«Mancano investitori e impianti»
pSandro Campagna allena la nazionale italiana maschile dal 2008. Da giocatore ha vinto l’oro olimpico a Barcellona nel 1992. In panchina ha conquistato l’argento a Londra nel 2012, il bronzo a Rio la scorsa estate oltre ad un titolo mondiale nel 2011. Chiusa la bacheca si guarda già Tokyo 2020.
Qual è lo stato di salute della pallanuoto italiana?
Da un punto di vista tecnico ottimo, forse come non mai. Stiamo lavorando bene e, anche a causa della crisi, le società sono tornate ad investire molto sui giovani. Diamo delle linee guida nella costruzione del giocatori già a partire dagli under 13 e oggi molti club di serie A schierano giocatori di 16 o 17 anni. Il ricambio generazionale procede molto bene, lo si vede anche dai risultati delle nazionali giovanili.
In generale c'è un grande impegno per avvicinare i giovani a questo sport.
Assolutamente, le iniziative sono tante. Ne cito una: il festival “HaBaWaBa”. Ogni estate a fine giugno a Lignano Sabbiadoro si riuniscono 150 squadre italiane e straniere con giocatori tra 9 e 11 anni. È una piccola olimpiade della pallanuoto che ogni anno attira più partecipanti, pubblico e sponsor. La mia impressione è che il numero di ragazzi che vogliono giocare a pallanuoto stia aumentando sensibilmente.
Anche se a differenza di altri sport di pallanuoto non si vive. È possibile conciliare un percorso di studio con un impegno sportivo di alto o altissimo livello?
Non solo è possibile ma è anche utile. In passato abbiamo avuto campioni olimpionici che poi sono diventati ingegneri o avvocati, non vedo perché oggi dovrebbe essere diverso. Da parte mia e della Federazione c’è un grande impegno con scuole e università per agevolare questo percorso. Io stesso sono in contatto con diversi presidi o professori e mi adopero per fare in modo che appuntamenti sportivi e scolastici non si sovrappongano.
Il Recco è la società più forte del mondo e in Italia domina da 10 anni e ha appena raggiunto il record di dopo le 72 vittorie di fila in A-1. Vantaggio o limite?
Il Recco è un esempio, una so- cietà strutturata e organizzata molto bene e non si può certo criticare chi investe. La sfortuna è che sinora sia rimasto un caso isolato. Diversamente saremmo qui a parlare di un fenomeno che ricorda la pallavolo negli anni ‘90 quando entrarono Berlusconi, Benetton e Gardini innescando un boom impressionante.
Quali sono i principali fattori di freno per la pallanuoto italiana?
Abbiamo un problema di impianti. A livello internazionale e in particolare in Italia. Solo in Ungheria dove la pallanuoto è seguita come il calcio esistono impianti ad hoc con luci perpendicolari che eliminano i riflessi nelle riprese tv, tribune capienti e strutturate in un certo modo, con box vip eccetera. Portare la nazionale nelle grandi città è importante per il nostro sport ma, ad esempio, io non ho un impianto adatto per fare giocare la squadra a Milano.
Forse si potrebbe fare qualcosa di più anche in termini di marketing e comunicazione?
Certamente. Qualche anno fa abbiamo creato un marchio per la nazionale che permettesse un’identificazione immediata degli appassionati e aiutasse a sviluppare tutta la filiera del merchandising. L’iniziativa si è un po’ arenata per ragioni burocratiche ed è un peccato. Il nostro è un marchio con grandi potenzialità e riconosciuto nel mondo. Io ad esempio ho continue richieste da Australia, Stati Uniti e altri paesi per capi di abbigliamento della Nazionale.