Il Sole 24 Ore

È rinato il Sa nto Sepolcro

Restituita ai fedeli perfettame­nte ripulita e consolidat­a la veneratiss­ima Edicola che racchiude la tomba di Gesù

- Di Marco Carminati

L’Edicola del Santo Sepolcro più spettacola­re della storia dell’arte non si trova a Gerusalemm­e nell’omonima basilica, bensì a Firenze in una piccola cappella annessa al Museo Marino Marini fatta edificare dalla potente famiglia dei Rucellai. Ispirandos­i ai modellini di legno e avorio che i pellegrini di Terrasanta portavano in Europa come souvenir, Leon Battista Alberti realizzò a metà Quattrocen­to una meraviglio­sa “copia” più o meno a grandezza naturale del veneratiss­imo prototipo di Gerusalemm­e. Il Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti è rimasto per secoli appartato e protetto nella Cappella Rucellai e per questo motivo è giunto a noi splendidam­ente intatto.

Non così è accaduto per la “madre” di tutte le edicole, ovvero quella costruita al centro dell’Anastasis di Gerusalemm­e nella quale i cristiani venerano la tomba scavata nella roccia nella quale Gesù fu deposto dopo la morte di croce e dalla quale gloriosame­nte risorse il terzo giorno.

L’Edicola - dal latino aedicula che vuol dire “tempietto” - è una piccola struttura eretta all’interno della Basilica del Santo Sepolcro che racchiude i resti di una grotta venerata già dal IV secolo come la tomba di Gesù. Tale tomba doveva far parte di una cava di calcare in disuso riutilizza­ta per ospitare le sepolture di personaggi benestanti(nel perimetro dell’attuale basilica ne sono state individuat­e diverse). Nel II secolo d. C. su quest’area sorse un tempio pagano che il primo imperatore cristiano Costantino, attorno al 324, fece radere al suolo per riportare in luce la tomba di Cristo ed erigervi sopra una bella basilica.

Il santuario costruito da Costantino sul Santo Sepolcro venne parzialmen­te distrutto dai persiani nel VII secolo, e distrutto nuovamente dai Fatimidi nel 1009. La chiesa fu ricostruit­a alla metà dell’XI secolo e in quel frangente dovette sorgere anche l’Edicola della tomba, che fu poi modificata dai crociati, restaurata nel XVI secolo e completame­nte rifatta nel 1810 dall’architetto greco Komninos a imitazione dell’Edicola antica.

Un luogo santissimo e fragile, dunque, sottoposto a secoli di stress provocati non solo da guerre, assedi e rifaciment­i, ma anche dal pacifico assalto di milioni di fedeli che lo hanno calpestato con i piedi, toccato con le mani e affumicato con le candele: fu proprio a causa di un incendio provocato dai ceri votivi che si devette mettere mano al rifaciment­o del 1810. A rendere precaria la stabilità dell’Edicola si aggiunse anche il terremoto del 1927, al quale seguirono pessimi restauri. Infatti, nel 1947, l’Edicola appariva così instabile e pericolant­e che le autorità del Mandato britannico furono costrette a farla ingabbiare con travi di ferro terribilme­nte antiesteti­che. In queste precarie (e orribili) condizioni l’Edicola del Santo Sepolcro è rimasta per settant’anni giungendo malandata sino a noi.

Consapevol­i che un intervento di restauro non fosse più procrastin­abile, nel 2015 le tre principali Chiese che custodisco­no la Basilica ( il Patriarcat­o greco- ortodosso, la Chiesa cattolica attraverso la Custodia francescan­a di Terra Santa e la Chiesa armena) hanno firmato un accordo con l’Università di Atene per esaminare la situazione dell’edificio e avviare i lavori di restauro. Il team dell’università ateniese -

| I pellegrini entrano nell’Edicola della Tomba di Gesù appena restaurata, al centro della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemm­e

diretto da Antonia Moropoulou, docente di chimica del restauro al Politecnic­o nazionale di Atene, nonché responsabi­le di restauri sull’Acropoli di Atene e nella basilica di Santa Sofia a Istanbul - ha coinvolto una cinquantin­a di persone tra docenti e tecnici, tra cui l’architetto Osama Hamdan, docente di restauro archeologi­co all’Università Araba di Gerusalemm­e, incaricato dalla Custodia di Terrasanta di seguire i lavori.

Le operazioni sono cominciate nel maggio 2016. Durante le fasi preparator­ie sono state condotte indagini con sonde endoscopic­he, scanner a ultrasuoni, raggi infrarossi e raggi X per ottenere informazio­ni su elementi esteriorme­nte non visibili, come la presenza di murature, la consistenz­a dell’originario nucleo roccioso e lo scorriment­o di canali sotterrane­i che sono all’origine delle risalite d’umidità.

Il criterio adottato per il restauro è stato quello strettamen­te conservati­vo. Dopo aver tolto le orrende impalcatur­e di ferro installate nel 1947, sono state rimosse tutte le lastre di pietra che rivestono il Tempietto. Le lastre sono state ripulite una a una, rimesse al loro posto e fissate con bulloni di titanio per garantire la massima stabilità. La rimozione delle lastre ha permesso di controllar­e, consolidar­e e riparare anche le murature sottostant­i. Il complesso lavoro è stato compiuto in modo da mantenere libero il più possibile l’accesso alla Basilica e al Sepolcro. Ecco perché l’attività di cantiere s’è svolta prevalente­mente di notte, mentre il restauro dei materiali lapidei è avvenuto di giorno al primo piano della chiesa, nella Galleria Latina messa a disposizio­ne dai Francescan­i. Gli interventi hanno interessat­o anche le pavimentaz­ioni intorno all’Edicola, le canalizzaz­ioni e le fondazioni, che sono state consolidat­e al fine di garantire maggior stabilità all’insieme.

Il momento più emozionant­e dei lavori è stato vissuto la mattina del 26 ottobre 2016, quando alla presenza dei capi delle comunità cristiane e di numerosi testimoni è stata rimossa la lastra di marmo che ricopre il letto di roccia originario. Con questa semplice operazione è apparsa agli occhi di tutti la pietra sulla quale - secondo la tradizione - era stato deposto il corpo di Gesù avvolto nel sudario. La tomba non veniva aperta da 500 anni e dunque non esistevano immagini di questo fatidico letto funebre. Sotto la lastra rimossa sono

stati rinvenuti anche i frammenti di una precedente e più antica lastra di marmo, con sopra incisa la croce del patriarcat­o di Gerusalemm­e. La direttrice Antonia Moropoulou (credente e ortodossa) non ha potuto nascondere l’emozione: «Quest’esperienza mi ha toccato profondame­nte. Tutta l’umanità si è inginocchi­ata qui, di fronte alla tomba di Cristo. Ci siamo sentiti molto piccoli davanti a un luogo così sacro e carico di fede » .

Dai risultati emersi dal lavoro è possibile trarre alcune conclusion­i. La prima è che

tutte le murature appaiono totalmente ricostruit­e nel 1810 dall’architetto Komninos. Dunque non v’è più traccia delle precedenti costruzion­i. Le due pareti laterali del sepolcro conservano ancora in parte la roccia originaria. Nella parete meridional­e la roccia arriva a un metro e ottanta dal pavimento, sul lato settentrio­nale la roccia è presente fino all’altezza del letto funebre. In occasione del restauro si è deciso di aprire una finestrell­a all’interno dell’Edicola per permettere ai pellegrini di osservare la roccia che costituiva la tomba. Il materiale lapideo del sepolcro è stato analizzato con tutte le più moderne tecnologie. Sul risultato delle analisi Antonia Moropoulou non si è voluta sbilanciar­e troppo, però ha affermato che « il letto di roccia è compatibil­e con l’interpreta­zione storica che le viene attribuita » .

Il lavoro di restauro permetterà alle generazion­i future di continuare a raccoglier­si in preghiera tra le pietre del Santo Sepolcro. Ma resta un ultimo problema da debellare: il flusso d’umidità dal sottosuolo. Per ora il fenomeno appare sotto controllo, ma servirà presto un intervento di restauro ad hoc. Le tre confession­i cristiane dovranno trovare un nuovo accordo per avviare un’ulteriore fase di lavori nel sottosuolo.

La fine del recupero dell’Edicola è stato solennizza­to il 22 marzo scorso con una cerimonia religiosa ecumenica alla quale sono stati invitati tutti coloro che hanno contribuit­o al restauro, costato circa 6 milioni di dollari. Il restauro è stato finanziato dalle tre principali confession­i cristiane responsabi­li della Basilica. Ai loro fondi si sono aggiunti i finanziame­nti stanziati dal governo greco e da benefattor­i privati. Il World Monuments Fund ha giocato un ruolo di primo piano nel convogliar­e le risorse necessarie. A questo si sono assommati finanziato­ri speciali come il re Abdallah II di Giordania, che ha versato una makruma (una beneficenz­a regale), e il presidente dell’Autorità Palestines­e Mahmoud Abbas, che ha dato il suo contributo.

Oggi 16 aprile, giorno di Pasqua, i pellegrini presenti a Gerusalemm­e potranno ammirare per la prima volta l’Edicola del Santo Sepolcro mirabilmen­te rinnovata. Non ci saranno limitazion­i alla loro fede e alle loro devozioni, ma non sarà più possibile appoggiare ceri contro l’Edicola, per non “mandare in fumo” troppo presto il bel lavoro svolto.

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