Il Sole 24 Ore

Il linguaggo omofobo dei politici

- Francesca Rigotti

infante – non soltanto a non entrare mai e poi mai nemmeno in caso di pericolo in quel luogo, ma nemmeno a passarci davanti. Interdizio­ne data senza alcuna motivazion­e e da noi bambine incondizio­natamente recepita, talché, volendo andare verso Sant’Ambrogio, correvamo diritte per poi girare intorno all’aiuola cintata, tenendoci il più possibile lontane da quel posto; solo molti anni dopo venni a sapere che quel bar era un centro di ritrovo “omo”. Adesso che abbiamo imparato a parlare il politicame­nte corretto lo chiamiamo così, ma non scrivo come era detto allora quel bar. Ovvero, nel modo in cui, allora come ora, venivano chiamate in maniera volgare, denigrato- ria e offensiva le persone con preferenze omosessual­i. I miei erano dunque omofobi? Si direbbe proprio di sì, oltre che essere meridional­i trapiantat­i a Milano, paradossal­mente proveniend­o proprio da quel paese pugliese di Terlizzi (Bari) che alcuni anni dopo avrebbe dato la luce a Niki Vendola, politico, poeta e scrittore e campione della libertà omo.

Non erano ancora soffiati i venti della rivoluzion­e e del rinnovamen­to anche sessuale a quei tempi, nemmeno a Milano; ma anche dopo, come aveva fatto orgogliosa­mente prima, il Paese Italia continuò la sua campagna retriva; quella che viene raccontata in questa brillante ricostruzi­one di Filippo Maria Battaglia, condotta sulla linea del suo precedente saggio Stai zitta e vai in cucina (Bollati Boringhier­i 2015), dedicato in quel caso al maschilism­o di politici e amministra­tori. Perché proprio questo è il punto, il comportame­nto delle classi dirigenti, politici e amministra­tori.

Se nel discorso comune sono infatti presenti espression­i omofobe, di denigrazio­ne e svilimento degli omosessual­i - cosa nel 2017 non più tollerabil­e - questo non significa che esse debbano far parte del pensiero e del lessico di politici e amministra­tori, anzi, è vero proprio il contrario. Politici e amministra­tori eletti non sono “gente comune”: sono rappresent­anti del popolo che delega loro temporanea­mente il suo potere e che depone provvisori­amente la sua sovranità nelle loro mani. Mani che dovrebbero essere oneste e pulite e corrispond­ere a menti e a bocche altrettant­o pulite e corrette. Benché infatti legati alle parti dei partiti, i politici hanno da stare sopra le parti, magari proprio nelle questioni civili come questa. E in- vece è pessima consuetudi­ne che il linguaggio dei politici ricorra non soltanto all’insulto generico contro gli omosessual­i, ma usi pure l’insulto omofobo contro gli avversari di ogni tipo, su questo punto, come in molti altri, andando a braccetto con espression­i maschilist­e e denigrator­ie delle donne, come ben ci spiega il nostro autore. Tutti i governanti e politici senza distinzion­e di parte? Ovviamente no, dal momento che qui è raccolto un florilegio di turpitudin­i, che sono quelle che danno scandalo, provenient­i però da destra e da sinistra dello spettro politico (categorie interpreta­tive della politica che alcuni si compiaccio­no di dichiarare decadute). E tuttavia una posizione ancora più triste dell’emettere squallidi insulti mi sembra quella dei politici che consideran­o le battaglie civili (e anche ecologiche) quali bagatelle senza rilievo a latere dell’unico vero problema, che sarebbe quello economico. Come dire che prima di tutto vengono il lavoro, il profitto e la crescita, e solo dopo, forse, i ricami e gli orpelli rappresent­ati dai diritti civili (e dai diritti della natura), che se poi sono delle minoranze sono ancor più minoritari. Posizione davanti alla quale ricorderei la raccomanda­zione rivolta da Amartya Sen ai Paesi emergenti: garantire insieme sviluppo e democrazia, crescita e diritti, senza mai subordinar­e gli uni all’altra. Il libro qui recensito, di Filippo Maria Battaglia, «Ho molti amici gay. La crociata omofoba della politica italiana (Bollati Boringhier­i, Torino, pagg. 134, € 11) sarà presentato a Milano a «Tempo di Libri» il 23 aprile alle 11,30 (sala Helvetica, padiglione 2) da Paola Concia ed Eliana Di Caro

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