Carlos Saura, scatti da regista
siedono la casa di vacanza, poi denunciando la povertà, l’arretratezza, la fame e le sue vittime. In questa scelta morale lo guidano De Sica, Visconti, Fellini, Antonioni, che Saura scopre nel 1954 in una settimana di proiezioni, organizzata dall’Istituto di Cultura Italiana di Madrid. L’anno dopo lo conquistano le parole di Juan Antonio Bardem, regista, che durante le Conversazioni sul cinema nazionale di Salamanca accusa il cinema spagnolo di essere « politicamente futile, socialmente falso, intellettualmente insipido e vuoto » . Una Fiat 600, una delle prime Leica M3 giunte nella capitale, e Saura riprende il viaggio. E non a caso sceglie di ripartire da Cuenca, non dalle sue rocce imponenti, ma dalla remota solitudine delle campagne, tra castelli e villaggi poverissimi, così simili a Deleitosa, dove nel 1950 era arrivato W. Eugene Smith e da cui pochi mesi dopo era ripartito con le immagini dello storico servizio The Spanish Village, pubblicato sul numero di LIFE del 9 aprile 1951.
Non serve paragonare i due autori, un autodidatta «in cerca di perfezione» e un gigante, e invece è utile sottolineare la freschezza senza esibizione né prove di forza del giovane fotografo, quando ritrae gli uomini che battono il grano e le donne che tengono in braccio i bambini, eternamente, dall’Andalusia alla Castiglia fino alla remota Sanabria, dove Saura, già studente della Scuola di Cinema a Madrid, giunge insieme a un amico per girare un cortometraggio. « Questa regione, sul confine con il Portogallo e la Galizia, era di una povertà che avevo visto solo nel documentario di Louis Buñuel, Las Hurdes, del 1932. Le strade erano di fango, le case avevano il tetto di paglia, alcune erano senza finestre, e gli
anni ’50
| «Novillada a La Zarzuela»,
uomini dormivano insieme agli animali. Al mio arrivo, avevano appena scoperto l’elettricità. La maggior parte delle persone che ho ritratto sono morte pochi anni dopo, nel 1959, sommerse dalle acque della diga di Vega de Tera, esplosa per un incidente » .
Anche questa volta tuttavia le immagini si sono salvate. E con l’esempio di Louis Buñuel, cui lo legherà poi un affetto filiale, e ricordando le splendide inquadrature di Eli Lotar, fotografo surrealista e direttore della fotografia, Carlos Saura si ritrova a Canete, nella provincia della Cuenca, dove assiste alla macellazione del maiale e dove sceglie un bambino, in posa tra le lame dei coltelli e delle scuri, come testimone innocente e alieno al sangue che scorre. Ancora un omaggio ed è allo stesso Eli Lotar che aveva realizzato nel 1929 uno straordinario reportage sul mattatoio de La Villette, con cui George Bataille illustrerà la voce abattoir del suo Dictionaire. Anche Saura sente «la grandezza sconvolgente e lugubre» di quel luogo e di quel rito tanto più che l’uccisione del maiale avviene in piazza, di fronte a una chiesa. Gli uomini affilano le lame, le affondano nella carne, la testa dell’animale penzola, ma quel bambino continua a guardare, impietrito, e la vittima di fatto è lui, l’innocenza esposta alla violenza e alla morte. Quello stesso bambino e quello stesso fotografo, uniti da un unico sguardo, si ritroveranno sulla piazza di La Zarzuela, dove si celebra la festa popolare della novillada, quando i giovani toreri sfidano l’erede del Minotauro. Sui muretti e sulle staccionate protette dalle ruote dei carri, donne, uomini e persino un poliziotto della Guardia Civil, tema caro all’immaginario dell’epoca, assistono composti. Entrano i toreador, ma gli abiti non hanno nulla dello sfarzo delle grandi arene. Entra il toro, carica, gioco di muleta e di pica, e l’animale cade a terra. Gli adulti esultano, ma ora tocca ai bambini avvicinarsi al mostro, abbandonato sul ciglio di una strada, e accarezzarlo sulla fronte senza paura. Q u a n d o n e l 1 9 5 9 C a r - los Saura girerà il suo primo vero film, Los golfos, i delinquenti, si ricorderà della scena, siederà lui stesso tra il pubblico durante la corrida, e memore di quel gesto pietoso che aveva ritratto qualche anno prima, dedicherà l’ultima inquadratura non all’erede di Teseo, ma alla sua vittima straziata.
Carlos Saura. Vanished Spain, Steidl, Göttingen, pag. 256, € 65