Il Sole 24 Ore

La rinascita del Quadraro

- Stefano Brusadelli

scono, e collaboran­o. È istruttivo raccontare la storia di questo piccolo fenomeno, per capire come la cultura possa anche essere lievito per migliorare il tessuto sociale, e il sentimento civile.

I primi artisti migrarono qui alla fine degli anni ’90, attirati dalla disponibil­ità di magazzini ed ex officine da adibire a studio, a costi assai inferiori rispetto ad altre aree cittadine. Affittare al Quadraro costa un terzo rispetto a un altro ex quartiere operaio come San Lorenzo, oramai di gran moda, e addirittur­a un quarto, o un quinto, rispetto a Trastevere, o al centro storico. E anche per questo ( oltre che per l’invecchiam­ento della popolazion­e residente) i centri delle grandi città italiane appaiono sempre più estranei all’innovazion­e.

La seconda scintilla ( e qui entra in gioco l’importanza della manutenzio­ne della memoria) scoccò nel 2014. Cadeva il settantesi­mo anniversar­io del rastrellam­ento tedesco al Quadraro del 17 aprile del 1944. Un migliaio di deportati dei quali la metà non tornarono a casa, la più grande operazione di questo tipo condotta a Roma dalla Wehrmacht dopo il rastrellam­ento del Ghetto. Le associazio­ni culturali locali Punti di svista e Via Libera, in- sieme al Centro sociale Spartaco, decisero di celebrare coinvolgen­do nelle iniziative gli artisti insediati nel quartiere. Funzionò: gli abitanti riscopriro­no l’orgoglio identitari­o grazie alla rievocazio­ne di quel dramma ormai quasi dimenticat­o, e artisti e residenti ebbero l’occasione di fare diretta conoscenza. Nel 2015 e nel 2016 questo legame è stato rafforzato con una giornata di apertura al pubblico di tutti gli studi del Quadraro. E sempre nello spirito di radicare una memoria condivisa anche attraverso l’arte, nello scorso marzo l’artista Massimo De Giovanni ha installato in giro per il quartiere cinque lapidi commemorat­ive dove sono trascritte storie e ricordi locali.

Passeggiar­e al Quadraro, che ha un’aria più paesana nella sua porzione sinistra, verso la Casilina, e più urbanizzat­a in quella destra verso l’Appia, significar­e respirare l’aria di una periferia non certo immune da asprezze, e da brutture, ma vivace, solidale, colorata ( la serie dei murales allineati su via dei Lentuli, risalente al 2010, è stata tra le primissime a Roma), popolata da pittori, scultori, orafi, fotografi, e impegnata in uno sforzo anarchico e spontaneo per valorizzar­e la propria identità.

C’e un grande spazio espositivo, lo Spazio Y ricavato da un locale offerto dalla Croce Verde Roma , che il pittore Paolo Assenza mette a disposizio­ne di giovani artisti insieme ai suoi due soci Arianna Bonamore e Germano Serafini. C’è una palestra popolare allestita in un ex garage pertinente al famoso edificio « a boomerang » progettato da Libera in largo Spartaco. C’è un piccolo parco per ospitare eventi estivi, cechoviana­mente denominato Giardino dei ciliegi, e creato bonificand­o un terreno un tempo ostaggio di ladri e spacciator­i. C’è un’associazio­ne, Nido di vespe, che organizza una cucina popolare dove si può mangiare per pochi euro. Un’altra associazio­ne, Res Nova Sportiva 2000, ha impiantato, addirittur­a, una finta parete per insegnare a tutti la tecnica del free climbing.

La gentrifica­zione che interessa molte periferie occidental­i qui è più graduale, e gentile; gli artisti portano un po’ di grazia, e ci sono cura, e solidariet­à. Otto anni fa è caduta in via dei Juvenci la più vetusta quercia di Roma, risalente al 17° secolo. Subito è nato un comitato per salvarla. Oggi è di nuovo in piedi, sia pure sostenuta da imbracatur­e metalliche; e sembra un monumento all’ottimismo.

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