«Entro l’anno in Italia non più di 100 istituti»
p «Voglio fare una profezia: entro al fine di quest’anno nel nostro Paese non resterà più di centinaio tra istituti e gruppi bancari». Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, l'associazione bancaria italiana, sorride ma non troppo: il processo di ristrutturazione del sistema creditizio italiano è destinato non solo a ridimensionare drasticamente il perimetro del mondo bancario, ma anche il rapporto tra risparmiatori ed istituti.
«È un processo ineludibile - spiega Patuelli - perchè è il mercato che lo richiede. Non stiamo parlando di fallimenti o chiusure cruente ma di un veloce processo di fusioni e incorporazioni e di processi normativi che porteranno a modificare profondamente l’assetto attuale. Il percorso in questa direzione è già cominciato, ma nei prossimi mesi assisteremo a forti accelerazioni in questa direzione».
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Sono tanti i motivi che stanno portando le banche a seguire questa strada: dopo l’avvento dell’Unione Bancaria Europea sono esplosi i costi di compliance e, al tempo stesso, sono cresciute esponenzialmente le somme da destinare agli investimenti in tecnologia. Gli accessi dal web e, soprattutto dal mobile, dagli smartphone, stanno largamente superando quelli tradizionali. Tutto questo richiede risorse e potenzialità che costringeranno le banche a fare economie di scala, a sommare le loro forze attuali.
Patuelli si è poi soffermato sulla trasformazione dettata dalla rivoluzione digitale :«Stiamo assistendo ad una progressiva chiusura di tante filiali, è accaduto anche nel corso dello scorso anno e tante altre ne chiuderanno nei prossimi mesi. I piani industriali di molti istituti vanno in questa direzione ed anche in questo caso la strada è segnata dal fatto che le operazioni a minor valore aggiunto vengono fatte quasi totalmente in mobilità».
Ed a proposito di mobilità i numeri in Italia sono impietosi: se nel Nord Europa, ci sono circa 20 sportelli ogni centomila abitanti, se la media europea è attestata intorno ai 40,danoicenesonoancoraquasi50. Visti questi numeri, non c'è dubbio che il processo di trasformazione del sistema distributivo bancario italiano sia solo appena cominciato.
«Le banche sono diventate imprese- ha aggiunto Patuelli- e come imprese devono comportarsi. Proprio per questo non possiamo considerarle tutte alla stessa stre- gua. Ci sono imprese (banche) che funzionano molto bene, altre che lo fanno meno. Nel complesso il mondo bancario è solido, lo dicono le autorità competenti, ed i risparmiatori possono stare tranquilli, ma gli stessi risparmiatori devono imparare a scegliere la banca (l'impresa) cui affidare i propri capitali».
Secondo Patuelli il cambio di modelli deve portare ad un continuo e profondo cambiamento anche nelle professionalità di coloro che vi lavorano :«Se le banche si sono trasformate in imprese è logico pensare che i bancari non sono più dipendenti di pubbliche amministrazioni. Sono anche loro che costruiscono direttamente il successo delle singole imprese bancarie. Il loro futuro credo andrà in questa direzione». Il bancario come chi lavora per un'impresa, quindi, per un mondo che nei prossimi mesi sarà attraversato da profonde mutazioni.
IL TREND «Non stiamo parlando di fallimenti o chiusure cruente ma di un veloce processo di fusioni e incorporazioni e di processi normativi»