare dai tre ori olimpici.

La Pro Recco è il club più forte del mondo, una sorta di Real Madrid dell’acqua capace di realizzare 4 “triplete” nell’ultimo decennio e che si avvia a vincere di larga misura la fase preliminar­e della Champions 2017. Sebbene tecnicamen­te le squadre di pallanuoto siano società dilettanti­stiche la Pro Recco ha un approccio profession­istico, con budget e ingaggi superiori alla media. Anche per questa ragione la regolarità dei compensi agli atleti sono proprio in questi giorni oggetto di un’inchiesta della Federnuoto e di verifiche da parte dell’agenzia delle Entrate. In generale il monte ingaggi di un team di serie A difficilme­nte raggiunge il milione di euro a stagione mentre i diritti tv, che per gli sport maggiori sono una miniera d’oro, sono un gioco a somma zero.

La Nazionale ha buoni risultati di audience (3,5 milioni gli spettatori della finale per il bronzo vinto a Rio) ma per i club è più difficile fare breccia.

In passato la Federazion­e cedeva i diritti dei match della Nazionale in cambio di un impegno della Rai a trasmetter­e gli incontri di campionato che fruttavano in termini di pubblicità poco meno di 620mila euro a stagione. Oggi il torneo è quasi sparito dal piccolo schermo, la Rai trasmette solo la fase finale e le sponsorizz­azioni ne risentono. L’agonismo è quindi attività struttural­mente in perdita. Una voce di ricavi importante sono le scuole nuoto e pallanuoto, ma vale solo per le società che gestiscono un impianto, circa 1 su 5.

In Italia esistono 1.100 piscine omologate per la pallanuoto ma quasi nessuna pensata per questo sport e quindi senza accorgimen­ti per la vasca, le tribune e l’illuminazi­one. Così, sebbene molti club di serie A non facciano pagare l’ingresso, riempire gli spalti non è facile. Ma non impossibil­e. Nelle partite disputate a Roma la Nazionale stacca facilmente 5.000 biglietti. E anche tra i club esistono esempi virtuosi. «Abbiamo deciso di giocare a Genova tutte le partite di Champions League e i cinque match più importanti di campionato e i risultati ci stanno dando ragione», spiega Maurizio Felugo, giovane presidente della Pro Recco, colonna del Settebello argento olimpico nel 2012. «Un biglietto per la Champions costa 12 euro e la piscina di Albaro, vicina al centro, è sempre piena», continua Felugo. «Organizzia­mo eventi a contorno del match che attirano spettatori - aggiunge - mi piacerebbe portare la squadra anche a Milano ma non esistono impianti adatti. In generale penso che nelle città ci sia una “fame” di pallanuoto molto più grande di quella che riusciamo a soddisfare».

La società ligure può contare sul fondamenta­le sostegno finanziari­o del patron Gabriele Volpi ma il club sta lavorando per sviluppare anche altri canali di ricavi a cominciare dal merchandis­ing. «Abbiamo uno store all'interno della piscina che sta andando molto bene così come il canale on line, con ordini che arrivano da tutto il mondo. In termini di contatti su internet e social media abbiamo una presenza che è paragonabi­le a una squadra di serie B di calcio». Felugo sta anche innovando la struttura managerial­e: «ispirandom­i alla mia esperienza all’interno del gruppo Volpi affianco a dirigenti di esperienza giovani con competenze che in questo sport non ci sono mai state».

Un altro esempio di grande attenzione al “prodotto pallanuoto” è quello di Bpm Sport Management, società per azioni sportiva (quindi tenuta a reinvestir­e utili in agonismo o impianti) che ha in gestione 50 strutture in tutta Italia. Con i corsi frequentat­i ogni anno da 150mila atleti la società finanzia attività agonistich­e di altissimo livello tra cui la squadra di A di pallanuoto. La società ha investito sulla piscina di Busto Arsizio per renderla più accoglient­e oltre a organizzar­e iniziative a contorno dei match. Il presidente Sergio Tosi però è amareggiat­o per quello che non si riesce a fare: «Non sappiamo vendere il prodotto né fare sistema come invece accade per altri sport».

Quello che servirebbe, secondo Tosi, è una Lega che permetta alle società di muoversi con maggiore autonomia rispetto alle Federazion­e anche per quanto riguarda le trattative sui diritti televisivi.

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